Tutto il Maghreb sta filando cattivo cotone

4 de mar. de 2023 · 38m 4s
Tutto il Maghreb sta filando cattivo cotone
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https://ogzero.org/regione/maghreb/ Da un lato si è assistito a una torsione autoritaria e populista di Saïed, che abbraccia la “Sostituzione etnica” di Zemmur per istigare al razzismo e stornare l’attenzione dalla...

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https://ogzero.org/regione/maghreb/

Da un lato si è assistito a una torsione autoritaria e populista di Saïed, che abbraccia la “Sostituzione etnica” di Zemmur per istigare al razzismo e stornare l’attenzione dalla crisi economica che morde la Tunisia e così innesca persecuzioni, fughe, incarcerazioni, dando luogo a quel contenimento dei flussi che l’Europa intende esternalizzare alla riva meridionale del Mediterraneo (ufficializzato il contributo di 3 milioni e mezzo da parte italiana per sostenere questo tipo di nefandezze); dall’altro dopo l’Hirak si è persa la spinta a contrapporsi alla restaurazione dopo la scomparsa della mummia di Bouteflika, anche per la repressione ferocemente speculare a quella innescata a Tunisi, le incarcerazioni, lo scioglimento di organizzazioni dell’opposizione, nel silenzio dell’Occidente, in questo caso per il bisogno di gas. Abbiamo cercato di comprendere dinamiche interne ai due paesi, entrambi alle prese con crisi sociali ed economiche (che intendono risolvere inventando dei nemici) e i rapporti esterni verso i due continenti: per questo abbiamo interpellato Arianna Poletti e Karim Metref in una sorta di parallela analisi dei due paesi limitrofi e per certi versi così simili, seppure in una situazione così diversa.
Oltre a una serie di azioni antigovernative, Saïed ha accusato i "traditori" arrestati nell'ambito dell'ultima repressione di "fissare i prezzi", "manipolare il mercato" e "creare carenze alimentari". Questo è un segno che il presidente non solo sta cercando di eliminare qualsiasi opposizione al suo governo, ma anche di far ricadere sui suoi critici la colpa dello stato abissale dell'economia tunisina. Un giro di vite senza precedenti contro i critici del presidente Kaïs Saïed, che ha visto l'arresto di decine di personalità pubbliche, tra cui politici, organizzatori di proteste, avvocati, giudici, funzionari sindacali, il capo di una delle principali stazioni radiofoniche indipendenti e influenti dirigenti d'azienda, nel corso di raid notturni spesso violenti. Non mancano le reazioni della popolazione civile, ma il regime intende far pagare la bassa affluenza alle urne, dimostrando che può fare a meno della parvenza di un qualunque velo democratico. Le storie di sfratti sono la norma. I racconti di attacchi con machete, coltelli e percosse sono comuni. Molte persone parlano di incendi di proprietà e di trattenute di salario. Prima del discorso del presidente a febbraio, la consapevolezza del razzismo in Tunisia esisteva, ma se ne parlava appena. Ora, invece, è arrivato a definire le loro vite. La condizione di irregolarità li rende ovviamente vittime di ogni forma di sfruttamento. Lo hanno imparato a fatica gli ivoriani, ma anche i camerunensi, i guineani, i congolesi e i senegalesi, che rappresentano le comunità più numerose tra i candidati alla traversata verso l'Europa. Si incontrano anche in numero minore malgasci, burundesi, ciadiani, maliani e togolesi e, recentemente, sudanesi. Sono tutti discreti, fanno di tutto per confondersi con la massa e conformarsi allo stile di vita tunisino, tremando all'idea di essere arrestati e portati al centro di detenzione di El-Ouardia, alla periferia di Tunisi. Ma l’identità tunisina è anche molto africana, estendibile a comunità awazid, berbere… esiste una storia che compenetra le molte tradizioni che costituiscono il percorso delle minoranze maghrebine, che con il 2011 sono riemerse. Il Fmi allunga le mani sulla Tunisia, invece ad Algeri possono contare sull’energia per sottrarsi all’abbraccio; anche se la redistribuzione non esiste e la ricchezza si ripartisce nell’oligarchia di esercito e nazionalismo arabo condiviso con Tunisi.
In Algeria il progetto è eternare il regime senza troppi problemi, sfruttando la debolezza degli oppositori e il giro di vite repressivo; il terrore che si va diffondendo e le tensioni internazionali non nascondono il razzismo contro il “kalush” (il “negretto” in arabo) che si manifesta ed è tollerato e nessuno “nero” è mai assurto a un ruolo di potere. E poi si deve considerare l’importanza dell’Azawad per il territorio algerino Tra Francia e Algeria la tensione è destinata a intensificarsi per la recente decisione di Algeri di rifiutare il rilascio di lasciapassare consolari, essenziali per autorizzare il ritorno degli algerini espulsi dalla Francia. In pratica, ciò significa che l'Algeria non riprenderà più nessuno dei suoi cittadini espulsi dalla Francia in seguito al caso di Amira Bouraoui, una giornalista algerina a cui è stato vietato di lasciare l'Algeria: atterrata a Lione il mese scorso dopo essere stata arrestata in Tunisia, dove era arrivata in taxi, protetta dal consolato francese di Tunisi e dalla corruzione delle guardie algerine – come pittorescamente racconta Karim. L'Algeria, umiliata dall’episodio, accusa la Francia di aver permesso questo passaggio clandestino… Nel novembre 2022, l'Algeria ha ospitato per la prima volta un'esercitazione congiunta con la Russia intitolata “Desert Shield 2022” nella regione di Bechar, al confine con il Marocco, ma le armi provengono anche da tanti altri fornitori. Un Ansa aggiunge cripticamente un elemento: «Eni ha annunciato di aver completato il “closing” per l'acquisizione delle attività di Bp in Algeria, riguardanti gli asset di “In Amenas” e “In Salah”, e operati congiuntamente con Sonatrach e Equinor». Magari è incomprensibile per i non addetti, ma è abbastanza chiaro qual è il business. Invece è molto chiaro quello che lascia trasparire Karim: la paura di rientrare a trovare i parenti, di essere fermati all’aeroporto per quello che si è scritto. Un timore inedito: il texture di un cotone cattivo.
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Autor OGzero - Orizzonti geopolitici
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