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America - BastaBugie.it

  • L'America Democratica incarcera i prolife

    22 MAY. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7800 L'AMERICA DEMOCRATICA INCARCERA I PRO LIFE di Luca Volontè Siamo all'ennesima ingiustizia promossa dall'amministrazione Biden che ottiene pene severissime e carcere duro contro i pro life pacifici, mentre lascia tranquilli i terroristi e vandali abortisti che incendiano chiese e centri di aiuto alla vita e alla maternità. Il Dipartimento di Giustizia (DOJ) del presidente Joe Biden, due anni orsono, aveva accusato di cospirazione e violazione della legge sulla libertà di accesso alle cliniche (FACE) nove attivisti pro-vita per la protesta non violenta da essi inscenata fuori da un abortificio di Washington nell'ottobre 2020. La richiesta di condanna prevedeva una pena detentiva massima di 11 anni e una multa di 350.000 dollari. I pro life sono stati giudicati colpevoli in due processi separati nell'agosto e nel settembre del 2023 e da allora sono in carcere preventivo, in attesa della sentenza definitiva. La legge "FACE" proibisce «l'uso della forza, l'ostruzione e i danni alla proprietà, volti a interferire con i servizi di salute riproduttiva», mentre la cospirazione contro i diritti altrui, un'accusa che comporta una pena detentiva massima di 10 anni, «rende illegale per due o più persone accettare di ferire, minacciare o intimidire una persona negli Stati Uniti nel libero esercizio o nel godimento di qualsiasi diritto o privilegio garantito dalla Costituzione o dalle leggi degli Stati Uniti o per aver esercitato tale diritto», secondo l'interpretazione del Dipartimento di Giustizia (DOJ). Ebbene, il 14 e 15 maggio le sentenze di giudici chiaramente partigiani e abortisti hanno stabilito pene severissime per i pro life. CONDANNE IDEOLOGICHE Martedì, Lauren Handy, una donna di 30 anni, attivista della "Rivolta Progressista Anti-Aborto" (PAAU), un movimento pro life di sinistra, è stata condannata a 57 mesi di prigione federale. Altri due pro life sono stati condannati: John Hinshaw di 69 anni, è stato condannato a 21 mesi di prigione e William Goodman di 54 anni, è stato condannato a 27 mesi di prigione. A tutti e tre i condannati saranno scontati i 9 mesi di prigione preventiva già trascorsi nelle patrie galere democratiche, secondo il Dipartimento di Giustizia. Mercoledì è stata la volta del 42enne Jonathan Darnel, un veterano della guerra in Iraq che ha prestato servizio in due tournée, che è stato condannato a 34 mesi dietro le sbarre, mentre Herb Geraghty, un ateo pro-vita di 27 anni, è stato condannato a 27 mesi di prigione. Jean Marshall, 74 anni, è stata condannata a 24 mesi di carcere e Joan Bell, 76 anni, è stata condannata a 27 mesi di carcere, nonostante la loro età avanzata. I pubblici ministeri hanno sostenuto che gli attivisti hanno organizzato un blocco all'entrata della clinica di Washington e hanno utilizzato catene e lucchetti per impedire l'apertura delle porte dell'abortificio. Versioni che stridono con le prove fornite dagli avvocati dei pro life della "Thomas More Society" che hanno invece detto come alcuni attivisti «semplicemente si inginocchiavano e pregavano nella struttura di Santangelo [la clinica abortista], alcuni distribuivano pubblicazioni pro-vita e consigliavano le donne a non abortire e altri si legavano e si incatenavano insieme all'interno della struttura». ACCUSE CONTRO I PRO LIFE L'inquietante coincidenza che le accuse del Dipartimento di Giustizia verso i pro life siano state presentate lo stesso mese in cui la Handy e Bukovinac avrebbero scoperto i resti di circa 115 bambini abortiti in un contenitore per rifiuti dell'abortificio "Surgi-Clinic" del dottor Santangelo a Washington, cinque dei quali potrebbero essere stati parzialmente abortiti o uccisi dopo la nascita in violazione della legge federale, getta una coltre nera sull'intero procedimento. Il giudice della corte distrettuale degli Stati Uniti Colleen Kollar-Kotelly non ha consentito che le prove video o fotografiche dei 115 bambini abortiti fossero utilizzate come prova nel processo e ha proibito agli imputati di sostenere che le loro azioni fossero protette dal Primo Emendamento o fossero state commesse in difesa di una terza persona, bambini non ancora nati ed ha invece affermato che i pro life avevano mostrato mancanza di compassione nei confronti delle donne che cercavano di abortire ed impedito il loro «bisogno umano di cure mediche». Dopo la sentenza Dobbs della Corte Suprema, il Dipartimento di Giustizia ha promosso sempre più le accuse contro i pro life, ai sensi della legge FACE, così come promesso anche recentemente dal Procuratore Generale Associato Vanita Gupta che ha evidenziato «l'urgenza» del lavoro del Dipartimento di Giustizia, nell'applicazione della legge FACE, «per garantire accesso legale e continuo ai servizi riproduttivi» in tutto il paese. Ovviamente, spiace doverlo riaffermare, per le dozzine e dozzine di attacchi ai centri di gravidanza e dei 400 edifici di culto cristiani e chiese cattoliche vandalizzati dopo la fuga di notizie sulla sentenza Dobbs, solo una manciata di attivisti pro-aborto sono stati arrestati sinora in Florida, New York e Ohio. Da tempo i diversi leaders pro life e alcuni repubblicani, in particolare il deputato Chip Roy ed il Senatore Mike Lee hanno chiesto e presentato proposte di legge per l'abrogazione della legge FACE.
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  • Biden, cattolico solo di nome, a pasqua festeggia i trans

    3 ABR. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7743 BIDEN, CATTOLICO SOLO DI NOME, A PASQUA FESTEGGIA I TRANS di Luca Volontè Joe Biden è accusato di blasfemia per la sua decisione di celebrare nella domenica di Pasqua dello scorso 31 marzo, la "Giornata della visibilità Transgender". Star dello sport, evangelici e politici repubblicani sulle barricate, mentre il Cardinale Wilton Gregory di Washington ha definito Biden una «cattolico da mensa» che sceglie solo «ciò che è attraente» e respinge il resto. Sia chiaro che il resto è, in questo caso, la sacralità e memoria della Resurrezione di Gesù Cristo. La tracotanza del "cattolico devoto" così amato da alcuni ascari papalini è arrivata a sostenere che chiunque critichi la sua decisione, in realtà, stia sostenendo una pericolosa campagna di «odio». Non è un caso la campagna di distrazione globale promossa dai mass media liberal di tutto il mondo contro l'odiatore Trump per il post sull'immagine che raffigurava un Joe Biden legato mani e piedi. L'odiatore sarebbe Trump ma anche chiunque voglia difendere la fede e tradizioni cattoliche e cristiane, come i tantissimi attentati, i vandalismi e i controlli dell'FBI contro i cattolici dimostrano in questi anni. «In occasione del Transgender Day of Visibility, onoriamo lo straordinario coraggio e i contributi dei transgender americani e riaffermiamo l'impegno della nostra nazione a formare un'Unione più perfetta, in cui tutte le persone siano create uguali e trattate allo stesso modo per tutta la vita", si legge in una dichiarazione della Casa Bianca che ha riconosciuto il "Transgender Day of Visibility" nella domenica di Pasqua, la festa più sacra per i cristiani. «Oggi inviamo un messaggio a tutti i transgender americani: siete amati. Siete ascoltati. Tu sei capito. Tu appartieni. Voi siete l'America, e io e tutta la mia amministrazione vi copriamo le spalle», si prosegue nella dichiarazione. In molti hanno criticato la decisione di riconoscere il "Transgender Day of Visibility" a Pasqua, definendolo un attacco al cristianesimo, difficile dire il contrario. E' ben vero che la "Giornata Internazionale della Visibilità Transgender" è stata creata dagli attivisti più di 10 anni fa e si celebra ogni anno il 31 marzo ma la data della Domenica di Pasqua cambia di anno in anno da millenni e quest'anno Joe Biden aveva tempo dal 6 gennaio scorso per riflettere sulla coincidenza e posticipare eccezionalmente le celebrazioni transgenders. Joe Biden vuole così promuovere nei cittadini americani l'equivalenza tra il cattolicesimo e il transgenderismo. Oltre alle critiche ricevute dai sostenitori di Trump e politici Repubblicani, molti sono stati i commenti di coloro che hanno sottolineato come moltissimi siano gli eventi simili durante tutto l'anno. Secondo Fox News Digital, il calendario delle celebrazioni della ideologia LGBTI si compone di almeno 28 festività locali, statali e federali, tra cui la "Giornata internazionale dell'asessualità", la "Giornata della consapevolezza pansessuale e pan-romantica" e la "Giornata internazionale delle drag queen" e i mesi interi, tra cui il "Pride Month" a giugno, il "LGBT History Month" a ottobre e il "Transgender Awareness Month" a novembre. La Casa Bianca di Biden ha indetto, dall'inizio del proprio mandato, almeno altre sette festività pro-LGBT, tra cui il "National Coming Out Day" a ottobre; "Giornata lesbica della visibilità" ad aprile; "Giornata internazionale contro l'omofobia, la transfobia e la bifobia" a maggio; "Mese dell'orgoglio LGBT" a giugno; "Giornata dello Spirito" in ottobre; "Giornata di sensibilizzazione sull'intersessualità" in ottobre; il "Transgender Day of Remembrance" a novembre oltre, evidentemente, la giornata celebratasi il 31 marzo sulla "visibilità transgender". Oltre al leader evangelico Franklin Graham, i primi a reagire contro la sfacciata blasfemia di Joe Biden sono stati, per ora, i leader cristiani evangelici del Massachusetts, successivamente lo hanno fatto altri leaders evangelici in diversi programmi televisivi nazionali ed anche, seppur indirettamente, il Cardinale Wilton Gregory. A difesa di Biden è intervenuto il portavoce della Casa Bianca Andrew Bates ma nulla ha potuto per giustificare l'ennesimo divieto anticristiano emesso dalla Casa Bianca, stavolta si proibisce ai bambini di raffigurare temi religiosi, quando inviano le uova di Pasqua per il concorso artistico "Celebrating National Guard Families": i lavoretti non devono «includere alcun contenuto discutibile, simboli religiosi, temi apertamente religiosi». Tutti indizi univoci, l'unica devozione pubblica di Biden è verso abortisti e lobbies Lgbt, l'anticristianesimo è sempre più la sua trama politico-elettorale. Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Biden sogna le auto elettriche. Ma così perde le elezioni" spiega perché Biden vuole che il 56% delle nuove auto immatricolate siano elettriche entro il 2032. Ma agli americani costerebbe troppo. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 marzo 2024: In tempi elettorali si cerca di portare a termine, entro il giorno del voto, tutti i programmi. L'amministrazione Biden non fa eccezione. Considerando che la sua priorità è sempre stata l'agenda verde, ora promette un piano per trasformare completamente il parco macchine degli americani, da benzina a elettrico. L'obiettivo, molto ambizioso, è quello di arrivare al 56% di nuove auto immatricolate elettriche entro il 2032. Entro quella data, dunque, le aziende automobilistiche devono convertire le loro linee di produzione per rispettare la quota. Le aziende potranno ancora produrre veicoli a benzina, a patto che siano una percentuale ridotta della loro linea di prodotti totale. Secondo l'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA), il regolamento promulgato mercoledì risparmierà 7 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica nei prossimi 30 anni. Ma da che quantità di auto elettriche si parte? L'anno scorso i veicoli elettrici hanno rappresentato meno dell'8% di tutte le vendite di auto nuove. Più della metà erano Tesla. Hanno rappresentato meno del 4% delle vendite di General Motors e Ford, pilastri dell'industria automobilistica americana. Le case di lusso europee, come BMW (12,5%), Mercedes (11,4%) e Porsche (10%) avranno più facilità a rispettare gli obiettivi di Biden, perché i loro clienti più abbienti possono permettersi più facilmente veicoli elettrici. E sì che gli Stati Uniti stanno adottando un approccio già più moderato rispetto all'Unione Europea e al Regno Unito, che vieteranno tutte le vendite di auto a benzina a partire dal 2035, salvo rinvii. Le case automobilistiche americane hanno quindi ringraziato l'amministrazione democratica per aver «moderato il ritmo di adozione dei veicoli elettrici» nei «prossimi anni (molto critici) della transizione verso i veicoli elettrici», pur definendo i suoi obiettivi «ancora un'esagerazione». Da un punto di vista elettorale, un provvedimento del genere, potrebbe rivelarsi un boomerang per Biden. In una nazione di dimensioni continentali, con una mobilità altissima della popolazione, praticamente senza più ferrovie, chiunque verrebbe danneggiato da una legge che impone di cambiare auto per acquistarne una ancora fuori dalla portata dei ceti medi. Il prezzo medio di vendita di un veicolo elettrico è stato di circa 53.500 dollari l'anno scorso. Il salario medio annuo negli Stati Uniti è di circa 59mila dollari. Come constata un editoriale del Wall Street Journal: «Le aziende sovvenzionano pesantemente i veicoli elettrici con i profitti delle auto a benzina. Ciò significa che gli americani della classe media di Fargo pagano di più per le auto a benzina, mentre i ricchi della Napa Valley possono acquistare veicoli elettrici più economici». Trump coglie l'occasione per arricchire la sua campagna elettorale di nuovi argomenti e si è impegnato, in caso di vittoria a novembre, a smantellare le norme ambientali varate da Biden. Una portavoce della campagna di Trump, Karoline Leavitt, ha dichiarato che le regole «costringeranno gli americani ad acquistare auto ultra costose che non vogliono e non possono permettersi, distruggendo nel contempo l'industria automobilistica statunitense».
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  • Le nuove generazioni di laureati non sono adatte al lavoro

    20 MAR. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7732 LE NUOVE GENERAZIONI DI LAUREATI NON SONO ADATTE AL LAVORO di Mark Serafino I cambiamenti culturali guidati dalla politica e dai movimenti sociali di sinistra stanno avendo effetti catastrofici sui membri della Generazione Z che entrano nella forza lavoro. Come si sa, la GenZ si riferisce ai nati tra il 1997 e il 2012. Iniziative aziendali come la DEI (diversità, equità e inclusione) e un sistema educativo imperfetto non riescono a insegnare loro le competenze sociali di base di cui hanno bisogno. Queste carenze stanno creando difficoltà senza precedenti ai manager delle aziende di tutto il Paese. Recenti studi sull'attuale ondata di laureati che si affacciano sul mondo del lavoro offrono dettagli sconvolgenti su ciò che i datori di lavoro si trovano ad affrontare quando devono assumere persone qualificate. Il numero di dicembre 2023 della rivista online Intelligent ha presentato un sondaggio commissionato da Pollfish a 800 manager e dirigenti che si occupano di assunzioni, e i risultati sono sorprendenti. Tra i risultati più significativi: - il 20% dei neolaureati porta un genitore ai colloqui di lavoro, - il 50% dei neo-laureati fatica a stabilire un contatto faccia a faccia durante un colloquio, - il 50% delle reclute non è vestito adeguatamente per i colloqui, - i datori di lavoro affermano che i neolaureati non rispondono in modo soddisfacente alle domande e non sono preparati per il mondo del lavoro. UN CLAMOROSO FALLIMENTO Non si tratta di risultati isolati o aneddotici, ma di un campione di 800 manager e dirigenti impegnati nella gestione di imprese. I risultati riflettono una ripartizione del modo in cui i giovani uomini e donne vengono formati ed educati nelle case e nelle scuole. Se una volta il pensiero di portare i genitori ai colloqui di lavoro era una ricetta sicura essere bersagliati con il ridicolo tra coetanei, oggi i datori di lavoro si trovano di fronte a genitori che a maniera di elicotteri girano sul colloquio in un ruolo di supporto. La rapida regressione dal "venerdì casual" a un guardaroba tuttofare è peggiorata al punto che ci sono casi di candidati che si presentano a un colloquio indossando i pantaloni della tuta e l’infradito. Un altro indicatore di questo clamoroso fallimento si trova in un recente articolo di Fortune.com intitolato "Il galateo" che ci informa che le lezioni di galateo arriveranno in oltre il 60% delle aziende nel 2024. Secondo un sondaggio condotto da Resume Builder su oltre 1500 dirigenti d'azienda, il 60% delle aziende statunitensi offrirà ai propri dipendenti corsi di galateo per insegnare loro argomenti quali: come inviare un'e-mail, come vestirsi in modo appropriato, come interagire con i clienti, come parlare a voce alta durante le riunioni e come rispettare gli spazi condivisi. L'indagine ha rilevato che i neolaureati (Gen Z) non hanno le capacità per discutere, dissentire o addirittura lavorare a fianco di persone con opinioni diverse. L'ASSUNZIONE DI NUOVI DIPENDENTI La sconfortante realtà di questi risultati è che aziende come PWC, Deloitte e KPMG devono integrare la gestione di un'attività "a scopo di lucro" con l'insegnamento di argomenti che lungo 16 anni di istruzione a scuola e a casa avrebbero dovuto essere trattati, ma che non sono riusciti a farlo adeguatamente. Oggi i datori di lavoro si assumono l'onere e il costo aggiuntivi di formare i propri dipendenti alle competenze di base dell'età adulta, in modo da poter continuare a fornire prodotti e servizi ai propri clienti. In effetti, un tempo l'onere di formare i dipendenti sulle competenze era dato per scontato in quanto frutto della formazione dei bambini a casa e a scuola. Ora le aziende dovranno assumere formatori qualificati per insegnare ai propri dipendenti le competenze di base in materia di etichetta. In circostanze normali, l'assunzione di nuovi dipendenti è un segnale di crescita dei ricavi e dei profitti, con l'aspettativa che i nuovi assunti contribuiscano alla produttività e alla redditività. L'impatto economico è bilanciato dalle nuove attività commerciali create dal personale aggiuntivo. Non è raro che le aziende abbiano membri del personale che servono l'azienda come formatori su questioni di produzione e tecniche. Alcuni compiti dei formatori includono l'orientamento dei nuovi dipendenti sulle politiche e le procedure dell'azienda, la formazione sui prodotti e il mantenimento degli standard di sicurezza sul posto di lavoro. I dipendenti vengono istruiti su vari argomenti con l'obiettivo di massimizzare la produttività e la sicurezza, ottenendo risultati misurabili. Tuttavia, la nuova formazione sarà diversa. La formazione di base sulle soft skill per migliorare la produttività dei dipendenti diventa difficile, se non impossibile, da misurare. Le iniziative aziendali senza risultati misurabili in termini di produttività hanno spesso un impatto economico sui clienti. Una realtà aziendale è che ogni volta che si aggiunge un costo, gli amministratori delegati e gli azionisti si aspettano che il costo (persone, processi o procedure) produca ricavi superiori all'importo investito. Altrimenti, gli investitori si chiedono perché rischiare l'investimento. Come dice Kevin O'Leary di Shark Tank, "non sto cercando di farmi degli amici. Sto cercando di fare soldi". Piaccia o no, le parole del signor O'Leary rivelano la fredda e dura realtà degli affari in America. La necessità delle aziende di fare soldi e di operare in modo sostenibile rende possibile la prosperità di generazioni di famiglie e il sostegno di innumerevoli comunità. Un'altra scomoda verità è che il crollo morale delle famiglie, delle comunità e delle chiese si ripercuote sugli affari. Tutte le componenti devono lavorare insieme se si vuole che la società prosperi.
