Eni, gas e tenebre. Lo stato parallelo apripista dei predatori

Eni, gas e tenebre. Lo stato parallelo apripista dei predatori
17 de dic. de 2021 · 26m 27s

Scoprire grandi giacimenti e vendere quote ai potenti, un chiavistello che contribuisce a devastare l'ambiente attraverso la struttura di uno stato parallelo Antonio Tricarico secondo lo stuolo di avvocati che...

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Scoprire grandi giacimenti e vendere quote ai potenti, un chiavistello che contribuisce a devastare l'ambiente attraverso la struttura di uno stato parallelo

Antonio Tricarico secondo lo stuolo di avvocati che compongono l'ufficio giuridico del colosso petrolifero di stato Eni non avrebbe avuto alcuna competenza per poter intervenire nella trasmissione Report di Rai3, che si occupava della licenza opl245 che vede alla sbarra i metodi con i quali l'ente nazionale idrocarburi guidato da ormai tanti governi a questa parte da Descalzi si procura aree da trivellare, piazza piattaforme e pozzi per eludere indagini sui disastri ambientali, confondere le piste alle inchieste anche attraverso polpette avvelenate preparate da avvocati al soldo della multinazionale energetica per screditare personaggi ambigui in odore di Servizi con lo scopo di intorbidire le acque e impedire alla via giudiziaria di nuocere alla salute e alle risorse pubbliche. Il tutto moltiplicando gli intrecci e scambi di personale tra feluche ministeriali (Esteri e Difesa) e funzionari interni all'Eni. Dove gli elementi di corruzione sono la norma.
Uno di questi "pozzi" avvelenati è probabilmente il video non utilizzato dall'accusa al processo per le tangenti nigeriane che coinvolgono tutto il vertice dell'azienda, il cui mancato utilizzo ha permesso all'avvocata Severino – proprio lei difendeva Claudio Descalzi – di appigliarsi a 30 secondi di registrato per ottenere una assoluzione in primo grado. Fin qui la storia che è stata raccontata durante la trasmissione di Sigfrido Ranucci e che vedeva Antonio Tricarico tra gli invitati a sbrogliare l'intrigo riconducibile a una svendita da parte di Eni di alcuni asset petroliferi per uscire dal Delta con metodi che evidentemente mettono a repentaglio la reputazione dell'azienda.
Ma di cosa aveva paura il vertice di Eni e soprattutto di cosa non avrebbe dovuto parlare Antonio Tricarico? A noi interessa relativamente la vicenda giudiziaria, invece da decenni siamo costernati delle poco notizie che riescono a trapelare dalla cortina di "fumo" proveniente dalle nocività che Eni sparge nel mondo: dal disastro ambientale nel Delta del Niger, fin dai tempi di Ken Saro-Wiwa, alla Libia, dove è passata indenne attraverso rovesci di ogni fazione – sempre mantenendo attivi gli insediamenti; dalla Costa d'Avorio a Cabo Delgado, passando nel Nordafrica dalla Sonatrach algerina. E poi ora che si affaccia il grande gioco della riconversione energetica per uscire dal fossile, che l'Eni intende gestire.
In sostanza lo spunto della censura risale al 2013, quando Re-common, di cui Tricarico fa parte, diede la stura per scoperchiare l'enorme manovra corruttiva da parte di Eni e Shell con il ministro del petrolio di Abacha, una goccia nel mare di petrolio che ha dato luogo a tangenti e maneggi per procurarsi asset.
Ma qual è il metodo delle grandi multinazionali del petrolio e quale il ruolo di Eni tra i giganti dell'energia?
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Autor OGzero - Orizzonti geopolitici
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