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Gender, gay pride, movimento LGBTQIecc. hanno conquistato tutti gli spazi possibili e immaginabili: come possiamo difenderci da questi attacchi alla legge naturale (e al buon senso)?
5 NOV. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7970
INTERNET, SOCIAL, CARTONI, HOLLYWOOD: IL CONTAGIO SOCIALE SULLA TRANSIZIONE DI GENERE CHE INVESTE I GIOVANI di Giuliano Guzzo
Che cosa succede oggi quando un giovane ha il dubbio di “essere nato nel corpo sbagliato”? Sfortunatamente, succede che, nella misura in cui si affaccia al mondo dei social - lo strumento più immediato, a portata di mano, anzi di smartphone - trova spesso e volentieri spunti che lo incoraggiano allegramente a “cambiare sesso” e a non preoccuparsi troppo delle conseguenze che ciò potrebbe comportare. Un vero e proprio contagio sociale.
Esagerazioni? Non esattamente. Prova ne è, pensando per esempio a TikTok, il profilo TikDocTony, che vanta quasi 280.000 follower ed è gestito dal dottor Tony Mangubat del La Belle Vie Cosmetic surgery center and med spa di Seattle, un medico che ha al suo attivo oltre 10.000 interventi e che non fa che parlare della transizione di genere ai giovanissimi all’insegna dell’assenza di ogni limite. Una volta, tanto per fare un esempio eloquente, un utente ha chiesto «qual è l’età ideale per sottoporsi a un intervento chirurgico di alto livello» e Mangubat ha subito risposto: «Quando è giusto per te».
Che TikTok c’entri con il boom della transizione di genere è provato anche da delle testimonianze. Per esempio, si guardi alla vicenda di Ash Eskridge, giovane del Montana e oggi detransitioner - cioè trans pentita e desiderosa di tornare al suo sesso biologico – la quale ha raccontato al New York Post di quanto il popolare social abbia influito nel suo percorso: «Su TikTok ho visto i video influencer che sostenevano come la transizione di genere avesse salvato loro la vita [...] Volevo che salvasse anche la mia vita». Parole senza dubbio inequivocabili e che probabilmente oggi riguardano anche molti altri giovani, dato che esiste un nutrito gruppo influencer transgender che si servono dei canali social per veicolare la loro personale visione del mondo, che spesso e volentieri di sostanzia in una antropologia fluida tale per cui per chiunque è giusto dire può “essere chi si sente” di essere. Non stupisce, a questo punto, apprendere che molti giovani “fluidi” o trans facciano oggi coming out su Internet prima che in famiglia o a scuola.
Dunque è assodato, purtroppo, che TikTok sia il social che più “influenza” le giovani menti, anche per un fattore di utenza anagrafica. Il social di video-sharing di origini cinese, infatti, lanciato nel 2016 e diventato sempre più usato soprattutto dal 2020 in poi, è di fatto l’attuale social più “giovanile” in circolazione, vantando un pubblico composto in gran parte da adolescenti. Questo - ed è assodato, nonché denunciato da più parti – rende la stessa piattaforma particolarmente vulnerabile a questioni legate alla sicurezza online come il cyberbullismo, la pedofilia e l’incitamento a comportamenti pericolosi. Facile, dunque, infiltrarsi nelle maglie larghe di TikTok per veicolare qualsiasi ideologia si voglia, soprattutto se quest’ultima - appunto quella gender - è per giunta difesa dal mainstream.
PERCHÉ PROPRIO TIKTOK
Ma, viene da chiedersi, perché proprio TikTok e perché, in generale, proprio i social network? La risposta è, purtroppo, tanto facile quanto drammatica. In tutto il mondo, infatti, e in particolare negli ultimi anni, si sta riscontrando un sensibile aumento delle domande di riassegnazione di genere fra i bambini e gli adolescenti. Va da sé, quindi, che i terreni più fertili per la propaganda Lgbtqia+ siano proprio quelli più frequentati da giovani e giovanissimi.
Come detto, dunque, tanto su TikTok ma anche su Youtube, Instagram e Facebook, abbondano video sia in italiano che in inglese, nei quali vengono riportate foto e testimonianze di giovani che stanno compiendo o hanno compiuto il percorso di transizione. Alcune criticano i luoghi comuni su questi argomenti, altre si centrano proprio sul racconto del percorso che il soggetto sta compiendo, altre ancora hanno una prospettiva più “clinica”, e poco importa a questi “influencer” se le informazioni riportate sono spesso se non sempre pesanti fake news. Ormai, infatti, il mantra «l’ho visto sui social» è il nuovo «l’ha detto la televisione», ed è dunque preso per assolutamente vero da chi guarda.
Proprio utenti transgender, sedicenti medici o altrettanto sedicenti influencer tendono a rispondere a interrogativi fra cui quelli relativi al come fare per sapere se si è veramente trans, al modo per fare coming out in famiglia, al come ottenere una terapia a base di testosterone, alle paure nell’attraversare questa esperienza e così via. Una mole enorme di contenuti pro-gender che va a braccetto con la dimensione di identificazione, peraltro tipica della fascia d’età preadolescenziale. Molti soggetti giovanissimi, dunque, si aggrappano all’identità che credono di aver trovato grazie a questi video cui giungono spesso attraverso la ricerca di specifici hashtag.
E chi prova a porre domande diverse da quelle mainstream o a fare commenti non in linea con l’approccio affermativo? Ormai è automatico, quasi naturale - senza neanche bisogno di incitare le folle - che arrivi una vera e propria shitstorm di commenti e risposte che bollano chi la pensa diversamente come transfobico, omofobo, retrogrado, ignorante.
IL RAPPORTO GENITORI-SOCIAL
E il rapporto genitori-social? I genitori, troppo spesso, assistono impotenti a ciò che i propri figli fanno con e sui social. Questo vale, lo sappiamo, per tanti argomenti: dalla ricerca di contenuti sul sesso a droghe, fumo, ma anche su temi magari più banali e innocenti come lo studio, i giochi online, le conversazioni tra pari età. Insomma, i genitori sono esclusi dai propri figli da ciò che esiste sui social, quasi come se questi ultimi fossero un luogo intimo e privato della propria adolescenza. Ecco, dunque, che questa “esclusione” finisce per essere ancor più pericolosa proprio quando si tratta di disagi e confusione sulla propria sessualità o sul proprio corpo. Gli adolescenti, all’insaputa dei familiari, apprendono principalmente dal mondo online come aderire a un’immagine corporea che è esattamente l’opposto del sesso anatomico: ecco allora che acquistano vestiti che comprimono il torace al fine di occultare il proprio seno o gli abiti che nascondono gli organi genitali nei maschi, ecco che chattano con sedicenti esperti o provano a prendere appuntamenti in cliniche che - complici di tutto ciò - non pretendono nessuna autorizzazione da parte dei genitori, e così via.
Ecco dunque l’amara e tragica verità: il passo dal click alla transizione è inesorabilmente breve, molto di più di quanto si possa immaginare.
Ma non è finita qui. Perché i social sono la parte più consistente di un iceberg che, sott’acqua, riserva ancora altre brutte sorprese. Non ci sono infatti solo i social network a veicolare l’ideologia gender. Un ruolo in questo, infatti, lo svolgono anche la televisione, le serie tv e perfino i cartoni animati. Con riferimento a questi ultimi, come non pensare alla Disney giunta a tingere di arcobaleno la mitica saga di Star Wars, con la serie The Acolyte, che la sua stessa creatrice, Leslye Headland, ha codificato come queer. Tutto questo non deve stupire se si pensa che Karey Burke, presidente della Disney’s General Entertainment Content - la quale si definisce «madre di due bambini queer» -, ha dichiarato di voler arrivare in poco tempo ad almeno il 50% dei personaggi appartenenti a «gruppi minoritari», ovviamente Lgbt in primis. L’impegno arcobaleno della celebre casa di contenuti per bambini è però già a buon punto.