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  • Le città Usa governate dai democratici muoiono per la tolleranza verso i criminali

    12 MAR. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7725 LE CITTA' USA GOVERNATE DAI DEMOCRATICI MUOIONO PER LA TOLLERANZA VERSO I CRIMINALI di Edwin Benson Svegliatevi, liberali! Il crimine è la vera ragione per cui le vostre città stanno morendo! In tutta la nazione, le rapine "preme e arraffa" fanno notizia. Basta una semplice ricerca su Internet per trovare articoli e filmati che ritraggono piccoli gruppi di persone armate di martello che entrano nei negozi con prodotti costosi. In pieno giorno e sotto gli occhi delle telecamere di sicurezza, i ladri usano i martelli per rompere le vetrine e afferrare gli articoli più costosi. In questo modo, possono rubare articoli del valore di decine di migliaia di dollari in pochi secondi. Naturalmente, tutti pagano per i soldi facili dei ladri. Nel 2023, un'organizzazione chiamata Deal Aid, un fornitore di servizi per la vendita al dettaglio, ha pubblicato un rapporto sulle "Statistiche dei furti al dettaglio" per il 2022. I risultati sono scioccanti. Il settore si riferisce alla merce rubata come "differenze inventariali". Le differenze inventariali totali nel 2022 sono state di 112,1 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 93,9 miliardi del 2021. La perdita diretta per i commercianti dovuta ai furti esterni e alla criminalità organizzata è stata di 41,5 miliardi di dollari. Per recuperare queste perdite, il 46% dei piccoli commercianti al dettaglio ha dichiarato di dover aumentare i prezzi. Tuttavia, i clienti e i proprietari dei negozi non sono stati gli unici a rimetterci. I comuni, gli stati e il governo federale hanno perso 14,9 miliardi di dollari di entrate fiscali. Queste perdite non sono distribuite uniformemente in tutto il Paese. Le perdite sono più elevate nei centri urbani, seguiti dai centri commerciali di fascia alta nelle periferie. BELLE PAROLE PER DESCRIVERE UNA BRUTTA REALTÀ In un'intervista del 28 settembre 2023 alla National Public Radio (NPR), Khris Hamlin ha spiegato due ragioni interconnesse per questa impennata. La prima è la mancanza di sanzioni per i criminali. "I rivenditori sono un obiettivo per questa attività a causa della clemenza delle pene che questi individui devono affrontare se vengono arrestati". Forse il sig. Hamlin sta evitando di dire la sua perché sa che il pubblico principale della NPR è di sinistra. Tuttavia, il punto è semplice. Nella maggior parte dei casi, i ladri sfuggono all'arresto, nonostante la presenza di testimoni oculari e filmati, perché lo spirito che ha generato quei ragazzi che gridano "defund the police" (nota: “togliete i fondi alla polizia”, slogan della rivolta della Cancel Culture e della Black Lives Matter) non incoraggia ai poliziotti ad arrestare e perseguire i malfattori. Lo fanno perché possono farla franca. Nonostante la sua riluttanza, il signor Hamlin fa anche un altro punto importante. Queste bande di criminali rubano perché hanno un mercato pronto per gli oggetti rubati. “È diventato molto facile per gli individui prendere i beni rubati e rivenderli. Lo sai, è un modo semplice per fare soldi facili". Per alcuni il denaro facile è sempre stato un richiamo irresistibile, anche quando gli standard di moralità pubblica erano più elevati. Tuttavia, la cultura odierna è sia materialista che eccessivamente compassionevole. Un tale combinazione crea le condizioni ideali per il furto. I criminali in erba non vedono alcun motivo per lavorare per un salario minimo quando qualche istante di furto senza maggiori rischi di punizione è molto più redditizio. L'ESODO DA SODOMA E GOMORRA Così, a causa dai loro pregiudizi a favore della criminalità e contro la polizia, i media di sinistra sono ansiosi di deviare la responsabilità finale del deterioramento delle città. Il titolo di un servizio di ABC News del luglio 2023 riportava: "Il centro commerciale di San Francisco si sta trasformando in una città fantasma". Il titolo continuava: "L'esodo non riguarda solo la criminalità, dicono gli esperti". Tuttavia, un sottotitolo diceva: "Metà dei negozi del centro hanno chiuso dal 2019". Il rapporto inquadra la flessione in termini biblici, definendola un "esodo dal commercio al dettaglio. La tendenza ha scatenato critiche incentrate sulla criminalità e sui senza tetto ma un insieme più complesso di forze sta allontanando le aziende dalla città". Il network ha ammesso l'ovvio, ma si è riferito alla preoccupazione per la criminalità con una frase eufemistica: "un diminuito senso di sicurezza". Tuttavia, l'articolo rilevava altri due colpevoli. Uno è la tendenza a lavorare da casa o da altri luoghi remoti. Questa pratica ha "ridotto il numero di pendolari in ufficio", il che significa che molte meno persone fanno acquisti o mangiano nei ristoranti all'ora di pranzo o dopo il lavoro. L'altro fattore è stato lo shopping online, che ha influenzato negativamente la vendita al dettaglio a livello nazionale. Almeno quelli della ABC erano disposti a riconoscere che la criminalità era parte del problema. Due mesi prima di quel servizio, la CNN Business aveva pubblicato un servizio intitolato "I veri motivi per cui negozi come Walmart e Starbucks stanno chiudendo nelle grandi città". Sorprendentemente, la criminalità ha giocato solo un ruolo minore nella valutazione della CNN, anche se le aree ad alta criminalità circondano la sede della CNN nel centro di Atlanta. A quanto pare, la bolla liberal li tiene al sicuro e al caldo. "Diverse forze stanno spingendo le catene fuori da alcuni centri urbani", sottolinea l'articolo. Poi ne fornisce un elenco: "l'eccesso di negozi, le persone che lavorano da casa, lo shopping online, gli affitti esorbitanti, i problemi di criminalità e di sicurezza pubblica e la difficoltà di assumere lavoratori". Poi, ha approfondito in dettaglio sui temi della criminalità e dei lavoratori in fuga. FANNO MALE ALLE PERSONE CHE FINGONO DI AIUTARE I suggerimenti della CNN per risolvere i problemi omettono di aumentare le forze di polizia o di punire i criminali. Le risposte ovvie ai crimini non vengono menzionate. Le soluzioni devono invece promuovere "la vitalità delle strade e delle persone che le abitano". Le città potrebbero ottenere questo risultato bloccando alcune strade nei fini settimana, in modo da "ospitare fiere di strada, festival gastronomici, musica dal vivo, mostre d'arte e altri eventi per attirare il traffico pedonale in centro". Un'altra proposta della CNN prevede che i proprietari di negozi vuoti prendano in considerazione la possibilità di affittarli a breve termine. "Questo permetterà di avere negozi pop-up, rivenditori stagionali e un mix di venditori di cibo e bevande". Sono suggerimenti ridicoli. Negozi a sorpresa, festival d'arte o offerte speciali all'ora di pranzo nei ristoranti gourmet non porteranno persone spaventate nei centri storici afflitti dalla criminalità. Nessuno aprirà o gestirà un'attività commerciale in un'area ad alto rischio senza la protezione della polizia. Allo stesso tempo, gli agenti di polizia non possono proteggere le persone se gli amministratori della città non sono al loro fianco. Le vere vittime di questa storia sono le persone che vivono in quelle città. I loro negozi di alimentari e le loro farmacie sono quelli che chiudono a causa dell'alto tasso di criminalità. Devono fare di tutto per evitare che il poco che guadagnano venga rubato. Devono attraversare strade e sistemi di trasporto di massa pieni di criminalità per raggiungere il proprio posto di lavoro. Se i loro figli escono al momento sbagliato, le conseguenze potrebbero essere disastrose. Le "riforme" della sinistra non prendono mai in considerazione questi abitanti delle città che sono le vere vittime delle politiche liberal che distruggono le loro famiglie, le loro case e i loro quartieri.
