Vescovo di Belluno chiede scusa ai divorziati risposati
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5914 LETTERE ALLA REDAZIONE: VESCOVO DI BELLUNO CHIEDE SCUSA AI DIVORZIATI RISPOSATI di Giano Colli Spett.le redazione di BastaBugie, sono semplicemente un cattolico praticante, convertito dalla Regina...
mostra másLETTERE ALLA REDAZIONE: VESCOVO DI BELLUNO CHIEDE SCUSA AI DIVORZIATI RISPOSATI di Giano Colli
Spett.le redazione di BastaBugie,
sono semplicemente un cattolico praticante, convertito dalla Regina della Pace di Medjugorje. Ho la consapevolezza di essere un peccatore: per questo cerco spesso il perdono del Signore nel sacramento della confessione. In questo sacramento devo poi rifugiarmi ogni qual volta vengo colto da dispiacere nel leggere certe notizie.
Recentemente, ad avermi turbato, sono state le dichiarazioni del vescovo di Belluno-Feltre, Mons. Renato Marangoni, con il suo "mea culpa" rivolto ai divorziati risposati civilmente o semplicemente conviventi. Motiva questo suo gesto riferendosi alla prassi secolare della Chiesa cattolica che nega i sacramenti della confessione e della comunione a questa categoria di persone e augurandosi che per loro possa aprirsi la strada della ricezione di questi sacramenti. Prelude a queste sue esternazioni con queste parole: «Vi parlo a nome della diocesi di Belluno-Feltre. C'è una parola iniziale da confidarvi: Scusate!». Non sono uno che ha frequentato il seminario, come neppure i corsi di teologia, ma ho letto più volte la Bibbia, il Catechismo e i vari documenti del magistero pontificio. Tra essi vorrei citare, di San Giovanni Paolo II, l'enciclica "Ecclesia De Eucharistia" e l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio". In entrambe ho trovato spiegato quale sia il modo autentico, corretto e corrispondente alla volontà del Signore, che questi sacramenti ha istituito, per ricevere l'eucaristia e a chi essa non possa essere distribuita.
Nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" al nr. 84 si legge: «La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio».
Da queste chiare parole si evince che i divorziati risposati e i conviventi "more uxorio", nel frequentare la S. Messa, si devono astenere dal ricevere sacramentalmente la S. Comunione. L'impedimento a ricevere la comunione non va inteso come un limite imposto arbitrariamente dalla Chiesa, oppure da quei sacerdoti che spesso vengono giudicati rigoristi, magari perché si permettono di andare in giro portando la tonaca nera e mostrando la loro consacrazione al Signore: non è frutto di un rigore legalistico. Esso invece risulta come una grande testimonianza per tutti noi credenti in quanto ci richiama ad un maggiore rispetto verso l'Eucaristia e a non dimenticare il monito di San Paolo: "Chi riceve il Corpo del Signore indegnamente, mangia la propria condanna" (1 Cor 11, 29). L'Eucaristia è il dono per eccellenza che comunica la vita ma, se ricevuto in maniera indegna, può diventare motivo di morte eterna, come tra l'altro insegna san Tommaso.
Nelle prime tre delle sette opere di misericordia spirituali, consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, troviamo indicata quale debba essere il reale esercizio della missione del sacerdote; questo e non l'invito rivolto ai fedeli che hanno "rotto" le promesse del loro matrimonio (fatte davanti al ministro della Chiesa e alla comunità cristiana, con l'impegno ad amarsi e ad onorarsi l'un l'altro per tutta la vita) a ricevere il Corpo di Cristo sebbene sussista una costante condizione di peccato grave.
Ogni sacerdote impegnato a conseguire la santità della propria vita, venendo a sapere che alcuni dei suoi fedeli convivono oppure sono divorziati e risposati, nell'accoglierli in chiesa come veri fratelli e sorelle, fa loro presente questa dottrina autentica, evitando così che commettano un atto sacrilego. Non mancherà, inoltre, di consigliare loro la ricezione della comunione spirituale, modo efficace per cercare di entrare in un rapporto di amore con il Signore. Concludo ricordando che Gesù non ci invita a far finta di nulla, magari a tenere chiusi gli occhi davanti ad un agire non corretto: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?» (Luca 6,39).
Vorrei sapere da voi se condividete queste mie affermazioni.
Grazie per le importantissime notizie che puntualmente ricevo attraverso il vostro sito.
Salvatore Porro
Consigliere comunale di Trieste
RISPOSTA DEL DIRETTORE
Caro Salvatore,
cosa aggiungere alle tue considerazioni? Non c'è da dire altro se non che siamo d'accordo con ciò che dici, non tanto perché lo dici te, ma perché lo dice la Chiesa da sempre.
Chi volesse approfondire il tema può leggere alcuni degli articoli che abbiamo pubblicato sul tema della comunione ai divorziati risposati.
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