DISNEY ALLO SBANDO
Basti qui ricordare che, su 59 film prodotti nel 2022, ben 24 di questi - ha sottolineato Glaad (acronimo dell’associazione arcobaleno Gay and Lesbian Alliance Against Defamation) - presentavano contenuti di «inclusione Lgbt». In pratica, ormai quasi un prodotto Disney su due veicola contenuti cari all’agenda politica e ideologica arcobaleno - e di questo passo, a breve, saranno senza dubbio la maggioranza. Non c’è comunque solo la Disney attiva su questo versante propagandistico. Anche la Pixar Animation Studios, celebre casa di produzione di prodotti per bambini, ancora nel 2021, si diceva interessata a cercare per «un doppiaggio giovanile» dei ragazzi che potessero «dar voce credibilmente a una quattordicenne trans». E questi sono solo - per ovvie esigenze di spazio - pochi esempi dei molti contenuti che possiamo trovare quotidianamente su tv, canali streaming e media di ogni tipo. Dove non c’è la propaganda esplicita, dunque, c’è comunque un asservimento da parte dei media ai diktat arcobaleno e transgender.
Prova ne è anche la mitica emittente Cnn che, in un testo che parla di prevenzione ginecologica, ha deciso di rivolgersi agli «individui con una cervice» senza scrivere «donne» o «donna» nell’articolo, per “non offendere” le persone transgender. Non si può poi non considerare, come grande - ancorché indiretto - spot alla transizione di genere, la grande popolarità che nelle pubblicità, di moda ma non solo, hanno le modelle androgine, figure salutate anzi celebrate sui media come «top model e modelle che hanno sfidato gli stereotipi!». Da parte loro, anche queste modelle sembrano trarre a loro volta una forma d’appagamento o comunque divertimento nel vestire panni ambigui, che possano veicolare identità fluide. «Mi piacciono un sacco le donne vestite da uomini e viceversa» ha per esempio dichiarato la modella francese Agata Descroix, aggiungendo che, a suo dire, «la moda è prima di tutto la libertà di giocare con i vestiti e sentirsi bene. In aggiunta, perché impedire a una donna di indossare una bella cravatta? O un uomo di indoss
22 OCT. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7956
I VESCOVI NORVEGESI: ESISTONO SOLO DUE SESSI
Insieme a circa 30 altre comunità cristiane in Norvegia, i vescovi cattolici hanno firmato una dichiarazione ecumenica sulle questioni della teoria del genere e della sessualità, per dare «un contributo costruttivo»; il documento intitolato "Dichiarazione ecumenica sulla diversità di genere e sessuale" è stato pubblicato ieri e «nasce in preghiera, dal nostro impegno per la nostra nazione e dal desiderio di costruirla», afferma il presidente della Conferenza episcopale nordica, Erik Varden.
In un'intervista con Cna Deutsch, il vescovo ha spiegato: «Il progetto ha come sottofondo una dichiarazione ecumenica del 2016 sul matrimonio, di cui anche i vescovi cattolici sono stati cofirmatari. Un seminario tenutosi questa primavera ha stimolato l'idea che sarebbe potuto essere costruttivo prendere in considerazione una dichiarazione simile sulla questione della "diversità" sessuale e di genere, un argomento attualmente molto discusso e che incide profondamente sulla vita di molte persone».
In una società che non riconosce, anzi rifiuta, la realtà oggettiva delle cose, è ancor più importante dimostrare che la visione antropologica cristiana «è in linea con i dati empirici. Una comprensione cristiana della vita è eminentemente concreta», spiega ancora con Trondheim. È da qui che prende le mosse la dichiarazione ecumenica, che si prefigge di riconoscere la «realtà biologica [...] nel rispetto dei diritti dei bambini». «Dio è il Creatore dell'universo e lo sostiene nell'esistenza. Ha creato l'essere umano come uomo e donna. Tutti gli esseri umani sono creati a immagine di Dio. Tutti sono profondamente amati da Lui e possiedono lo stesso inalienabile valore e la stessa inviolabile dignità. Il matrimonio, secondo l'ordine della creazione e del diritto naturale, è l'unione tra un uomo e una donna. Il matrimonio è stato istituito da Dio, confermato da Cristo e dagli Apostoli, e riconosciuto dalla Chiesa cristiana in tutti i secoli (cfr. Genesi 1,26-28 e Matteo 19,4-6). Il matrimonio tra un uomo e una donna costituisce il quadro biblico per le relazioni sessuali. Altre forme di relazioni sessuali sono varianti di una "diversità sessuale" che contraddice la teologia della creazione biblica e l'etica di Gesù, anche se tali relazioni fossero caratterizzate da fedeltà duratura», così inizia la dichiarazione.
SPIEGARE L'OVVIO
Poiché è necessario oramai spiegare l'ovvio, nel testo si ribadisce la realtà biologica dell'uomo e della donna: «Esistono solo due sessi biologici: maschile e femminile. Il sesso dell'essere umano è deciso nel momento del concepimento. Il nostro sesso è determinato dalla grandezza e dalla funzione delle cellule germinali»; per poi spiegare che «l'idea che esista un sesso soggettivo e una "identità di genere" che si possa scegliere liberamente e che si basi sui sentimenti è il risultato di un'ideologia e non ha fondamento nella biologia o nella scienza naturale».
Chiarendo che la Chiesa cattolica non è «un corpo lontano, cinico e burocratico», bensì «Mater e Magistra» - afferma ancora nell'intervista il presidente della Conferenza episcopale nordica -, l'impegno dei sacerdoti sarà sempre accompagnare tutti, in quanto «ogni essere è amato da Dio». Tuttavia, si chiarisce che «come pastori [...] siamo ordinati a proclamare e insegnare non idee di nostra creazione, ma il Vangelo di Cristo come insegnato ed esposto dal Magistero della Chiesa cattolica». Da "Madre e Maestra", la Chiesa ha una profonda conoscenza ed esperienza nel campo dell'animo umano e della persona, per questo «cerca di farci crescere oltre le nostre categorie e aspettative troppo ristrette, verso quella pienezza dell'essere che la tradizione cristiana chiama santità, una partecipazione alla vita di Dio stesso», senza fare «concessioni a scapito delle verità bibliche, anche se tali verità sono in conflitto con linee guida politiche o tendenze sociali attuali».
I DANNI DELL'IDEOLOGIA GENDER
A partire da questi assunti, nella dichiarazione si passa a mettere in guardia rispetto ai danni che producono l'ideologia gender e la grande menzogna che una persona possa essere nata nel corpo sbagliato - la storia di Luka Hein ne manifesta tutte le ferite -: «È estremamente problematico far confrontare i bambini e gli adolescenti con l'idea [...] che esistano "ragazzi, ragazze e altri generi" e insegnare loro che esiste un "genere interiore"». La dichiarazione invita a guardare ai danni già fatti: «Le conseguenze della vicenda della clinica Tavistock in Inghilterra sono un esempio ben noto di come sono state affrontate queste ferite, ma non è certo l'unico», aggiunge nell'intervista von Trondheim.