    Escuchado 9m 19s
  • Assalto a Israele, pesa il fallimento della politica estera di Biden

    24 OCT. 2023 · VIDEO: Biden finanzia l'Iran, che finanzia Hamas ➜ https://rumble.com/v3qckea-come-liran-ha-aiutato-hamas-ad-attaccare-israele-anche-con-6-miliardi-regal.html TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7585 ASSALTO A ISRAELE, PESA IL FALLIMENTO DELLA POLITICA ESTERA DI BIDEN di Eugenio Capozzi La visita del presidente statunitense Joe Biden in Israele è stata giudicata dalla maggior parte degli osservatori come un gesto forte e inequivocabile di solidarietà con lo Stato ebraico - unitamente al dispiegamento di unità della flotta davanti alle coste del Mediterraneo orientale - nel momento delicatissimo che quest'ultimo sta attraversando dopo il terribile eccidio perpetrato da Hamas il 7 ottobre entro i suoi confini, e nei giorni della difficile rappresaglia contro i fondamentalisti nella striscia di Gaza. Ed è stata parimenti interpretata da molti come un tentativo di evitare una escalation di violenza nella regione, cercando di moderare la reazione israeliana e di lasciare aperti margini di dialogo e negoziato con il mondo arabo. Ma essa dovrebbe essere in realtà letta a buon diritto innanzitutto come un tentativo di porre almeno parzialmente rimedio a una catena di eventi negativi per gli interessi statunitensi e occidentali innescati proprio dalla fallimentare strategia di politica estera portata avanti dalla stessa amministrazione Biden. Quest'ultima, infatti, a partire dal 2021 ha demolito sistematicamente, con esiti disastrosi, alcune linee fondamentali della politica internazionale promossa dal predecessore di Biden, Donald Trump. In primo luogo, ha minato la paziente tessitura che Trump aveva compiuto con gli "Accordi di Abramo" (siglati nel 2020 tra Israele, Emirati Arabi e Bahrein) per riavvicinare lo Stato ebraico ai paesi più influenti dell'islam sunnita, e soprattutto all'Arabia Saudita, e favorire così una stabilizzazione complessiva dell'area, isolando gli agenti disgreganti ed estremisti come l'Iran, Hezbollah e lo stesso Hamas. Fin dalla campagna elettorale, e poi una volta in carica, Biden ha tenuto invece un atteggiamento apertamente ostile al regime del principe Mohammed Bin Salman, giustificandolo con l'uccisione del giornalista dissidente saudita Jamal Kashoggi, di cui Salman era sospettato di essere responsabile. E, all'inverso, egli ha avviato una politica di dialogo con il regime degli ayatollah iraniani, cercando di riavviare il processo negoziale sul nucleare di Teheran, che Trump aveva fermato nel 2018 revocando il trattato che era stato negoziato nel 2015 ad opera dell'amministrazione Obama. L'AMMINISTRAZIONE BIDEN CONTRO GLI INTERESSI DI TUTTO L'OCCIDENTE Un rovesciamento che ha rafforzato gli iraniani, dando ad essi maggiori margini di manovra sullo scacchiere mediorientale (usati da questi ultimi per rafforzare i propri legami con Cina e Russia), e indebolendo decisamente Israele. E che è culminato nello sblocco di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani congelati negli Stati Uniti, proprio pochi giorni prima del massacro perpetrato da Hamas nei kibbutz israeliani, verosimilmente incoraggiato, se non finanziato proprio da Teheran: con un effetto boomerang clamoroso sulla credibilità americana. Nel frattempo, l'amministrazione Biden aveva operato attivamente contro gli interessi vitali propri e dell'Occidente intero anche sul fronte ucraino, alimentando sempre più la tensione con la Russia, rifiutandosi di cercare una soluzione negoziale condivisa alla frattura apertasi nel 2014 e, dopo l'invasione russa del febbraio 2022, sostenendo Kiev a senso unico, trattando Putin come un nemico e isolandolo totalmente dall'Occidente: con il risultato di rinsaldare i rapporti tra Mosca e Pechino, di fare il gioco della Cina - sua principale antagonista globale - sul piano geopolitico e di coagulare un composito fronte anti-occidentale che ha attratto anche paesi precedentemente alleati o amichevoli. Per quanto riguarda specificamente gli equilibri mediorientali, lo scontro frontale con Putin ha messo fortemente in imbarazzo Israele, che con Mosca intrattiene consolidati rapporti economici e politici e ha interesse a una gestione congiunta con i russi delle aree di crisi tra Siria e Libano. Ha determinato un riavvicinamento dell'Arabia Saudita alla Russia, con una politica coordinata dei prezzi del petrolio, e persino all'Iran, suo antagonista per eccellenza. Ha rilegittimato il regime siriano di Bashar al-Assad, "feudo" di Mosca in Medio Oriente, riammesso nella Lega Araba proprio con il beneplacido dei sauditi. E, soprattutto, ha interrotto il percorso verso il completamento degli accordi di Abramo, con la sperata normalizzazione dei rapporti diplomatici tra israeliani e sauditi. UN EFFETTO DOMINO DI DISASTRI AUTOLESIONISTICI Insomma, un effetto domino di disastri autolesionistici quasi senza precedenti (completato dalla crescente destabilizzazione dell'Africa sub-sahariana, innescata da Cina e Russia), che ha creato il terreno ideale per quanti avevano interesse a riaccendere il conflitto arabo-israeliano. E che si è plasticamente materializzato nello scorso agosto quando, in occasione del vertice dei BRICS di Johannesburg, è stato annunciato l'ingresso congiunto nell'organizzazione, a partire dal 2024, di Arabia Saudita e Iran, insieme agli Emirati e all'Egitto. Resasi conto tardivamente del piano inclinato pericolosissimo che aveva innescato, l'amministrazione Biden ha cominciato a cercare di porvi rimedio almeno in parte con un cambiamento della sua linea nei confronti di Riad, cominciata con la visita di Biden nell'estate del 2022 e culminata nell'agosto scorso con il coinvolgimento dell'Arabia Saudita, al G20 di Nuova Dehli, nel memorandum d'intesa per il corridoio infrastrutturale India-Medio Oriente-Europa chiamato "Via del Cotone", per contrapporlo simbolicamente al progetto egemonico cinese di "Nuova Via della Seta". Ma ormai la frittata era fatta, e il vaso di Pandora era scoperchiato. Il potenziale asse tra Israele e i paesi arabi sunniti voluto da Trump, che, una volta saldato, avrebbe potuto contare forse sulla benevola neutralità russa, era già su un binario morto. Ma l'attacco di Hamas e la inevitabile reazione israeliana, polarizzando di nuovo l'odio anti-ebraico nelle società islamiche, lo condanna oggi al rinvio sine die, se non al definitivo naufragio. Per la gioia di fondamentalisti, integralisti e regimi anti-occidentali di tutto il mondo. E con la conseguenza di spingere l'Europa e l'Occidente di nuovo in prima linea, oltre che sul fronte russo-ucraino, anche su quello dei conflitti mediorientali e di una più che probabile, anzi già iniziata, recrudescenza del terrorismo islamista, favorita dalla bomba a orologeria delle cospicue comunità di immigrati islamici "radicalizzati" ormai stabilitesi entro le loro mura.
