Stati indipendenti nel Caucaso: piccole prede degli imperialismi
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Simone Zoppellaro @S_Zoppellaro ci ha fatto un quadro molto preciso delle dinamiche attualmente attive in Caucaso, inserendole puntualmente nella storia pregressa sia del conflitto trentennale, sia nella storia multietnica di quella regione.
Lo abbiamo interpellato perché il 12 settembre l’Azerbaijan, forte del suo gas e dell’appoggio turco, ha ripreso ad aggredire la nazione-rivale vicina: contese che si trascinano dai pogrom del 1988, a ridosso del tracollo dell’Urss, inaugurando fin dalla perestrojka questa epoca di contrapposti nazionalismi che subentrano a epoche di convivenza pacifica di comunità perfettamente interagenti tra loro («Non è sempre stato odio e sangue», ci dice con veemenza Simone), rendendo l’indipendenza il prologo all’esposizione della “Montagna delle lingue” a tutti gli imperialismi. Forse sono gli interessi esterni che vedono anche in questo caso contrapporsi tutti i protagonisti della geopolitica a rinfocolare divisioni?
Simone comincia con un confronto tra l’episodio contenuto dal cessate il fuoco scattato in questi giorni (significativamente sotto l’egida degli Usa, un imperialismo che potrebbe riequilibrare in zona quello russo, turco e persiano) e gli eventi di due anni fa, sottolineando subito il distacco da Mosca culminato con il fatto che Csto avrebbe dovuto intervenire per l’aggressione al territorio armeno e l’intervento di Pelosi prima e Blinken poi dimostra l’interesse da parte occidentale di subentrare, anche per contrastare gli accordi e scambi tra Turchia e Russia. E infatti il dibattito in corso a Erevan è sull’uscita dal Csto alla ricerca di alleati che ora – per l’odio di Putin per Pashinyan, emblema delle rivoluzioni arancioni – l’Armenia non ha; anche l’alleato tradizionale, l’Iran, si muove con cautela, pur mantenendo un supporto diplomatico e l’unico appoggio da Tehran è venuto riguardo al corridoio di Zangezur, perché avrebbe rappresentato il completamento dell’unione dei paesi turcofoni, tagliando il territorio armeno e con questo anche il confine tra Iran e Armenia, che è una valvola di sfogo essenziale per gli iraniani.
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