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Ho perso mio padre diciotto anni fa. Mi manca sempre, tutti i giorni, ma in particolare il 25 aprile, la nostra festa. Ci sono, scolpiti in me, ricordi indelebili legati...
mostra másMi manca sempre, tutti i giorni, ma in particolare il 25 aprile, la nostra festa.
Ci sono, scolpiti in me, ricordi indelebili legati alla Festa della Liberazione.
Spesso trascorrevamo la nostra festa in auto, per fare rientro a Milano e papà si sintonizzava sulle frequenze della radio, credo Radio Uno, per ascoltare canti e ricordi legati alla Resistenza.
E' così che ho iniziato a conoscere questo momento fondamentale della nostra storia, il nostro Natale e la nostra Pasqua laica, nascita e risurrezione di un popolo, diciamo il vero, di una minoranza che ha donato alla maggioranza fascista un Paese libero.
Quando papà è mancato, quel 12 febbraio 2002, stava leggendo la storia della Resistenza, quella scritta da Giorgio Bocca.
Quel libro ora e nella mia libreria. Non ho mai tolto il segno, l'orecchia, fatto da lui.
E non ho ancora letto quel libro, perché mi piace che mantenga il segno delle sue dita, senza che le mie vadano a coprirle.
Ne ho letti molti altri, di libri, e ancora ne leggerò. Tutte le volte che un tassello di questa Storia si incastra nella mia coscienza civile e politica, ecco, la dedico al mio papà, che mi ha fatto dono di un'eredità tanto importante.
Cresciuta ho iniziato a partecipare alle manifestazioni, a Milano, col sole o con la pioggia, non importava, la forza del cantare tutti insieme vinceva lo scrosciare dell'acqua sul selciato.
Quest'anno mi manca questo rito collettivo, ma oggi i riti non sono più possibili.
Non si può dire addio ai proprio cari, non si possono celebrare le feste dei vari santi patroni e non si può camminare tutti insieme verso il nostro 25 aprile.
Ora, ma prima o poi torneremo a farlo, forse con maggiore consapevolezza di ciò che si sta facendo, con il peso della storia da tramandare per fare luce sul presente e per costruire il futuro.
Forse anche quanti pensano che sia retorica celebrare ancora la Festa della Liberazione potranno ricredersi. Forse.
E' che noi non abbiamo ancora fatto del tutto i conti col nostro passato, col nostro essere stato un popolo fascista, chi più, chi meno.
E invece dovremmo. Dovremmo riaprire i libri di storia, prima ancora della bocca, e, umili, studiare, confrontare, cercare di capire come sono andate le cose, senza timori o paure.
Senza la vergogna di dirci che il fascismo non è mai morto.
E' caduto il primo fascismo il 25 luglio 1943, è stato sconfitto il secondo fascismo, quello di Salò il 25 aprile 1945, ma il Fascismo, quello con la F maiuscola davanti, quello no, vive e sta benone.
E lo sanno bene tutti quei partigiani, molti dei quali già morti, che hanno consegnato le armi, forti della speranza in un mondo migliore, quel mondo che hanno plasmato con la loro fame nei boschi, con la paura e con il puzzo della morte.
Lo sanno bene come sono stati presi a calci nel didietro.
La sanno bene la delusione di rivedere ai posti di comando quanti, prima di nero vestiti, in giacca e cravatta, hanno cambiato abito e messo in naftalina la loro fede, per tirarla fuori dall'armadio per i tempi migliori.
Quei tempi è diventato il nostro presente.
Ora, proviamo tutti quanti a trascorrere due anni al freddo, con la fame che ti morde la pancia, il rischio di morire e di essere torturato, tutto per un'idea, la libertà, un mondo più equo.
Ecco poi proviamo a ritrovarci di fronte quanti abbiamo combattuto che dirigono quel paese che abbiamo contribuito a creare.
Chi non avrebbe un giramento?
Mio padre era schifato. Gli ho sentito dire le peggio parolacce al comparire di certi volti in tv.
E aveva ragione! Caspita se ne aveva!!
Allora papà, buon 25 aprile.
Io continuo a studiare, anche per te.