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  • La campagna elettorale di Biden costerà molti aborti

    12 SEP. 2023 · VIDEO: Trump: una nazione in grave declino ➜ https://mazzoninews.com/2023/08/05/trump-una-nazione-in-grave-declino-mn-224/ TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7534 LA CAMPAGNA ELETTORALE DI BIDEN COSTERA' MOLTI ABORTI di Mauro Faverzani Come già fu per il primo mandato, anche l'eventuale rielezione di Joe Biden potrebbe costare molte vite umane. La sua campagna elettorale ha fatto dell'aborto, infatti, uno dei propri cavalli di battaglia. A colpi di spot, come quello intitolato «These Guys», lanciato lo scorso 1° settembre e programmato per due settimane in sette Stati americani ovvero Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania, Nevada, Wisconsin e Carolina del Nord. Forti le critiche giunte in merito dalle associazioni pro-life, che han definito, senza mezzi termini, «estreme» le politiche abortiste promosse da un Biden, che solo a parole ama proclamarsi "cattolico". Laura Echevarría, portavoce di National Right to Life, ha evidenziato come Biden sia «il presidente più favorevole all'aborto nella storia della nostra nazione», al punto da coinvolgere l'intera amministrazione «per promuovere e proteggere l'aborto illimitato», oltre tutto a spese dei contribuenti. D'altra parte, la lobby pro-choice negli Stati Uniti può contare su finanziatori potenti. E non si tratta solo della multinazionale dell'aborto, Planned Parenthood, che ovviamente è parte in causa, bensì anche di miliardari pronti a sostenere coi propri soldi la ferale causa. Come l'amministratore delegato della multinazionale Berkshire Hathaway, Warren Buffett, quinto uomo più ricco al mondo: ad un'età (93 anni), in cui bene sarebbe fare i conti con la propria anima, ha deciso invece di sponsorizzare la campagna abortista. Negli ultimi vent'anni ha destinato per questo decine di miliardi di dollari, convinto della necessità di ridurre la popolazione del pianeta, come ha rivelato un dettagliato reportage in due puntate, firmato da Hayden Ludwig per Restoration News. L'agenzia d'informazione InfoCatólica ha riportato anche le dichiarazioni della figlia di Buffett, Susie, che nel 1997 ha specificato come il controllo demografico sia «ciò che mio padre ha sempre ritenuto essere il problema più grande e più importante». Quest'indagine giornalistica ha permesso di evidenziare come dal 2000 ad oggi Buffett abbia versato almeno 5,3 miliardi di dollari a favore di attivisti ed esecutori di aborti. Dal 2002 avrebbe elargito anche 41 miliardi di dollari a quattro fondazioni, impegnate a promuovere l'aborto all'estero. Assolutamente fittizio e fuorviante, dunque, quanto dichiarato dallo stesso Buffett nel 2003, quando annunciò che le azioni della Berkshire Hathaway non sarebbero più state donate a gruppi abortisti: in realtà, ha spiegato Hayden Ludwig nel proprio reportage, «migliaia di sovvenzioni sono state versate negli ultimi due decenni» [...] dagli organismi gestiti da membri della famiglia Buffett. Da qui sarebbero usciti più di 3 miliardi di dollari, destinati tutti ad organizzazioni dichiaratamente pro-choice quali Planned Parenthood [...] e molte altre. Con questi soldi sarebbero stati finanziati aborti non solo negli Stati Uniti, ma anche nel Regno Unito, in Africa ed altrove. L'ideologia mortifera però si serve anche di altri strumenti, per imporsi come pensiero dominante ovunque, anche cancellando chiunque abbia un'opinione differente. Ed il web in questo torna a distinguersi una volta di più quale veicolo privilegiato dell'incubo orwelliano. YouTube, ad esempio, secondo quanto rivelato dalle agenzie InfoCatólica e Zenit, starebbe predisponendo una nuova politica atta a censurare i contenuti pro-life od, in ogni caso, contrari all'aborto ed alle linee-guida dell'Oms in materia (linee-guida, che considerano l'aborto un "diritto umano"), con modalità ancora da definire, ma tali in ogni caso da vanificare i dubbi di quei pochi, che ancora ne nutrissero, circa l'imparzialità dei social media - come anche Meta (o Facebook, che dir si voglia) e Twitter nella moderazione dei contenuti.
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  • La Corte Suprema abbatte il razzismo degli antirazzisti

    29 AGO. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7521 LA CORTE SUPREMA ABBATTE IL RAZZISMO DEGLI ANTIRAZZISTI di Stefano Magni Alla fine di giugno, la Corte Suprema ha dato un'altra picconata al progressismo americano. Ha dichiarato incostituzionale la discriminazione positiva, su base razziale, nelle selezioni per accedere alla prestigiosa università di Harvard. Con la sentenza Students for Fair Admission vs. Harvard, la "affirmative action", o discriminazione positiva, in uso nel mondo dello studio e del lavoro sin dagli anni '60, è stata delegittimata. La sentenza ha provocato un vivace dibattito che mette a confronto due modi opposti di intendere il razzismo. La sentenza della Corte Suprema, votata da 6 giudici supremi contro 2, ne ribalta due precedenti che avevano fatto la storia. La prima, Regents of University of California vs. Bakke del 1978, aveva stabilito il principio che una certa preferenza razziale negli esami di ammissione fosse ammissibile, purché non fosse una vera e propria quota. Nel 2003 questa posizione era stata ribadita in un'altra sentenza, la Grutter vs. Bollinger. Tuttavia, in nessuna di queste sentenze la discriminazione positiva veniva assunta come principio. Si sdoganava l'eccezione, semmai, ma sempre sul filo del rasoio della costituzionalità. Quindi l'università poteva esercitare delle preferenze per diversificare la sua popolazione studentesca e avvantaggiare le minoranze più sfavorite (i neri, soprattutto), purché non fosse una pratica sistematica, fosse "limitata nel tempo" e non determinante nella selezione. DISCRIMINAZIONE POSITIVA Questo criterio è andato bene a tutte le minoranze, finché non ne ha colpita una molto grande e sempre più influente: quella asiatica. Infatti è proprio un caso di discriminazione di studenti di origini asiatiche, mediamente "troppo bravi", nell'esame di ammissione dell'Università di Harvard, nel 2014, che ha dato origine alla causa che solo alla fine del mese scorso è giunta alla sua conclusione in Corte Suprema, dopo un percorso tortuoso di sentenze locali e federali. L'associazione Students for Fair Admission ha vinto. Il massimo organo giudiziario americano ha sentenziato che la discriminazione positiva negli esami di ammissione viola sia la Costituzione (Quattordicesimo Emendamento, che ribadisce l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge) che l'articolo 6 della Legge sui diritti civili del 1964 che vieta ogni discriminazione su base razziale. Nel parere di minoranza, la giudice suprema liberal Sonia Sotomayor ritiene che questa sentenza "rafforza ulteriormente la disuguaglianza razziale nell'educazione". Le fa eco lo stesso presidente Joe Biden, che si dice apertamente in disaccordo con la Corte Suprema. La nuova rettrice di Harvard, Claudine Gay, dichiara in un video che questa sentenza "implica la possibilità concreta che molte opportunità vengano negate". C'è preoccupazione soprattutto per i neri, che verrebbero sotto-rappresentati nelle università. Secondo i test attitudinali Sat, nel 2022 gli afro-americani conseguivano una media di 926 punti su 1600, contro una media di 1098 punti per i bianchi e ben 1229 punti per gli asiatici. Quel che le università più prestigiose temono (e i posti di lavoro che reclutano presso di loro, anche) è un'università con gli occhi a mandorla? Parrebbe di sì. 50 ANNI DI DISCRIMINAZIONE A FAVORE DEGLI AFRO-AMERICANI Prima di tutto occorre chiedersi se quasi 50 anni di discriminazione positiva a favore degli afro-americani e in misura minore dei latino americani, abbiano portato a una emancipazione di queste minoranze. La risposta è quasi sempre negativa, considerando che fra gli afro-americani è più alta la percentuale di abbandono degli studi ed anche se ammessi in una corsia preferenziale, finiscono poi in fondo ai loro corsi. Forzando l'ammissione "si introducono nelle università studenti neri che, in un mondo senza discriminazione positiva, frequenterebbero scuole meno selettive, ma perfettamente rispettabili", come scrive su Wall Street Journal Heather McDonald, del Manhattan Institute. "In quasi 50 anni di retorica favorevole alla discriminazione positiva, molti studenti neri si sono convinti che essere respinti da una scuola per un brutto voto sia come essere respinti per il colore della loro pelle". Questo meccanismo ha dunque accentuato la disuguaglianza, non ha ridotto le distanze. L'anti-razzismo dei progressisti va poi in cortocircuito proprio con la causa intentata da Students for Fair Admission, che ha agito in rappresentanza di studenti asiatici. La minoranza asiatica è "privilegiata"? No, perché è formata da discendenti di lavoratori forzati (i coolies cinesi), immigrati indiani poverissimi, profughi del Sud Est asiatico. Sono i nuovi self made men, sono cresciuti dal nulla, basandosi sulle loro capacità personali e la loro instancabile voglia di studiare e lavorare. Per questo sono minoranze che evidentemente non piacciono ai progressisti. A coloro che vogliono bene ai poveri, purché restino poveri.