I vescovi affrontano poi il tema dei diritti, oggi innominabili, che ha il bambino: «Privare consapevolmente e intenzionalmente un bambino della possibilità di conoscere la madre o il padre o le famiglie dei genitori biologici - ad esempio attraverso la fecondazione artificiale o la maternità surrogata - è una violazione della volontà creativa di Dio e dei diritti del bambino». Sebbene infatti «tutti i bambini sono ugualmente preziosi e amati da Dio, indipendentemente dal modo in cui sono stati concepiti», è necessario ribadire che «il benessere del bambino deve sempre avere la priorità rispetto alle richieste e ai desideri degli adulti», senza peraltro contrastare la stessa Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia nell'articolo 7 citata dai vescovi: «È un diritto umano del bambino conoscere i propri genitori e, per quanto possibile, essere accudito da loro».
In ultimo, la dichiarazione afferma: «La libertà di opinione e di coscienza e la libertà religiosa sono per noi valori centrali ed essenziali»; ed è proprio all'interno di questa libertà che «crediamo che anche la nostra voce meriti di essere ascoltata», prosegue l'intervista. Senza far mistero che «le autorità governative e le istituzioni pubbliche abusino del loro mandato e del loro potere quando cercano di costringere cittadini e organizzazioni ad adattarsi alla "teoria queer" riguardo al genere, alla sessualità e al matrimonio» è ancor più urgente il ruolo della Chiesa nell'«affermare la preziosità della vita la preziosità della vita di ogni persona in cui vogliamo riconoscere una sorella, un fratello, un potenziale amico, vedendola, per quanto possibile, come la vede Dio, cioè con immensa speranza», conclude il vescovo Varden.
18 SEP. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7928
COSA SAREBBE SUCCESSO CON LA LEGGE ZAN di Alessia Battini
Ne avevamo già parlato, e purtroppo siamo ancora qui... Ricordate l'insegnante irlandese costretto a 400 giorni di detenzione in carcere per essersi opposto all'utilizzo dei pronomi gender nella sua classe? Ebbene, lo scorso lunedì 2 settembre è stato nuovamente condannato alla reclusione dal tribunale di Dublino dopo essersi rifiutato di rispettare un'ordinanza che gli vietava di avvicinarsi alla Wilson's Hospital School, la scuola dove insegnava.
Per lo stesso motivo era già stato incarcerato nel settembre 2022, dopo essere stato sospeso dal consiglio scolastico dell'istituto nel maggio dello stesso anno per essersi rifiutato di usare il nuovo nome di uno studente che si era dichiarato trans e che pretendeva anche l'utilizzo del pronome "loro", non identificandosi in un genere preciso. È stato poi rilasciato dopo tre mesi e nuovamente incarcerato con l'accusa di oltraggio alla corte nel settembre 2023.
Dopo il rilascio lo scorso giugno, corrispondente all'inizio delle vacanze estive, nel recente periodo di ripresa delle lezioni, il professore Enoch Burke ha continuato a presentarsi a scuola e, intervistato da Sky News, ha dichiarato di essere ancora pagato dall'istituto e che si era recato lì per svolgere il suo dovere di insegnante. Alla domanda del giornalista sul perché non volesse rispettare l'identità transgender dello studente ha semplicemente risposto: «Io insegno a tutti gli studenti che sono nella mia classe, senza fare distinzioni. Ma quando mi impongono di fare qualcosa che va contro le mie convinzioni religiose obbligandomi a sostituire una nuova ideologia con i valori della mia fede, sulla base dei quali esistono solo due generi, allora si stanno violando i miei diritti».
Dopo queste dichiarazioni la scuola si è nuovamente rivolta all'Alta Corte di Dublino, dove lunedì si è svolta l'udienza che si è conclusa con la nuova - ed ennesima - condanna alla reclusione di Enoch Burke, che ha dichiarato: «Detesto la prigione, è un posto orribile dove perdi la tua libertà. Sei costretto a passare 18 ore al giorno chiuso in una stanza».
Intanto, il caso ha assunto un rilievo internazionale, e l'insegnante irlandese è diventato un simbolo dell'attuale battaglia tra l'ideologia progressista cosiddetta "woke" e la difesa dei valori tradizionali. Le opinioni nel Paese sono divise: chi sostiene l'effettiva lesione dei diritti costituzionalmente garantiti del professore, in particolare del suo diritto alla libertà religiosa, e chi al contrario considera il suo comportamento inaccettabile, sia a scuola sia in tribunale.
Il caso, inoltre, rischia di diventare un pericoloso precedente, non solo in Irlanda ma in tutta la nostra società occidentale, poiché in nome dell'ideologia si legittimano queste gravissime lesioni alla libertà personale. In Italia siamo riusciti a schivare il tentativo del Parlamento di approvare la proposta di Legge Zan, che avrebbe avuto effetti disastrosi come quelli che stiamo vedendo verificarsi in Irlanda e in altri Paesi, come gli Stati Uniti, dove la dittatura del pensiero unico si è affermata da tempo anche sul piano legislativo. Pensiamo, ad esempio, alla legge irlandese che vieta di pregare, anche silenziosamente, vicino alle cliniche per gli aborti, pena sempre la detenzione in carcere.
Qualcuno considera Burke un martire della causa, lui non si è mai considerato tale, ma sicuramente è una persona con un grande coraggio e un'immensa forza di volontà, oltre che una profonda fede. Una persona che è disposta a rischiare la prigione, la gogna pubblica e il divieto di continuare a svolgere il mestiere che ama, pur di continuare ad affermare la verità. Una grande ispirazione per ognuno di noi.
30 JUL. 2024 · VIDEO: Elon Musk: "Ho perso mio figlio a causa del gender" ➜ https://www.youtube.com/watch?v=5CywMj2wXco&list=PLolpIV2TSebV77TepqE_q5EwBUVyPvMmw
VIDEO: DETRANSITIONERS - Giovani che si pentono della transizione ➜ https://www.youtube.com/watch?v=z-jQkoYHmUQ&list=PLolpIV2TSebV77TepqE_q5EwBUVyPvMmw
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7866
ELON MUSK CHOC: LA TRANSIZIONE DI GENERE HA UCCISO MIO FIGLIO di Fabio Piemonte
C'è un virus che "uccide" i giovani. Un virus che ha "ucciso" il figlio di Elon Musk, come lo stesso miliardario ha denunciato nel corso di un'intervista rilasciata allo psicologo Jordan B. Peterson, sul portale di informazione DailyWire.
Stiamo parlando della cultura woke che, in particolare tramite la transizione di genere per i giovani, si annida nelle loro menti e di fatto li annienta, come un vero e proprio virus e come è accaduto a Xavier, uno dei figli di Elon Musk, che oggi si fa chiamare con il suo cosiddetto "nome di elezione", ovvero Jenna.
Il patron di Tesla ha raccontato il dramma del figlio - e il suo in quanto genitore -, denunciando che «vi sono adulti che manipolano i bambini che stanno attraversando una vera e propria crisi d'identità, facendogli credere di appartenere al genere sbagliato. È malvagio, si tratta di bambini che sono molto al di sotto dell'età del consenso. È davvero mutilazione e sterilizzazione di bambini». Non usa mezzi termini il proprietario di Tesla e SpaceX il quale è tornato a parlare di ideologia di genere, un tema di scottante attualità, data la recente approvazione di un disegno di legge in California per il divieto di notifica ai genitori da parte delle scuole in caso di 'transizione sociale' dei loro figli, e che lo tocca da molto vicino, dal momento che suo figlio questo passo l'ha purtroppo già compiuto.