Ho perso mio padre diciotto anni fa. Mi manca sempre, tutti i giorni, ma in particolare il 25 aprile, la nostra festa. Ci sono, scolpiti in me, ricordi indelebili legati...
mostra másMi manca sempre, tutti i giorni, ma in particolare il 25 aprile, la nostra festa.
Ci sono, scolpiti in me, ricordi indelebili legati alla Festa della Liberazione.
Spesso trascorrevamo la nostra festa in auto, per fare rientro a Milano e papà si sintonizzava sulle frequenze della radio, credo Radio Uno, per ascoltare canti e ricordi legati alla Resistenza.
E' così che ho iniziato a conoscere questo momento fondamentale della nostra storia, il nostro Natale e la nostra Pasqua laica, nascita e risurrezione di un popolo, diciamo il vero, di una minoranza che ha donato alla maggioranza fascista un Paese libero.
Quando papà è mancato, quel 12 febbraio 2002, stava leggendo la storia della Resistenza, quella scritta da Giorgio Bocca.
Quel libro ora e nella mia libreria. Non ho mai tolto il segno, l'orecchia, fatto da lui.
E non ho ancora letto quel libro, perché mi piace che mantenga il segno delle sue dita, senza che le mie vadano a coprirle.
Ne ho letti molti altri, di libri, e ancora ne leggerò. Tutte le volte che un tassello di questa Storia si incastra nella mia coscienza civile e politica, ecco, la dedico al mio papà, che mi ha fatto dono di un'eredità tanto importante.
Cresciuta ho iniziato a partecipare alle manifestazioni, a Milano, col sole o con la pioggia, non importava, la forza del cantare tutti insieme vinceva lo scrosciare dell'acqua sul selciato.
Quest'anno mi manca questo rito collettivo, ma oggi i riti non sono più possibili.
Non si può dire addio ai proprio cari, non si possono celebrare le feste dei vari santi patroni e non si può camminare tutti insieme verso il nostro 25 aprile.
Ora, ma prima o poi torneremo a farlo, forse con maggiore consapevolezza di ciò che si sta facendo, con il peso della storia da tramandare per fare luce sul presente e per costruire il futuro.
Forse anche quanti pensano che sia retorica celebrare ancora la Festa della Liberazione potranno ricredersi. Forse.
E' che noi non abbiamo ancora fatto del tutto i conti col nostro passato, col nostro essere stato un popolo fascista, chi più, chi meno.
E invece dovremmo. Dovremmo riaprire i libri di storia, prima ancora della bocca, e, umili, studiare, confrontare, cercare di capire come sono andate le cose, senza timori o paure.
Senza la vergogna di dirci che il fascismo non è mai morto.
E' caduto il primo fascismo il 25 luglio 1943, è stato sconfitto il secondo fascismo, quello di Salò il 25 aprile 1945, ma il Fascismo, quello con la F maiuscola davanti, quello no, vive e sta benone.
E lo sanno bene tutti quei partigiani, molti dei quali già morti, che hanno consegnato le armi, forti della speranza in un mondo migliore, quel mondo che hanno plasmato con la loro fame nei boschi, con la paura e con il puzzo della morte.
Lo sanno bene come sono stati presi a calci nel didietro.
La sanno bene la delusione di rivedere ai posti di comando quanti, prima di nero vestiti, in giacca e cravatta, hanno cambiato abito e messo in naftalina la loro fede, per tirarla fuori dall'armadio per i tempi migliori.
Quei tempi è diventato il nostro presente.
Ora, proviamo tutti quanti a trascorrere due anni al freddo, con la fame che ti morde la pancia, il rischio di morire e di essere torturato, tutto per un'idea, la libertà, un mondo più equo.
Ecco poi proviamo a ritrovarci di fronte quanti abbiamo combattuto che dirigono quel paese che abbiamo contribuito a creare.
Chi non avrebbe un giramento?
Mio padre era schifato. Gli ho sentito dire le peggio parolacce al comparire di certi volti in tv.
E aveva ragione! Caspita se ne aveva!!
Allora papà, buon 25 aprile.
Io continuo a studiare, anche per te.
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