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  • Biden vuole censurare i discorsi online prolife e profamily

    20 JUN. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7444 BIDEN VUOLE CENSURARE I DISCORSI ONLINE PROLIFE E PROFAMILY di Mauro Faverzani «Non nominare il nome di Dio invano» è il secondo Comandamento. Come specifica il Catechismo di san Pio X, esso proibisce «di nominare il nome di Dio senza rispetto», concetto ripreso sostanzialmente identico anche nel vigente Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2142, dove si precisa come il nome del Signore sia «santo». Ed ancora, al n. 2146, il nuovo Catechismo entra ancor più nello specifico, precisando come il secondo Comandamento proibisca «l'abuso del nome di Dio, cioè ogni uso sconveniente del nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria e di tutti i santi». Allora decisamente «sconveniente» è tirare in ballo l'«Anno del Signore 2023» in un contesto tutto teso a promuovere l'aborto ed a distruggere la famiglia, avvelenandola con l'ideologia gender. Lo ha fatto - niente meno - Kamala Harris, vicepresidente degli Stati Uniti, in un'intervista rilasciata a Teen Vogue assieme a Colleen McNicholas di Planned Parenthood, per "spiegare" quali e quanti "sforzi" abbiano compiuto ed ancora intendano compiere, per far tornare legale l'aborto senza limiti in tutti e 50 gli Stati della Federazione, definendolo una causa giusta e morale, da autorizzare dal concepimento sino al momento della nascita del bimbo ovvero sempre. «È una vergogna che nell'Anno del Signore 2023 si cerchi di farci tornare indietro», ha dichiarato il vicepresidente americano, promuovendo il Women's Health Protection Act ovvero la legge sulla protezione della salute delle donne, che, in realtà, è stata ribattezzata dagli ambienti pro-life come Abortion Without Limits Until Birth Act ovvero legge sull'aborto senza limiti fino alla nascita, per porre fine ai divieti sulla selezione del sesso e sul finanziamento pubblico agli aborti, ma ponendo anche a rischio le tutele per l'obiezione di coscienza dei medici. Il Signore, però, in tutto questo, non c'entra proprio nulla. PER PLANNED PARENTHOOD QUALSIASI MOTIVO PER ABORTIRE E' VALIDO Si noti, accanto a Harris durante l'intervista, la presenza di Colleen McNicholas, un'abortista senza se e senza ma, senza scrupoli né ripensamenti: è direttore sanitario di Planned Parenthood per l'area di St. Louis e nel Missouri sud-occidentale. Nel 2019 dichiarò all'agenzia AP come, a suo giudizio, «qualsiasi motivo per abortire fosse un motivo valido», compresa la selezione del sesso e la sindrome di Down. Tutto andrebbe bene, pur di provocare un'ecatombe demografica. Ed ora, prevedibilmente, a scatenare la sua furia, è stata la decisione della Corte Suprema americana di rovesciare la sentenza Roe vs Wade, eliminando il diritto costituzionale federale all'aborto. Oggi sono 15 gli Stati americani, che proteggono i bambini non-nati, vietando l'aborto, ed altri, nelle sedi dei tribunali, stanno cercando di fare lo stesso. Ma l'orizzonte, che si ripromettono di soggiogare con accordi, norme, vincoli, non solo Harris e McNicholas, né solo il Partito democratico statunitense, bensì l'intera amministrazione Biden non è questo, troppo ristretto. Loro puntano ormai ad imporre la loro cultura di morte al mondo intero, calpestando anche la coscienza di chi non fosse d'accordo, invadendo e prevaricando ambiti ed aree di competenza assolutamente estranei alle loro naturali sfere d'influenza. Un esempio? L'amministrazione Biden risulta in prima fila negli sforzi attuati per censurare ovunque sul pianeta qualsiasi, pur timida opinione pro-life e pro-family, servendosi di un processo di sviluppo totalitario di standard digitali, finalizzato a monitorare, moderare ed azzerare i discorsi online ritenuti "sgraditi". Tutto questo, ovviamente, col pretesto di voler contrastare la «violenza di genere facilitata dalla tecnologia», riscuotendo in ciò lo sprovveduto sostegno di oltre una dozzina di Paesi ignavi. Se tale linea passasse, governi e privati verrebbero costretti a cancellare qualsiasi critica all'ideologia gender, bollandola come «discorso d'odio». Qualsiasi difesa della vita e della famiglia verrebbe a questo punto cancellata dal web. Non solo: algoritmi automatizzati ed intelligenza artificiale costringerebbero le piattaforme online e i provider ad imporre ovunque ed a chiunque anche i mantra del femminismo universale. Tale progetto è stato lanciato ufficialmente dal Dipartimento di Stato americano, per la prima volta, nel 2022 al Democracy Summit, in collaborazione con la Danimarca. L'Ufficio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani specifica come anche «la negazione dell'accesso all'aborto sia stata identificata come una forma di violenza di genere contro le donne», equivalendo «a tortura e/o a trattamenti crudeli, inumani e degradanti»: incredibile, l'antilingua scatenata pretende di render disumano il tentativo di salvare da morte certa e procurata ovvero dall'aborto il bimbo nel grembo materno. Tutto questo verrà finanziato e promosso mediante una «programmazione multi-stakeholder, incentrata sui sopravvissuti e basata sui [cosiddetti] diritti». SI CENSURA IN NOME DELLA VIOLENZA DI GENERE Ma come imporre tutto questo al mondo e trasformare il desiderio di una lobby in un'imposizione globale, collettiva ed universale? Semplice, adottando un accordo in sede Onu, accordo che ha già anche un nome, Patto Mondiale Digitale, ed una data: dovrebbe infatti venire approvato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2024. Google, Microsoft, Meta ed altri grandi nomi della tecnologia online starebbero mettendo a punto, con i governi conniventi, i parametri necessari per applicare la normativa liberticida e vincolarvi tutti. Già un primo tentativo in tal senso era stato attuato dall'amministrazione Biden, quando, all'inizio di quest'anno, chiese, nella cornice di un altro accordo, quello sull'educazione delle donne raggiunto in sede di Commissione delle Nazioni Unite, di consentire ai governi la facoltà di costringere social media e piattaforme multimediali a censurare e moderare i contenuti in base alla loro potenziale «violenza di genere», infischiandosene di quanto ciò fosse una netta violazione del Primo Emendamento della Costituzione americana. Quel primo assalto è fallito o, quanto meno, ha subìto una battuta d'arresto al vertice del G7 svoltosi il mese scorso, per cui ora l'amministrazione Biden ci riprova, assieme ad altri governi occidentali, decisi anzi, pervicacemente, a «raddoppiare gli sforzi», per portare a casa il risultato. Sconcertante anche solo il pensare come, in un contesto internazionale delicato quale quello attuale, contesto in cui le emergenze - quelle vere - sono evidentemente altre, l'amministrazione degli Stati Uniti d'America trovi tempo, risorse, capitali e mezzi per combattere una battaglia sfacciatamente ideologica ed imporre a colpi di accordi e norme, mai volute né votate dai cittadini, bensì adottate nei grigi uffici delle Nazioni Unite, un nuovo, pericolosissimo totalitarismo, che di democratico non ha e non intende avere proprio nulla. Sulla pelle dei bimbi non nati e delle famiglie di tutto il mondo. Un atteggiamento vergognoso e tale da gridare vendetta al cospetto di Dio.