«Sono stato sostanzialmente ingannato a firmare documenti per uno dei miei figli più grandi, Xavier. Questo è successo prima che capissi cosa stesse succedendo e durante la pandemia in corso, per cui c'era molta confusione. Mi è stato detto che Xavier avrebbe potuto suicidarsi». A tal proposito il suo intervistatore, il dottor Peterson, conferma l'infondatezza di tali timori, ribadendo infatti che «non ci sono mai state prove al riguardo e che se c'è un tasso di suicidio più alto i motivi sono la depressione e l'ansia, non la disforia di genere. Questo ogni medico lo sa, ma sono troppo codardi per dirlo apertamente».
«Sono stato ingannato - ha proseguito Musk - e non mi è stato mai spiegato che i bloccanti della pubertà sono in realtà solo farmaci sterilizzanti. Così ho perso mio figlio. Lo chiamano 'deadnaming' per un motivo, ossia perché tuo figlio è morto, quindi mio figlio Xavier è morto, ucciso dal virus della cultura woke. È incredibilmente malvagio, quanti promuovono tali trattamenti di terapie affermative di genere dovrebbero andare in prigione», ha tuonato infine Musk, manifestando nel contempo la propria ferma volontà di combattere strenuamente cancel culture e ideologia di genere che stanno continuando a mietere tante vittime, profittando subdolamente della condizione di particolare vulnerabilità che i giovani attraversano, in specie durante la fase dell'adolescenza, nel lento e faticoso processo di strutturazione e consolidamento del proprio Sé.
19 JUN. 2024 · VIDEO: Alfred Kinsey ➜ https://www.youtube.com/watch?v=pk9x6c01FZc&list=PLolpIV2TSebV77TepqE_q5EwBUVyPvMmw
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7830
DALLA SCALA KINSEY ALLA SIGLA LGBTQI+ di Gelsomino Del Guercio
Alla base dell'ideologia del gender, e spesso usati come supporto scientifico, stanno i Rapporti Kinsey, dal nome dello scienziato americano Alfred Charles Kinsey, il quale condusse esperimenti sul comportamento sessuale delle persone.
I Rapporti Kinsey sono due volumi intitolati "Il comportamento sessuale dell'uomo" e "Il comportamento sessuale della donna", pubblicati rispettivamente nel 1948 e nel 1953 negli Stati Uniti da Alfred Charles Kinsey e dai suoi collaboratori. I due rapporti furono l'esito di una ricerca finanziata sin dal 1940 dalla Rockefeller Foundation. I dati furono raccolti essenzialmente con interviste, strutturate in modo da mantenere confidenziali i contenuti.
Le ricerche sostenevano che: i maschi, specialmente i ragazzi, si masturbavano con grande frequenza (92%); che il sesso prematrimoniale ed extraconiugale era molto comune; che il sadomasochismo è ritenuto stimolante da più della metà del campione; che un terzo degli uomini aveva avuto un rapporto omosessuale; che i bambini anche di età prescolare hanno la capacità di provare un orgasmo.
Kinsey introdusse una nuova scala di valutazione che sostituiva le tre categorie fino ad allora accettate di eterosessualità, bisessualità e omosessualità. La Scala Kinsey misura infatti il comportamento sessuale assegnando valori che vanno da 0 a 6, dove 0 sta ad indicare un comportamento totalmente eterosessuale e 6 un comportamento totalmente omosessuale. Con 1 considera un individuo in prevalenza eterosessuale e solo occasionalmente omosessuale. Con 2 un individuo di solito eterosessuale ma più che occasionalmente omosessuale. Con 3 un individuo equamente omosessuale che eterosessuale, e così via. Fu inoltre creata una particolare categoria, X, per indicare coloro che sono privi di desiderio sessuale.
CAMPIONE MANIPOLATO
Ma chi era Alfred Kinsey? Ce lo ricorda lo psicologo Roberto Marchesini che scrive: «Kinsey ha manipolato il campione di individui intervistato per ottenere quei dati. Il celebre psicologo Abraham Maslow, saputo delle ricerche che Kinsey stava conducendo, volle incontrarlo per confrontarsi con lui. Una volta compreso il metodo d'indagine di Kinsey, Maslow mise in guardia l'entomologo dal "volunteer error", ossia dalla non rappresentatività di un campione composto esclusivamente da volontari per una ricerca psicologica sulla sessualità».
«Kinsey decise di ignorare il suggerimento di Maslow e di proseguire nella raccolta delle storie sessuali di volontari. Oltre a questo, circa il 25% dei soggetti maschi intervistati nella sua ricerca erano detenuti per crimini sessuali; l'unica scuola superiore presa in considerazione per la ricerca fu un istituto particolare nel quale circa il 50% degli studenti avevano contatti omosessuali; tra i soggetti erano presenti anche un numero sproporzionato di "prostituti" maschi (almeno 200); tra gli omosessuali vennero contati anche soggetti che avevano avuto pensieri o contatti casuali, magari nella prima adolescenza; infine, nel calcolare la percentuale di omosessuali, Kinsey fece sparire – senza darne spiegazione – circa 1.000 soggetti» (lanuovabq.it, 11 febbraio 2013). Non un caso, sicuramente, dato che lo stesso Kinsey non disdegnava i rapporti omosessuali.
Ma agli errori metodologici vanno aggiunti gli "orrori" materiali e teorici di cui Kinsey si rese responsabile. L'aspetto però più inquietante di questo personaggio riguarda gli esperimenti sessuali condotti su bambini: «Nel paragrafo intitolato "L'orgasmo nei soggetti impuberi" (pp. 105 – 112) del primo Rapporto Kinsey descrive i comportamenti di centinaia di bambini da quattro mesi a quattordici anni vittime di pedofili.
In alcuni casi, Kinsey e i suoi osservarono (filmando, contando il numero di "orgasmi" e cronometrando gli intervalli tra un "orgasmo" e l'altro) gli abusi di bambini ad opera di pedofili: "In 5 casi di soggetti impuberi le osservazioni furono proseguite per periodi di mesi o di anni [...]" (p. 107); ci furono anche bambini sottoposti a queste torture per 24 ore di seguito: "Il massimo osservato fu di 26 parossismi in 24 ore, ed il rapporto indica che sarebbe stato possibile ottenere anche di più nello stesso periodo di tempo" (p. 110).
SESSO TRA BAMBINE E ADULTI
Nel secondo Rapporto esiste un paragrafo intitolato "Contatti nell'età prepubere con maschi adulti", nel quale vengono descritti rapporti sessuali tra bambine e uomini adulti, ovviamente alla presenza di Kinsey e colleghi. Le osservazioni condotte inducono Kinsey a sostenere che: "Se la bambina non fosse condizionata dall'educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi [contatti sessuali con maschi adulti], la turberebbero. È difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall'educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell'avere contatti sessuali ancora più specifici"».
L'opinione pubblica ed alcuni gruppi religiosi, scrive psicolinea.it, accusarono Kinsey di fare pornografia nel modo più subdolo possibile, per aggirare le norme condivise sul buon costume, chiamando queste produzioni oscene 'scienza'. In particolare erano messe sotto accusa le sue 'ricerche fisiche' in cui le persone compivano atti sessuali, che venivano osservati, analizzati e registrati a livello statistico in tutti i loro particolari.
Oltre tutto, Kinsey era un pervertito. Da come lo descrive James Jones, un collaboratore del gruppo di Bloomington, nella sua biografia, egli aveva anche tendenze sadomasochiste ed esibizionistiche. A detta di Jones, Kinsey aveva "una metodologia ed un modo di raccogliere casi che garantiva all'autore di trovare esattamente ciò che voleva trovare".
