Per quanto riguarda l'essere invisibili, io ci ho provato, ma in maniera veramente estrema e radicale, nel 1970, perché nel sistema non ci stavo più dentro, vivevamo in poli opposti. Su invito di un amico architetto che voleva creare una comunità fuori dal sistema, l'abbiamo raggiunto in uno sperduto villaggio del Pakistan, nel cuore del deserto, terra vergine, dove lui era riuscito a connettersi molto bene con gli abitanti. Sono partita con mio marito, mio figlio e, naturalmente, un amico agronomo, perché oltre al dire ci vuole anche il fare. Capannucce di paglia, pareti di sterco, niente di niente, acqua poca e mangiare... non ho ricordi, se non un po' di chapati e poco d'altro. Guardavi i campi intorno e ti veniva da piangere. Me ne sono andata, perché quando è troppo è troppo, mi sono trasferita con la famiglia ai piedi dell'Hindukush, in montagna 1500 m. e lì ho cominciato a capire l'invisibilità, sempre comunque con una vita molto dura, infine ho trovato l'equilibrio quasi perfetto in Nepal, infatti lì mi sono fermata 8 mesi. Devo dire che dopo queste esperienze molto dure, ho fatto un percorso interiore che mi ha portato allo zen, che mi ha dato una chiarezza di pensiero e una libertà interiore incredibile.