Raoul Bova: «E mio padre era in cielo»

25 de sep. de 2019 · 5m 2s
Raoul Bova: «E mio padre era in cielo»
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«Se tu non torni/Non tornerà neanche l'estate/E resteremo qui io e mia madre/A guardare la pioggia», cantava Miguel Bosé. Ed è un verso che sa di sospeso, di passato, di...

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«Se tu non torni/Non tornerà neanche l'estate/E resteremo qui io e mia madre/A guardare la pioggia», cantava Miguel Bosé. Ed è un verso che sa di sospeso, di passato, di nostalgie, anche se parla al futuro. Peraltro sembra descrivere alla perfezione la diapositiva che ci regala l'ospite di oggi. È un nostro divo del cinema. Ha un fisico da nuotatore della Nazionale qual era, e due occhi da sogno, e oggi che è vicino ai 50, e ha due famiglie, una con l'ex moglie Chiara Giordano, con cui ha avuto due figli, Alessandro Leon e Francesco, e una con la compagna, Rocío Muñoz Morales, con cui ha due bambine, Luna e Sophia Bova, sulla copertina di Vanity Fair ci ha raccontato di una vita passata «in sottrazione» con l'ansia di piacere a tutti. Del pianto, della rabbia, della depressione. Il bello d'Italia è stato piccolo tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta (Cosa resterà di questi anni 80?) quando in Tv ci affascinavano Yuppidu di Adriano Celentano, La casa nella prateria, Happy Days, Goldrake e Lady Oscar, in radio andava Il triangolo di Renato Zero e Gioca Jouer di Cecchetto, si giocava a Palla avvelenata, Monopoli e Mondo, si mangiava la girella e il buondì Motta al cioccolato. Venivamo dal decennio della partecipazione civile e delle riforme, delle vittime e dei carnefici, della fine di Carosello e dell'inizio della Tv a colori, c'erano i rapimenti, le stragi e la paura. (The final countdown)
Nato a Roma il 14 agosto 1971, figlio di Rosa e di Giuseppe, dipendente di Alitalia,

Gioca con noi a Chiudi gli occhi, torna bambino, Raoul Bova

«Se chiudo gli occhi e torno bambino mi viene in mente l'estate in Calabria a Roccella Ionica in un posto di mare dove c'erano le sdraio e io in braccio a mia mamma guardavo il cielo, guardavo le stelle e nella luna rivedevo il volto di mio papà, perché mi mancava molto, costretto a lavorare a Roma mentre eravamo al mare, e non vedevo l'ora arrivasse. E tuttora quando guardo la luna mi sembra di vederlo. Poi se chiudo gli occhi ricordo anche una casa di quando ero bambino: le mattonelle a forma di fiore marroni gialle e bianche, una cosa non bellissima. Mi ricordo poi l'odore del fritto che arrivava dalla cucina, perché mia madre preparava la pizza fritta napoletana o i supplì o le cotolette. Quando tornavo a casa c'era spesso questo odore».

Un programma di Lavinia Farnese
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Autor Vanity Fair Italia
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