L'unico senatore gay era contrario alla legge Zan, ma Letta e il PD l'hanno emarginato
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L'UNICO SENATORE GAY ERA CONTRARIO ALLA LEGGE ZAN, MA LETTA E IL PD L'HANNO EMARGINATO
Il ddl Zan «malfatto, vecchio e medioevale», voleva istituire «un reato d'opinione». Un affondo durissimo, senza mezzi termini. Ciò che rende queste parole ancora più pesanti ed eloquenti è il fatto che a pronunciarle non è un esponente del centro destra o un fervente sostenitore delle battaglie pro family, ma è Tommaso Cerno, «unico gay dichiarato in Senato», come egli stesso afferma, ed esponente di spicco del Partito Democratico.
Una critica pesantissima non solo al disegno di legge ma anche al suo stesso partito. In un'intervista a Libero il senatore non ha quindi nascosto il suo dissenso dalla battaglia intrapresa dai dem, e fallita mercoledì. «Ho ripetuto in tutte le salse che quel testo aveva molti difetti, che rischiava di istituire un grottesco e sbagliato reato di opinione, che poteva essere migliorato. Invece lo hanno proclamato intoccabile, come se Zan fosse Mosè e il suo ddl fossero le tavole della legge dettate dal dio dei gay».
Cerno ha inoltre denunciato un vero e proprio boicottaggio nei suoi confronti. «Mi hanno escluso da qualsiasi tavolo sulla questione, nonostante io sia l'unico gay dichiarato di Palazzo Madama, perché contestavo il merito della legge e la linea dem del tutto o niente. Sono arrivati persino a telefonare alle trasmissioni tv che mi invitavano, per dissuaderle. Mercoledì ho chiesto di intervenire in aula e mi è stato detto che era un dibattito solo procedurale e non serviva. Si sono comportati da omofobi, loro che si dipingono come omofili».
Infine, secondo il senatore Pd, che non ha partecipato al voto (per «per non passare per boicottatore a voto segreto») i franchi tiratori sono stati molti di più di quelli che si pensano. Circa una trentina. «Enrico Letta - conclude Cerno - dà tutta la colpa a Renzi, ma molti franchi tiratori venivano dal Pd: alcuni perché condividevano le mie critiche al testo, altri perché molto cattolici e quindi contrari in toto».
Nota di BastaBugie: Luca Marcolivio nell'articolo seguente dal titolo "Smontiamo la fake news sui gay in pericolo" spiega perché il ddl Zan era inutile. Nessuna emergenza visto che le tutele già esistono. Per tutti. Non solo per qualcuno.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 ottobre 2021:
Ora che il disegno di legge Zan sull'omotransfobia è stato bocciato in Senato, si leva l'indignazione di politici ed influencer al grido di «l'Italia torna indietro», «l'Italia regredisce» e, soprattutto, «ora omosessuali e transessuali sono in pericolo, negati diritti civili».
Vere e proprie Fake News, costruite ad arte da chi è ideologicamente in malafede oppure riprese e ripubblicate da chi, ahinoi, non è bene informato. Innanzitutto, infatti, occorre chiarire senza mezzi termini due concetti ben precisi. Il primo: nessuna persona - omosessuale, eterosessuale, transessuale che sia - è ora in pericolo. Il secondo: il ddl Zan non era e non è mai stato un disegno di legge sui "diritti" (quelli, appunto, ci sono già), ma sulle pene da infliggere.
Torniamo quindi nello specifico delle fake news che hanno accompagnato la propaganda pro-Ddl Zan e che ora stanno tornando fuori come se l'Italia fosse tornata davvero indietro nel tempo. Si parla infatti di «necessità di tutele specifiche», di «emergenza sociale» e di «lacune nomative».
Ma non esiste niente di tutto ciò!
Per i sostenitori del ddl Zan una legge servirebbe appunto per l'esistenza di un'emergenza sociale determinata da numerose offese ai danni delle persone omosessuali o transessuali e per l'assenza di norme a tutela di queste persone, proprio per le offese (o le aggressioni) a loro rivolte a causa dell'orientamento sessuale. Tuttavia, queste ragioni sono smentite da dati statistici e normativi.
Non vi è infatti alcuna emergenza sociale. Gli ultimi dati forniti dal Ministero dell'Interno attraverso l'Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD) riportano un quadro ben diverso da quello rappresentato dai sostenitori del ddl Zan. Dal settembre 2010 al dicembre 2018, infatti (dunque nell'arco di ben otto anni) su 1515 segnalazioni relative a "Hate Crime", cioè reati d'odio, solo il 13% (197) sono stati motivati dall'orientamento sessuale e solo l'1% (15) per l'identità di genere. Gli altri reati sono stati invece collegati a disabilità (8%, 118 segnalazioni); religione (19%, 286 segnalazioni) e soprattutto - questa sì che è una vera emergenza - per motivi etnici, con il 59%, quasi 900 segnalazioni.
Giustamente, però, c'è chi afferma che al di là dei dati anche solo un atto di violenza, aggressioni o discriminazione va perseguito e punito, per tutelare davvero chiunque. Ecco quindi che diventa doveroso smontare la seconda fake news, quella sulle lacune normative.
Il nostro ordinamento, infatti, tutela già la vita, l'onore e l'incolumità delle persone, senza operare alcuna distinzione circa la vittima del reato, nel rispetto del principio di eguaglianza. Questo è possibile grazie ai seguenti articoli dei Codice Penale.
L'articolo 575 stabilisce che «chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione» (inutile, forse, sottolineare che la parola "uomo" è intesa dal legislatore come qualsiasi persona). Idem l'articolo 581: «chiunque percuote taluno è punito con la reclusione».
Nella stessa direzione va l'articolo 595 che prevede che «chiunque comunicando con più persone offende l'altrui reputazione è punito con la reclusione», mentre l'articolo 61, comma 1, n.1 stabilisce che «l'avere agito per motivi abietti e futili» è una circostanza aggravante che può ovviamente applicarsi anche alle offese rivolte ad una persona per il suo orientamento sessuale.
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