Kinsey, si legge sempre su psicolinea.it, veniva accusato di essere preda delle sue compulsioni sessuali nel fare ricerca, poiché spesso partecipava direttamente alle riprese (nudo dal collo in giù) e filmava addirittura sua moglie mentre si masturbava (si dice contro il volere di lei).
Kinsey, si diceva, era ossessionato dai comportamenti omosessuali e per questo passava ore ed ore ad osservare documenti pornografici e rapporti sessuali, girati nelle zone malfamate di Chicago e New York, nei carceri e nelle case di appuntamento.
12 JUN. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7825
CANNES, LA MIGLIORE ATTRICE E' UN UOMO... IN EFFETTI, SE LI HA CONVINTI, RECITA BENE di Raffaella Frullone
Dopo i concorsi di bellezza e le gare di atletica, poteva forse il cinema rimanere indietro nell’ormai diffusissima arte di premiare gli uomini in competizioni femminili? Certamente no. In nome della fluidità, e della parità di genere ovviamente. Non si vedono manifestazioni femministe contro questa che altro non che l’usurpazione da parte di un uomo di un premio femminile.
Ma passiamo ai fatti. Siccome ormai "i generi " ormai tantissimi, e soprattutto non sono mai binari, e ci si può percepire come si vuole e quanti si vuole, a Cannes hanno voluto esagerare. Così la miglior attrice sono quattro persone? Che c’è di strano? Se una persona può farsi chiamare con il pronome "they ", ossia "loro ", perché il Festival del Cinema non può decidere che una donna sono in realtà quattro? Dunque il premio è stato assegnato - a pari merito, s’intende, per non far torto a nessuno, o a nessuna, o a nessun* - a Zoe Saldana, Selena Gomez, Adriana Paz Carlos Sofia Gascon, in arte Karla. Ossia l’attrice che non è un’attrice, ma un attore. Cosa che però non si può dire, al massimo si può dire che "è trans " ossia una persona che "si percepisce di un sesso diverso rispetto a quello biologico ".
Dire che è un uomo sarebbe "discriminazione " e noi non siamo persone che discriminano, siamo persone perbene, leggiamo anche il principale quotidiano italiano. Il Corriere della Sera che sulla vicenda mette in pagina un articolo dal titolo «Noi trans siamo persone», quasi si sente la voce incrinata dal pianto, e il tono grave (e si legge anche quello che non c’è scritto ossia "chiunque abbia qualcosa da obiettare, sta dicendo che i trans non sono persone ") Il pezzo inizia così: «Quando muove le mani, porta il polso all’indietro, aprendo le dita in modo molto femminile. Sorride: Le donne spagnole e italiane gesticolano in modo esagerato. Da Carlos a Karla. È la prima volta che un festival premia un’attrice transgender». Dunque per il Corriere è assolutamente normale che una persona si percepisca di sesso diverso, è normale assecondare il desiderio di esser chiamati al femminile e non c’è niente di strano nel premiare un uomo nella sezione miglior attrice, è tutto talmente normale che nel titolo non ci finiscono i meriti sul campo del vincitore, meno che meno aspetti riferibili alla cinematografia, no, l’articolo verte su un’unica cosa, la cosiddetta identità di genere di Gascon e racconta "la transizione ". «L’ho fatta tardi - spiega - nel 2018, a 46 anni, in Messico dove vivo. Ho aspettato fin troppo. Ne avevo veramente bisogno. Mia moglie mi chiese: e adesso cosa farai?». Sì perché Carlos è ma padre di una figlia, di tredici anni. Il Corriere gli chiede che rapporto ha con lei e Gascon risponde così «Ci adoriamo, sono suo padre, sua madre, ma sono anche sua amica». What else? Nel film ovviamente il premiato veste i panni di una persona che, oltre a voler cambiar vita, vuole "cambiar sesso", chi lo avrebbe mai detto. Eppure c’è stato un tempo in cui l’identità non era un orientamento sessuale, meno che meno una percezione e se qualcuno provava disagio nel suo corpo sessuato, veniva aiutato ad affrontarlo. Invece oggi si vuol dar l’illusione - dolorosa - che tutto sia possibile.
Anche Repubblica risponde prontamente all’appello dedicando al premio una pagina intera e un articolo dal titolo «Karla Sofía Gascón "La mia transizione è una battaglia vinta Ora sono felice "». Anche loro dove vanno a parare? Sulla "transizione " ovviamente. «Ha 52 anni, la sua transizione è avvenuta pochi anni fa. È stata difficile per tanti motivi, compresi quelli legali. È stata dura, ho iniziato il processo di transizione in Messico ma ho dovuto fare il percorso burocratico anche in Spagna: servivano nuovi documenti per me, per mia figlia, mi sono appellata a tutti gli uffici. Per me è stato un percorso di grande sofferenza. Ci sono stati momenti in cui mi sono chiesta se fossi necessaria in questo mondo, ho pensato anche di togliermi la vita "». Qui il colpo da maestro, fedele ad uno dei pilastri della teoria affermativa del genere secondo cui l’alternativa è tra "cambiare" genere o togliersi la vita. Tertium non datur.
E con questo spauracchio, chi ha il coraggio di dir qualcosa? Meglio limitarsi tutti dire che sì, il Re è vestito e sì, Karla una donna, anche perché se fosse un uomo reciterebbe davvero bene. Avrebbe convinto tutti. Meriterebbe un premio.
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "X, cisgender non gradito " spiega perché da maggio la parola "cisgender " è poco gradita sulla piattaforma di Elon Musk.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 11 giugno 2024:
Da maggio sulla piattaforma X di Elon Musk, l’ex Twitter, se un utente scrive un post con le parole "cisgender" e "cis ", in automatico appare questa scritta: «Questo post contiene un linguaggio che può essere considerato un insulto da X e potrebbe essere usato in modo dannoso in violazione delle nostre regole». Ma non c’è nessun divieto ad usare queste parole, ma solo un ammonimento.
Cisgender è un neologismo dell’ideologia LGBT che indica le persone che si riconoscono nel sesso a sua volta riconosciuto alla nascita. Insomma tutti noi, eccetto le persone transessuali. Musk dichiarò a tal proposito: «Le parole ‘cis’ o ‘cisgender’ sono da considerare insulti sulla piattaforma».
Musk ho voluto mandare un messaggio ben preciso: la normalità non deve essere ostaggio della grammatica arcobaleno, non deve apparire come una tra le possibili variabili naturali dell’identità sessuale.
Naturalmente questa sua decisione gli ha attirato gli strali della comunità LGBT. Il sito Washington Blade, sito di punta di gay e trans negli States, ha scritto a riguardo: «Elon Musk è ufficialmente un pericolo per la società. [...] Musk è noto per la sua transfobia». Il sito Wired, proLGBT, appunta: «X si fa sempre più discriminatoria».
La guerra sulle parole e la guerra per riconquistarsi la realtà.
29 MAY. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7810
IN SCOZIA PUOI FINIRE IN PRIGIONE SE AFFERMI CHE I SESSI SONO SOLO DUE di Matteo Delre
Non c'è nulla di più ideologico (dunque stupido) di una legge che inasprisce le pene per un fenomeno in calo. Questo accade in Scozia, dove i "crimini d'odio" sono calati del 2% nel corso di un anno. Ciononostante il governo in mano a Humza Yousaf fa passare una legge che allarga al massimo possibile il campo di applicazione di una legge già esistente relativa appunto ai reati di incitamento all'odio. La scusa, sempre valida, è che il calo registrato è causato non da un miglioramento della situazione, ma dal fatto che i crimini d'odio sanno nascondersi meglio, sanno camuffarsi e scorrere in modo carsico nella società. Dunque c'è il bisogno di una legge che permetta di stanare gli odiatori di professione là dove si nascondono.