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  • Per Biden i suoi avversari politici sono dei terroristi da fermare ad ogni costo

    31 MAY. 2023 · VIDEO: Descrizione in minuscolo ➜ https://rumble.com/v2pans6-come-donald-trump-ha-bonificato-la-palude-dei-poteri-forti-di-washington.html TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7427 PER BIDEN I SUOI AVVERSARI POLITICI SONO DEI TERRORISTI DA FERMARE AD OGNI COSTO Il presidente USA ha utilizzato milioni di fondi federali per distruggere la reputazione di importanti organizzazioni cristiane, di diversi gruppi di politica pubblica conservatori, di semplici prolife (VIDEO: Trump ha distrutto l'establishment e vola nei sondaggi) di Luca Volontè Una bomba di informazioni appena scoperte rivela che, dopo lo scandalo che abbiamo descritto su La Bussola e che ha per oggetto le forme di controllo, dissuasione e spionaggio nei confronti dei cattolici e conservatori americani, l'amministrazione Biden, attraverso il Dipartimento alla Sicurezza Interna DHS, ha utilizzato diverse decine di milioni di fondi federali per condurre una guerra vera e distruggere la reputazione di importanti organizzazioni cristiane, di diversi gruppi di politica pubblica conservatori, di un'importante rete televisiva via cavo e persino del Comitato nazionale repubblicano. Grazie alla documentazione raccolta dal Media Research Center (Mrc), il report pubblicato lo scorso 25 maggio dimostra come il Dipartimento della Sicurezza Nazionale (DHS), da tempo nel mirino di conservatori e Repubblicani per le sue iniziative spesso persecutorie nei confronti dei 'dissidenti politici', abbia speso almeno 40 milioni di dollari dei contribuenti, sottraendoli ai programmi antiterrorismo, destinandoli a un'operazione nota come 'Targeted Violence & Terrorism Prevention Grant Program' (TVTP), che di fatto è servita a colpire, controllare, delegittimare, spiare e intimorire buona parte del mondo conservatore e cristiano degli Usa. Originariamente concepito per colpire i terroristi e le bande violente, sotto l'amministrazione Biden il programma ha inserito il Centro per la prevenzione, i programmi e i partenariati (CP3) del Dipartimento della Sicurezza Nazionale, includendo e privilegiando così finalità politiche nelle sue indagini. UN'OPERAZIONE MASCHERATA In una nota interna ottenuta in esclusiva da MRC Free Speech America, lo stesso segretario del DHS Alejandro Mayorkas definisce il programma una "alta priorità". Le 80 organizzazioni che compongono la rete TVTP ricevono sovvenzioni tra gli 85mila e gli 1,9 milioni di dollari e partecipano a seminari di formazione sponsorizzati dal DHS, finalizzati a soffocare e reprimere quei 'punti di vista' che l'amministrazione definisce eufemisticamente come minacce di livello terroristico, ossia quelle degli oppositori politici e/o culturali. Ad esempio, come riportano diversi quotidiani, in Ohio, l'Università di Dayton ha ricevuto una sovvenzione TVTP di 352.109 dollari per istituire 'Prevents-OH', un'operazione mascherata come uno sforzo per combattere "l'estremismo e l'odio della violenza domestica". Nella sua richiesta di finanziamento, Prevents-OH ha incluso un grafico intitolato La piramide della radicalizzazione dell'estrema destra, in cui identifica gli estremisti violenti, tra cui Christian Broadcasting Network, Heritage Foundation, Fox News, Turning Point USA, PragerU, National Rifle Association, Breitbart News, American Conservative Union Foundation e persino il Comitato nazionale repubblicano. A dimostrazione della comune visione che i Dems hanno degli avversari, cioè chi dissente è un pericoloso terrorista da tacitare e sopprimere o delegittimare, il dottor Michael Loadenthal dell'Università di Cincinnati e componente di Antifa, ha presentato questo e altri grafici a un seminario di 'Prevents-OH' per insegnare agli studenti come tacitare le opinioni 'politicamente scorrette' su piattaforme dei social media. Utilizzando la terminologia associata alla guerra e allo spionaggio, il programma di formazione della sovvenzione dell'Ohio istruisce i partecipanti a usare il "mestiere" per "infiltrarsi e sorvegliare" i gruppi conservatori, esattamente come confermato in una audizione drammatica alla Commissione Giustizia del Congresso lo scorso 19 maggio, da 4 testimoni ed ex agenti FBI. I partecipanti alla conferenza di Dayton imparano che i gruppi cristiani conservatori e i Repubblicani sono pericoli assimilabili al nazismo e perciò questi "agenti civili sotto copertura" devono assimilare le cinque fasi con cui gli "antifascisti" raccolgono informazioni, tra cui "Osservazione passiva, Partecipa e ascolta, Documenta, Archivia e mappa, Intelligence attiva e Incorpora". CREARE DOSSIER, OSSERVARE, MINARE, DISTRUGGERE Molti partecipanti al programma del DHS vengono addestrati a "creare dossier" e poi a "osservare, minare, distruggere e infiltrare" le organizzazioni. Il Comitato Nazionale Repubblicano, il Christian Broadcasting Network, la Heritage Foundation, Fox News e molti altri sono identificati come estremisti di "estrema destra" e collegati ai militanti nazisti nello stesso seminario, dipingendo un implicito bersaglio sulle organizzazioni. Il programma TVTP non è certo il primo tentativo del Presidente Joe Biden di usare mezzi illeciti e burocrazia statale contro gli avversari politici e coloro che si oppongono alle sue politiche pro-aborto e LGBTI. E' bene infatti ricordare che, oltre allo scandalo FBI contro i cattolici, Biden aveva tentato di istituire un 'Ministero della Verità' di ispirazione orwelliana (alias, il "Consiglio di governo della disinformazione"); Biden è riuscito in parte invece a finanziare il Global Disinformation Index (GDI) per screditare i media conservatori e ora l'ultima vergogna del DHS dell'amministrazione Biden che distribuisce milioni di dollari per colpire i conservatori ed educare allo spionaggio politico le giovani generazioni, mettendo anche i terroristi di Antifa in cattedra invece di metterli in galera. È ora che Mayorkas , capo del Dipartimento della Sicurezza Interna, e Wray, capo dell'FBI, se ne vadano con tutti i responsabili del comportamento criminale messo in campo in questi anni di Amministrazione Biden. Quel Biden che da un biennio si permette di dar pagelle di democraticità a capi di Stato e Governo ed invitarli alla sua iniziativa globalista per la democrazia, contemporaneamente nel suo paese si dedica alla persecuzione del dissenso politico, religioso e civile. Non ci possono essere più dubbi, tutti i documenti, le testimonianze e le indagini parlamentari e giornalistiche confermano che Biden ed i Dems hanno scambiato la democrazia Usa con i regimi e pratiche della Germania Est e della Corea del Nord.
