Chi ha più filo da tessere: l'apparato bellico o il bisogno di libertà?
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Il bandolo della matassa è riuscire a capire qual è il punto di pressione che Tatmadaw patisce di più. Ma a questo arriviamo alla fine di questo fertile, sfaccettato e...
mostra másMa a questo arriviamo alla fine di questo fertile, sfaccettato e preparato intervento di Stefano Ruzza, attento a ogni aspetto che potrebbe cambiare il corso degli eventi e del destino della società birmana.
Le armate etniche sono molto differenti tra loro per forme di finanziamento e relativi riferimenti, numero di effettivi, etnie di appartenenza; sono una ventina e agiscono lungo i confini del Myanmar, non tutte si finanziano con i narcotici. Tatmadaw può sviluppare una potenza di effettivi e di armamenti 8 volte superiore a un loro eventuale, quanto difficile, convergenza contro le forze armate governative; ci sono già stati momenti di tensione, ma Stefano Ruzza, che abbiamo interpellato come esperto del Sudest asiatico e del Myanmar in particolare, dubita che da Pechino venga il via libera per le etnie (come o wa) controllate dai cinesi.
Può nascere invece una solidarietà tra giovani provinciali e movimento di rivolta nelle città del centro
Ci sono poi parecchie ipotesi – anche di un potenziale disfacimento della nazione birmana, con la divisione tra una zona centrale costituita dalle grandi città (Yangon, Mandalay, Naypyidaw) controllata dai militari e dalla etnia bamar (alleata dei russi) e il resto delle regioni sui confini gestite dalle etnie e collegate ai cinesi, ma Stefano ci fa notare che le diserzioni sono state molto poche e quasi nessuna tra i ranghi dell'esercito.
Più probabile che Tatmadaw riesca a soffocare la protesta e arrivare a fare le riforme che si era imposto prima di andare realmente a nuove elezioni tra un anno – o forse due , come gli dà la possibilità la costituzione e come voci filtrate il 9 aprile cominciano a essere diffuse. Oppure il metodo di contenimento delle proteste sarà più brutale (come vediamo dai reportage raccolti il 9 aprile da #WhatsHappeningInMyanmar e #Apr9Coup) e quindi i metodi fin qui registrati sarebbero prodromi di una nuova dittatura, ancora più feroce; e in questo caso ci potrà essere un doppio scontro, quello interetnico, a cui si aggiungerebbe lo scontro tra fazioni bamar per decidere chi può governare.
Tatmadaw aveva avviato le liberalizzazioni per rilanciare l paese e il livello di resistenza inimmaginabile in precedenza gli impedisce di poter godere di una economia che immaginavano sarebbe stata migliore nel momento in cui si riprendevano il paese. Quindi a questo aspetto economico Tatmadaw è sensibile e cercherà di ritornare a una sorta di normalità, auspicata anche dai cinesi per poter fare affari nuovamente, quanto prima. Quindi il movimento otterrà di riavviare il processo di affrancamento dalla cappa militare se il desiderio di libertà resisterà un minuto di più rispetto al bisogno di concludere affari del regime militare, ma forse lo scontro senza esclusione di colpi legittimerebbe un regime così determinato ad alzare ancora di più l'asticella delle atrocità perpetrate e in quel caso se non avesse il pieno controllo del territorio, potrebbe perpetuarsi senza indire nuove elezioni.
Una partita a poker di chi ha più filo da tessere deciderà il sistema che regolerà le regioni del Myanmar.
Quello stesso flusso di merci e traffici che sta a cuore alla Cina, vogliosa di avere uno sbocco al Golfo del Bengala senza dover “pagare dazio” allo stretto di Malacca, circumnavigando il Sudest Asiatico; ma forse le alternative per la Bri già esistono. E la Cina non intende venir meno alla sua scelta di non intervento negli affari interni di nazioni altre, da cui succhia energie e risorse in modi diversi dall'interventismo muscolare dell'Occidente.
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