Fin qui in realtà nulla di strano, se non fosse Yousaf ha pensato bene di rispolverare quell'Hate Crime Act che stava ad ammuffire in Parlamento dal 2021 e lo renderà esecutivo a partire da aprile. La legge, revisionata per l'occasione, oltre a inasprire ulteriormente le pene per i reati già previsti, in gran parte collegati al razzismo, introduce la nuova fattispecie del "incitamento all'odio" e la collega a praticamente tutto lo spettro di ciò che possiamo intendere come politicamente corretto. Dunque sarà reato "incitare all'odio", oltre che sulla base di questioni razziali, anche sulla base dell'identità transgender - oltre che di altri casi condivisibili come la disabilità.
REATO DI INCITAMENTO ALL'ODIO
Il problema è che il confine tra libera espressione della propria opinione (specie se critica) e il reato di incitamento all'odio è talmente sottile da non poter quasi essere identificato, soprattutto nel campo della sessualità. I molti in Scozia preoccupati per la tutela della libertà di espressione hanno cercato di aprire una linea di confronto con il governo, che a sua volta si è dichiarato disponibile, senza però dar alcun seguito concreto. In compenso ha lanciato una campagna propagandistica finalizzata a "spiegare" e promuovere il nuovo provvedimento, al centro del quale c'è Slobhian Brown, membro del partito Scottish National Party, che così si esprime: «Per quanti sono colpiti dall'odio e dal pregiudizio, gli effetti possono essere traumatici e cambiare la vita. Pur rispettando il diritto di ognuno alla libertà di espressione, nessuno nella nostra società dovrebbe vivere nella paura o sentirsi escluso». Si noti, in prima istanza, come l'incipit "pur rispettando..." contenga la stessa straordinaria carica di ipocrisia della formula "Non sono razzista ma...".
In seconda istanza va registrato come proprio alle presunte vittime del presunto odio che venga messa in mano, nell'ambito della campagna di propaganda, la testimonianza di quale impatto abbia avuto l'hate speech. Ed è qui che casca l'asino. Non solo quello scozzese, ma quello che trotta per tutto il mondo occidentale. Possiamo spendere centinaia di righe e pronunciare centinaia di migliaia di parole per analizzare il conflitto tra il concetto di "hate speech" e la libertà di espressione; possiamo riflettere se può ragionevolmente essere considerato reato il registrare ed esprimere ciò che la realtà fattuale rivela (ad esempio che esistono soltanto due sessi) e purtuttavia non toccheremmo che la superficie del problema. Per arrivare alla radice (e tagliarla) serve concentrarsi sulla improcedibilità di qualunque atto che venga definito esclusivamente da chi dichiara di averlo subito.
LA NEGAZIONE DELLA REALTÀ
Alla base di questo aspetto sta il "sentore", il vissuto personale, la percezione individuale. Che hanno la loro dignità, sono meritevoli del massimo rispetto, ma non possono e non devono essere la fonte unica, e nemmeno quella privilegiata, per la definizione di una fattispecie di reato. Lasciare che sia la presunta vittima o il suo personalissimo sentore a rendere fattuale la sussistenza di un crimine significa sovvertire dalle fondamenta un intero edificio giuridico costruitosi sul consenso di grandi pensatori e su un'evoluzione del pensiero che ha le sue origini nientemeno che in epoca romana antica. Lì sta il focolaio da cui si origina tutto, nelle leggi repressive come nelle modalità di raccolta delle statistiche ufficiali.
Basta riflettere un attimo su questo sovvertimento nella fonte delle informazioni diffuse nell'opinione pubblica, e che ne influenzano l'approccio generale alle varie questioni, così come nella costruzione delle leggi, specie quelle repressive, per rendersi conto che un ritorno alla normalità, o per lo meno la strada per evitare che la civiltà occidentale si sgretoli come un castello di sabbia, passa dalla netta interruzione di utilizzare il vissuto individuale o di gruppo per definire la realtà. Di questo si sono accorti anche diversi politici e osservatori scozzesi, che al di là della già gravissima inaccettabilità di principio, da buoni anglosassoni l'hanno messa giù molto concreta: come faranno le forze dell'ordine a correre dietro a tutti quelli che si sentiranno offesi da qualcosa, ascoltarli per capire se c'è un reato e perseguire chi l'ha commesso? La prospettiva, se davvero passerà l'Hate Crime Act, è uno vero diluvio di segnalazioni che travolgerà le forze dell'ordine. E i criminali comuni ringrazieranno.
Sullo sfondo di tutto questo si staglia anche la giganteggiante figura di J.K. Rowling, residente proprio in Scozia, da tempo iper-critica in particolare verso le istanze gender e Lgbt, ma proprio per questo da tempo oggetto di feroci attacchi e denunce. Può essere una mera speculazione, ma sulla decisione del governo scozzese potrebbero benissimo aver avuto effetto le pressioni di certe lobby, che darebbero qualunque cosa per abbattere la monumentale figura della scrittrice, che con questa legge rischia concretamente di essere incriminata. Lei, in ogni caso, se ne sta e se ne starà lì, ferma e salda su una delle sue ultime dichiarazioni, risalente al 2023: «passerò felicemente due anni in prigione se l'alternativa è una compressione della libertà di parola e la negazione forzata della realtà e dell'importanza dei sessi».
22 MAY. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7802
COME E' NATA LA BANDIERA DEI TRANSESSUALI
Robert Hogge da piccolo rubava la biancheria alla madre, poi si diede alle orge e inventò la bandiera trans (intanto nelle scuole del Regno Unito si propone ai 12enni masturbazione, sesso orale ed anale)
da Provita & Famiglia
La protesta di una madre ha fatto scoppiare un vero e proprio scandalo riguardo ai corsi di educazione sessuale e ai contenuti a dir poco scioccanti che vengono proposti nelle scuole del Regno Unito, che vanno dalla masturbazione e il sesso anale fino alla teoria gender.
Clare Page, una madre di 47 anni, ha tentato invano di conoscere i contenuti di educazione sessuale insegnati alla figlia in una scuola secondaria della capitale, il College Hatcham, dopo che la figlia quindicenne è tornata un giorno a casa spiegando di aver imparato che «l'eteronormatività è una brutta cosa» e che nei rapporti con ragazzi e ragazze bisogna essere «sex positive».
Page si è allarmata dopo che la charity alla quale è stata appaltata l'educazione sessuale, "School of Sexuality Education", che realizza corsi in oltre 300 scuole in tutto il paese, si è rifiutata di mostrare il materiale didattico, al pari della scuola.
Page ha quindi raccolto con una campagna di crowdfunding 14 mila sterline per fare causa, ma ha perso la sua battaglia: a metà giugno un giudice ha sentenziato che una madre non ha il diritto di conoscere che cosa viene insegnato a scuola ai suoi figli. Nonostante questo il caso ha fatto talmente scalpore che il premier Rishi Sunak ha ordinato una revisione urgente dei corsi Rse. Il rapporto sarà pubblicato il prossimo autunno.
Nel frattempo i giornali britannici hanno indagato autonomamente il contenuto dei corsi di educazione sessuale, rivelando dettagli a dir poco disturbanti. Secondo il Daily Mail, una delle lezioni suggerite dalla Sex Education Forum (Sef), una delle charity più importanti nel settore dell'educazione sessuale, prevede di parlare della "masturbazione" ai bambini di nove anni, invitandoli a compiere atti di auto-erotismo.