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  • Trump torna alla carica per difendere la vita

    10 MAY. 2023 · VIDEO: Il processo farsa a Trump e la guerra in Ucraina ➜ https://mazzoninews.com/2023/04/26/byoblu-il-processo-a-trump-un-tentativo-di-bloccare-la-corsa-alla-casa-bianca/ TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7403 TRUMP TORNA ALLA CARICA PER DIFENDERE LA VITA di Mauro Faverzani Trump lo ha già detto a chiare lettere: in caso di rielezione, difenderà di nuovo i principi pro-life. E già la volta scorsa, da Presidente, ha dimostrato come alle parole, lui, faccia seguire i fatti. Inaffidabile sul fronte Lgbt, il tycoon sul grande tema della vita rappresenta invece una garanzia e non concede sconti. Trump ha pubblicato un video, indirizzato ad un gruppo pro-family dell'Iowa, in cui promette di lottare di nuovo contro l'aborto: «Mi ergerò con orgoglio in difesa della vita innocente proprio come ho fatto per quattro anni, perché ogni bambino, nato e non nato, è un dono sacro di Dio», ha affermato, ricordando d'esser stato, tra l'altro, il primo e finora unico presidente americano ad aver partecipato all'imponente Marcia per la Vita di Washington. Non solo: ha bloccato i finanziamenti pubblici alle multinazionali dell'aborto; ha tutelato il principio di libertà religiosa nel caso delle Piccole Sorelle dei Poveri, oppostesi alla sottoscrizione di un'assicurazione sanitaria, che includesse trattamenti contraccettivi e abortivi; ha rivolto un forte monito alle Nazioni Unite, affinché nessuno osasse attaccare la sovranità delle nazioni impegnate nella tutela della vita. Indubbiamente un buon biglietto da visita, con cui presentarsi alle urne. A questo i Democratici - Biden in testa - hanno invece replicato, opponendovi ancora una volta una cultura di morte. In Illinois, ad esempio, dove l'aborto è purtroppo consentito fino al momento della nascita e viene ancora finanziato con soldi pubblici, puntano all'approvazione di una legge, che potrebbe costringere alla chiusura tutti i centri pro-life, minacciandoli con la promessa di pesanti sanzioni - fino a 50 mila euro - con le accuse di «disinformazione» o «pratiche ingannevoli». Essendo nella stragrande maggioranza enti no profit, che vivono di offerte, sono privi dei mezzi necessari per far fronte ad un'eventuale condanna di questa entità. Ciò priverebbe, di conseguenza, le madri ed i loro bimbi in grembo dei servizi basilari forniti, anche di quelli di natura economica, non indifferenti. Secondo un'indagine del Charlotte Lozier Institute, tali centri hanno infatti contribuito dal 2016 ad oggi a salvare dall'aborto più di 800 mila piccoli, hanno servito circa 2 milioni di donne, fornito oltre 730 mila test di gravidanza, effettuato quasi mezzo milione di ecografie, donato del tutto gratuitamente 1,3 milioni di pannolini e più di 2 milioni di corredi per neonati. Da notare come, nonostante ciò, più volte i centri pro-life siano stati oggetto di gravi atti vandalici, di incendi intimidatori, oltre a subire pesanti attacchi mediatici e a campagne diffamatorie. Il fatto che, secondo il Dipartimento della Salute dell'Illinois, nel solo 2021 siano stati effettuati ben 46.243 aborti indica l'importanza dei volontari per la vita, pronti ad accogliere le donne a vario titolo in difficoltà e le loro piccole creature. Il disegno di legge pro-choice, presentato dai Democratici, ha purtroppo già strappato il voto favorevole del Senato ed attende ora di essere esaminato dalla Commissione per la Salute della Camera. Buone notizie, invece, dal Nord-Dakota, dove il Senato, a maggioranza repubblicana, ha approvato una nuova legge, che vieta tutti gli aborti dopo la sesta settimana di gravidanza, anche in caso di stupro o di incesto. La norma, già ratificata dal governatore Doug Burgum, è divenuta immediatamente applicativa. I membri del Congresso non han fatto mistero di aver voluto così lanciare un messaggio alla magistratura, affinché tenga conto del volere dei cittadini, impegnati a limitare l'aborto e non certo ad incentivarlo. Sempre più evidenti emergono due aspetti nella vita politica statunitense: il primo è il fatto che l'aborto sia tornato ad essere un argomento al centro del dibattito istituzionale e addirittura un tema in chiave elettorale; il secondo è la divisione sempre più netta - pur con qualche eccezione - tra repubblicani pro-life e democratici pro-choice. Il voto per gli uni o per gli altri non decide più soltanto del futuro dell'America, bensì anche della vita di molti bimbi nel grembo delle loro madri. Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "I sospetti su Biden e la complicità dei media" parla del documento dell'Fbi che rivela gli scandali dell'attuale presidente Biden. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'8 maggio 2023: Stati Uniti, alla Camera del Congresso, la Commissione di supervisione ha emesso un mandato di comparizione per l'Fbi, riguardo un documento che riguarderebbe un caso di corruzione di Joe Biden, il presidente in carica. Non si tratta dunque di cosa da poco. Il presidente, ben prima della sua campagna elettorale del 2020, avrebbe partecipato ai guadagni, anche illeciti, di suo figlio Hunter Biden. Uno "schema criminale" che avrebbe comportato uno scambio "soldi in cambio di decisioni politiche" quando era vicepresidente nell'amministrazione Obama. L'esistenza di questo documento, su cui ora vuole indagare la Commissione congressuale, è stata rivelata da un "gola profonda", un informatore anonimo, una fonte interna all'Fbi. È già il secondo informatore anonimo che si fa avanti, con la Commissione a guida repubblicana, per rivelare qualcosa su Hunter Biden. Il primo informatore, in aprile, era una fonte interna all'Irs (l'agenzia delle entrate americana) ed aveva rivelato come l'agenzia non avesse voluto indagare sul figlio del futuro presidente per motivi politici. Adesso l'accusa di questo secondo informatore è ancora più pesante perché riguarderebbe lo stesso futuro presidente e il suo ruolo negli affari di famiglia in Paesi stranieri, quali Cina, Messico, Russia e Ucraina. Il documento che proverebbe come l'Fbi sappia di questi affari illeciti è il Fd-1023, un file creato nel giugno 2020 (in piena campagna elettorale presidenziale). Secondo queste rivelazioni, Biden avrebbe guadagnato dagli affari di famiglia e avrebbe fatto pressioni, in qualità di vicepresidente della prima potenza mondiale, perché questi affari andassero bene. Ad esempio, c'è il sospetto che, quando Hunter Biden era nel consiglio di amministrazione dell'azienda ucraina di gas Burisma, il padre abbia influenzato la politica energetica americana in modo da sostenere l'industria del gas naturale ucraino. Il primo impeachment a Trump, il famoso "Ukraine gate" è partito da una telefonata in cui l'allora presidente repubblicano chiedeva al neo-eletto omologo ucraino Volodymyr Zelensky di indagare proprio su Hunter Biden. Il sospetto (di Trump) era quello che Biden avesse ricattato l'Ucraina quando la magistratura di Kiev aveva iniziato a indagare su Hunter Biden: se avessero indagato su suo figlio, avrebbe sospeso gli aiuti militari. Ma a finire sotto impeachment è stato Trump. In un curioso caso di ribaltamento delle responsabilità, è Trump che è stato accusato di aver ricattato il governo ucraino, per aver chiesto se il vicepresidente del suo predecessore l'avesse ricattato. L'aspetto più curioso di tutta questa vicenda è l'atteggiamento dei media. I sospetti su Hunter Biden sono partiti da un caso mediatico: il ritrovamento di email compromettenti nel computer portatile, dimenticato da un tecnico dal figlio del futuro presidente. Il New York Post ha pubblicato uno scoop, un mese prima delle elezioni. La pagina del New York Post e quelle di tutti coloro che avevano rilanciato lo scoop (inclusa la Casa Bianca) sono state oscurate o sospese dai social network maggiori, soprattutto Twitter e Facebook. I Twitter files, svelati dal nuovo proprietario Elon Musk, confermano che si trattò di una scelta politica e deliberata. Solo un anno dopo, altri media, quali New York Times, Washington Post e Cbs, hanno confermato l'autenticità del contenuto di quel computer portatile del figlio dell'ormai presidente, troppo tardi per influenzare le elezioni, comunque. Adesso che sta emergendo un documento ufficiale dell'Fbi in cui si confermano questi sospetti e viene coinvolto direttamente il presidente, i media che fanno? Forniscono alla Casa Bianca gli argomenti per la difesa. Come riporta il New York Post, il primo ad aver scoperchiato questa pentola, il portavoce della Casa Bianca Ian Sams, «ha citato il resoconto di Politico secondo cui l'accusa "è destinata a scatenare una feroce reazione e scetticismo" e ha notato che la CNN l'ha definita un'"accusa non verificata". Sams avrebbe potuto notare che altri, in particolare il New York Times, non si sono degnati neppure di dare la notizia del mandato di comparizione». Lo stesso New York Post fa notare quanto diverso fosse l'atteggiamento ai tempi dello scandalo Watergate, quando occorse appena un anno, dall'inizio dell'indagine, per portare alle dimissioni del presidente in carica Richard Nixon.
    Escuchado 11m 29s
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Autor BastaBugie
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