Uno dei libri più scaricati della charity Brook, intitolato "Vagina Matters" normalizza il sesso «prima della prima mestruazione» e ai giovani tra i 12 e i 14 anni consiglia anche di provare «la penetrazione della vagina o dell'ano con un pene o un sex toy e l'utilizzo della bocca e della lingua per stimolare i genitali del partner». Anche secondo un'inchiesta del Telegraph, a molti bambini di 12 anni viene chiesto a scuola dagli insegnanti che cosa pensano del sesso orale e anale, mentre ai ragazzini di 13 anni è insegnato che «ci sono 100 generi».
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Chi ha inventato la bandiera trans?" si parla di Robert Hogge che da ragazzo rubava la biancheria alla madre e poi si diede alle orge.
Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 marzo 2024:
Robert Hogge è colui che ha inventato la bandiera dei transessuali: due bande azzurre agli estremi (il colore maschile) poi due bande rosa (il colore femminile) e una bianca al centro («per coloro che sono in transizione o si considerano di genere neutro o indefinito», come ha spiegato lo stesso Hogge). Mr Hogge, che poi all'anagrafe divenne Monica Helms, dice di sé di essere "bigender", ossia che il suo cervello «fluttua tra più ruoli... A volte sono un uomo e una donna allo stesso tempo, oppure posso cambiare in un nanosecondo, per poi tornare indietro».
Hogge racconta che era un ragazzo problematico, che rubava la biancheria a sua madre, che amava sperimentare cose nuove nel sesso e travestirsi. Si sposò, poi divorziò, abbandonò moglie e figli e infine si diede alle orge. Nel 1999 ideò la bandiera trans.
14 MAY. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7794
IL FILM CHALLENGER APPLICA LA TEORIA DEL GENDER PER DIFFONDERE IL POLIAMORE
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Biden forza la costituzione, i figli confusi delle star, autocertificazione per cambio di sesso
da Gender Watch News
Challenger è un recente film di Luca Guadagnino in cui si narra la storia di tre tennisti professionisti: due uomini, Patrick Zweig e Art Donaldson, e una donna, Tashi Duncan. La vicenda è imperniata sullo scontro agonistico tra i due tennisti e sulla rivalità tra Patrick ed Art per conquistare il cuore di Tashi. Nel film c'è anche un bacio omosessuale tra i due uomini e altre scene che rimandano a suggestioni gay. La pellicola però è anche un inno al cosiddetto poliamore: infatti Tashi, negli anni, ha rapporti sia con Patrick che con Art, il quale tra l'altro sposerà.
L'azienda Lelo, produttrice di sex toys, ha condotto una indagine: dopo la visione di Challenger il 25% degli inglesi ha preso in considerazione di intraprendere una relazione poliamorosa. In particolare il 38% dei giovani crede che una relazione poliamorosa potrebbe soddisfare i suoi più intimi bisogni.
Kate Moyle, che ha condotto l'indagine, ha spiegato: «le statistiche mostrano che le persone sono più esplorative e aperte a provare modelli di relazione etici non monogamici». Ci domandiamo: chissà da dove deriva l'eticità di tali relazioni? «Il movimento per il benessere sessuale [esiste anche questo] sta incoraggiando le persone a trovare ciò che è giusto per loro, che potrebbe trovarsi al di fuori del modello di relazione a cui in precedenza sentivano di dover aderire. Mentre leggiamo, impariamo qualcosa, ascoltiamo, parliamo ed educhiamo, accade sempre più che integriamo e normalizziamo idee sul sesso e sulle relazioni che assumono forme diverse nelle nostre vite. Allora ci muoviamo gradualmente verso un luogo di maggiore accettazione».
La gender theory si salda, necessariamente, con il "poliamore", ossia, per uscire dal linguaggio assolutorio del politicamente corretto, con il nomadismo sessuale e l'adulterio. Questo perché la fluidità insegnata dal pensiero arcobaleno deve diventare bisessualismo e promiscuità sessuale, anche vissute contemporaneamente. La teoria del gender, si sa, predica la liquefazione delle presunte forme rigide dell'amore. Il poliamore dunque non è altro che una delle possibili declinazioni di questo principio dissolutore.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.
BIDEN FORZA LA COSTITUZIONE
«Il fatto che la Costituzione enumeri determinati diritti non potrà intendersi nel senso di negare o di deprezzare altri diritti che il popolo si sia riservato». Questo è il Titolo IX della Costituzione americana, titolo che il presidente Biden vuole applicare agli studenti transessuali al fine di permettere loro di accedere a servizi igienici e a spogliatoi non secondo il loro sesso biologico ma secondo il sesso percepito. Inoltre vuole permettere che i ragazzi trans possano gareggiare in competizioni femminili.
Contro questa deriva ideologica si sono opposti Florida, Texas, Louisiana, Mississippi, Montana e Idaho. Ad esempio il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha dichiarato: «La Florida rigetta il tentativo di riscrivere il Titolo IX. Non ci adegueremo e contrattaccheremo». Sulla stessa frequenza d'onda il commissario all'Istruzione della Florida, Manny Diaz Jr: «Anziché attuare le chiare direttive del Congresso tese a prevenire la discriminazione sulla base del sesso biologico, l'amministrazione Biden fa a pezzi gli statuti rendendoli irriconoscibili e tenta di spingere il Paese a credere che il sesso biologico non abbia più alcun significato».
Analoghe critiche da parte del governatore dello stato del Texas, Greg Abbott, critiche espresse in una lettera inviata a Biden. Abbott parla di un «maldestro tentativo di imporre convinzioni della sinistra tramite il Titolo IX. [Biden] ha riscritto il Titolo IX per costringere le scuole a trattare i ragazzi come fossero ragazze, e ad accettare qualsiasi identità di genere autodichiarata dagli studenti».
(Gender Watch News, 2 maggio 2024)
I FIGLI CONFUSI DELLE STAR
Il transessualismo impazza ad Hollywood tra i figli degli attori. Ad esempio La figlia della star di Sex and the City, Cynthia Nixon, ora si identifica come maschio. Jackson, figlio di Charlize Theron, le ha detto che dall'età di tre anni si sente femmina e così l'attrice lo tratta come una ragazza. L'All-Star dell'NBA Dwayne Wade insieme alla moglie sta crescendo il figlio Zaion come femmina, avendole cambiato pure il nome in Zaya. L'attore Khary Payton ha fatto sapere che sua figlia ora si chiama Karter. Seraphina Rose Affleck (nella foto), figlia dell'attore Ben Affleck, ora si presenta come un maschio e si fa chiamare Fin. Jennifer Lopez si riferisce alla figlia Emme con il pronome "loro", escamotage ormai usato da tempo per neutralizzare qualsiasi riferimento al sesso.
Come mai questa esplosione di casi di confusione sulla propria identità sessuale nei figli delle star? Potrebbero essere due le motivazioni. La prima si riferisce al fatto che la maggior parte dei Vip sono di impronta liberal, ossia progressisti e, tenuto conto della loro visibilità, devono per forza sposare le cause woke e nel modo più estremo possibile. Questa adesione ideologica non può che riverberarsi anche nella educazione dei figli.
In secondo luogo le relazioni familiari di queste star sono spesso segnate da divorzi, amanti multipli, pressioni dei media, esposizione dei social, etc. tutti fattori che incidono nella educazione dei figli in senso negativo.
(Gender Watch News, 17 aprile 2024)
AUTOCERTIFICAZIONE PER "CAMBIO" DI SESSO
In Germania venerdì scorso è stata varata una legge che permette alle persone transessuali di cambiare identità anagrafica tramite autocertificazione. Nel luglio del 2023 un tentativo di far passare questa legge era stato sventato dal Parlamento tedesco.
E dunque dal primo di novembre non servirà che prima la persona si sia sottoposta a trattamento chirurgico o psicologico, né una sentenza di un tribunale. Come fosse la residenza di casa.
Per i minori di 14 anni la richiesta dovrà essere fatta dai genitori. Per i ragazzi tra i 15 e i 18, la richiesta potrà essere presentata dai minori stessi, ma occorre il consenso dei genitori. Se questo manca il ragazzo potrà rivolgersi ad un tribunale. In Germania a 15 anni non sei abbastanza grande per guidare un'auto, né per acquistarla, ma lo sei per "cambiare" sesso.
E così grazie a questa legge un uomo, che anche di aspetto risulti essere mascolino, potrà presentarsi come donna. È uno dei vertici più significativi raggiunti dall'ideologia LGBT: il pensiero - voglio essere donna - diventa subito realtà. Io sono tutto quello che voglio, nel momento stesso in cui lo voglio. Basta il pensiero. In questa prospettiva la medicina e la burocrazia sono ostacoli da eliminare per non compromettere il delirio di onnipotenza.
(Gender Watch News, 16 aprile 2024)
3 ABR. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7744
UN SACERDOTE DICE CHE L'OMOSESSUALITA' E' PECCATO E IL GOVERNO FRANCESE LO DENUNCIA di Paola Belletti
L'Abate Matthiey Raffray è un sacerdote cattolico francese membro dell'Istituto del Buon Pastore, società di vita apostolica di diritto pontificio, istituita nel 2006 dalla Congregazione per il Clero, i cui sacerdoti celebrano la Santa messa secondo il messale del 1962. Dal 2021 è Assistente del Superiore Generale. Teologo, filosofo e professore presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, ha pubblicato diversi libri ed ha una significativa presenza sui social media.
Ciò che però lo ha condotto agli onori della cronaca non è questo curriculum di tutto rispetto, bensì l'azione legale che il governo francese ha intrapreso nei suoi confronti per aver dichiarato che l'omosessualità, non la tendenza in sé ma gli atti (ovvero ciò che la Chiesa insegna nel suo magistero) è peccato. Ne ha parlato in un video pubblicato qualche giorno fa sul suo profilo Instagram, seguito da 60000 utenti. La caption che accompagna il video spiega chiaramente il senso del contenuto che si può fruire e che si immagina rivolto principalmente ai fedeli cattolici:
«Gesù Cristo è il nostro Salvatore: viene a salvarci dai nostri vizi, dai nostri peccati, prendendosi cura delle nostre ferite interiori e fortificandoci per mezzo della sua grazia. Ma c'è bisogno innanzitutto che riconosciamo i nostri errori e le nostre debolezze: sì, siamo tutti peccatori!» Potrebbe essere l'apertura di qualsiasi catechesi o meditazione quaresimale nella quale potremmo imbatterci andando in parrocchia, ora non più con la stessa certezza statistica, a essere onesti. Peccato per gli hashtag, un po' più espliciti nell'indicare tra i molti vizi e peccati che possono ferirci e ostacolarci interiormente anche l'omosessualità. Ed è proprio questo riferimento che la sempre zelante sedicente comunità LGBTetc non ha lasciato passare senza appiccare i soliti roghi di commenti feroci, vittimistici, accusatori. Efficaci, purtroppo, al punto da ottenere l'avvio di un'azione legale a carico del sacerdote.
DIRE PUBBLICAMENTE QUELLO CHE LA FEDE CATTOLICA INSEGNA
La dichiarazione più pesante in risposta alla breve catechesi del noto Abate sono quelle niente meno del Ministro per l'uguaglianza di genere, la diversità e le pari opportunità, Aurore Bergé, che ha bollato le parole del presbitero cattolico come "inaccettabili" e, sempre via social, ha dato seguito a tanto sdegno istituzionale: «In un messaggio pubblicato su X, ha detto di aver "chiesto alla delegazione interministeriale per la lotta al razzismo, all'antisemitismo e all'odio anti-LGBT (DILCRAH) di segnalare la questione al pubblico ministero sulla base dell'articolo 40" del codice di procedura penale. Il DILCRAH ha preso atto del messaggio del ministro e ha confermato di aver "notificato il pubblico ministero dei commenti omofobi fatti dal signor Raffray sui suoi social network". Nel suo messaggio, la delegazione ha aggiunto: "Parlare di omosessualità come debolezza è vergognoso"».
Ciò che viene contestato al sacerdote è di dire pubblicamente quello che la fede cattolica insegna e non può smettere di fare perché farebbe un torto a sé stessa e al bene più grande che è in gioco (e non è un gioco!): la verità sull'uomo e la salvezza delle anime. Sì, siamo peccatori, capaci di peccare in molti modi; in nostro soccorso viene la Grazia del Signore. Guai però ricordare come le pratiche omosessuali siano parte dell'elenco dei possibili peccati, perché in questo modo si osa sfidare un dogma laicista ormai ritenuto indiscutibile: non l'accettazione delle tendenze omosessuali, ma la promozione, addirittura la nobilitazione dell'omosessualità vissuta e praticata.
OMOFOBIA
Fa sorridere il capo d'accusa perché l'inesistente, ma obbligatorio, termine pseudoscientifico di "omofobia" parla di paura; che paura può mai avere la Chiesa di Cristo di fronte al male se è l'unica a poter vantare a capo del proprio esercito il vincitore contro il principio di ogni male? Tant'è. In Francia e non solo lì ciò che è chiaramente sotto attacco è la morale cattolica e più a monte ancora la visione dell'uomo come creatura indebolita dal peccato e bisognosa di una salvezza che è entrata nella storia. Non si può dire, o meglio non si può dire "gratis".
In un'intervista al settimanale Famille Chrétienne lo stesso sacerdote sotto accusa ha dichiarato come questo ultimo attacco sia l'ennesimo tentativo di «intimidire l'insegnamento morale tradizionale della Chiesa cattolica: "È la moralità cristiana che è sotto attacco", ha spiegato, aggiungendo che non stava facendo altro che citare il Catechismo della Chiesa cattolica, e in particolare §2357: L'omosessualità si riferisce alle relazioni tra uomini o donne che sperimentano un'attrazione sessuale esclusiva o predominante per persone dello stesso sesso. Ha assunto forme molto diverse nel corso dei secoli e in culture diverse. Le sue origini psicologiche rimangono in gran parte inspiegabili. Sulla base della Sacra Scrittura, che la presenta come una grave depravazione, la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati"».
Nonostante altri procedimenti a carico di esponenti della chiesa cattolica in Francia siano finiti con un nulla di fatto, dal momento che non può essere considerato discriminatorio o incitante all'odio proporre gli insegnamenti della Chiesa in tema di moralità, questi episodi e i toni sempre più violenti addirittura assunti da cariche istituzionali confermano il clima di aperta ostilità nei confronti dei cristiani e di ciò che portano nel mondo. Ci si può chiedere, ancora una volta senza paura, chi spinge a odiare chi? Ma siamo cristiani, a certe cose siamo stati istruiti dal più Alto in carica.
Gender, gay pride, movimento LGBTQIecc. hanno conquistato tutti gli spazi possibili e immaginabili: come possiamo difenderci da questi attacchi alla legge naturale (e al buon senso)?
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Autor | BastaBugie |
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