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Il giornalista Riccardo Cascioli, direttore de "La nuova Bussola Quotidiana", apre uno squarcio sull'Italia di oggi dando una chiave di lettura originale dell'attualità
7 MAY. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7788
CINA INAFFIDABILE, MA PER IL VATICANO L'ACCORDO VA RINNOVATO di Riccardo Cascioli
La Santa Sede è intenzionata a rinnovare l’accordo segreto stipulato con la Cina nel 2018 e poi rinnovato ogni due anni. Lo ha detto il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, rispondendo per iscritto a una domanda del corrispondente a Roma di LifeSiteNews, Michael Haynes.
L’accordo scade in ottobre, e - ha detto il cardinale Parolin - «noi speriamo di rinnovarlo». E al proposito, ha aggiunto, «su questo punto stiamo dialogando con i nostri interlocutori».
Sulla volontà della Santa Sede di andare avanti malgrado il regime comunista cinese si sia dimostrato inaffidabile non c’era da dubitare, visto come è andata in questi sei anni; ma la dichiarazione del Segretario di Stato vaticano è comunque importante. È vero, mancano ancora diversi mesi prima di una decisione ufficiale, ma dopo due rinnovi biennali, quest’anno è attesa l’ultima parola sull’accordo: o diventa definitivo o si lascia cadere.
E tutto lascia supporre che, a meno di clamorosi colpi di scena, si vada verso la definitività: la Santa Sede ha già accettato di tutto - compreso l’inaccettabile - pur di arrivarci; il governo cinese a queste condizioni ha solo da guadagnarci, perché può procedere con l’annientamento della Chiesa cattolica con l’avallo vaticano.
La questione non riguarda solo la nomina dei vescovi che - ha sempre detto la Santa Sede - è il tema centrale dell’accordo segreto, ma il processo di sinicizzazione della Chiesa cattolica che il regime persegue almeno dal 2015 e che diventa sempre più soffocante oltre che ormai esteso anche alla Chiesa di Hong Kong.
IL REGIME COMUNISTA DECIDE E IL PAPA DÀ L’ASSENSO
Anche se all’inizio di quest’anno sono stati nominati tre vescovi - Thaddeus Wang Yuesheng per Zhengzhou, Anthony Sun Weniun per la nuova diocesi di Weifang, Peter Wu Yishun per la prefettura apostolica di Shaowu - con l’approvazione del Papa e quindi formalmente secondo gli accordi Cina-Vaticano, nella sostanza appare chiaro che il meccanismo funziona così: il regime comunista decide e il Papa dà l’assenso.
Inoltre, pur volendo considerare un fatto positivo la nomina dei tre vescovi con il consenso vaticano, l’applicazione di questa parte dell’accordo non ferma affatto la persecuzione di sacerdoti e vescovi che non accettano la subordinazione al Partito Comunista: ad esempio all’inizio di gennaio, quasi in contemporanea con le tre nomine episcopali succitate, è stato arrestato per l’ennesima volta monsignor Peter Shao Zhumin, vescovo di Wenzhou, non riconosciuto dal governo, reo di non volere aderire all’Associazione Patriottica dei cattolici cinesi (APCC), lo strumento usato dal regime per "guidare" la Chiesa cattolica. Ma episodi del genere così non si contano, così come ostacoli vari frapposti alla partecipazione alle celebrazioni eucaristiche.
Ma l’aspetto più rilevante è il fatto che il regime cinese, per qualsiasi atto riguardante la Chiesa cattolica, mai menziona la Santa Sede e il Papa, tantomeno gli accordi. Un aspetto messo bene in rilievo da un recente e illuminante articolo del missionario del Pime padre Gianni Criveller, direttore editoriale di Asia News. È quello che accade in occasione dell’annuncio delle nomine dei vescovi, ma «il silenzio sul ruolo di Roma» è ancora più evidente nel "Piano quinquennale per la sinicizzazione del cattolicesimo in Cina (2023-2027)", approvato il 14 dicembre scorso dalla Conferenza dei vescovi cattolici e dall’Associazione Patriottica (organismi entrambi sotto il controllo del Partito Comunista).
Composto dall’equivalente di 3mila parole, diviso in quattro parti e 33 paragrafi, il Piano, dice padre Criveller, «non nomina mai il Papa e la Santa Sede; né l’accordo intervenuto tra il Vaticano e la Cina. Il leader Xi Jinping è invece nominato quattro volte. Cinque volte viene ribadito che il cattolicesimo deve assumere "caratteristiche cinesi". La parola "sinicizzazione" la fa da padrona: ricorre ben 53 volte». Con sinicizzazione si intende ovviamente la totale subordinazione della Chiesa alle direttive del Partito Comunista.
L’ABBRACCIO CON IL REGIME COMUNISTA
Non è solo una questione di frequenza delle parole, ad essere significativa è «la fermezza e la perentorietà del linguaggio». «Come se non ci fosse stato - scrive padre Criveller - nessun dialogo e nessun riavvicinamento con la Santa Sede; come se il riconoscimento dato dal Papa a tutti i vescovi cinesi non contasse niente; come se non ci fosse un accordo tra la Santa Sede e la Cina che offre al mondo l’impressione che il cattolicesimo romano abbia trovato ospitalità e cittadinanza in Cina».
A fronte di questo atteggiamento del regime cinese che evidentemente va dritto per la sua strada, che prevede il totale asservimento della Chiesa alle direttive e alle esigenze del Partito Comunista, la posizione della Segreteria di Stato vaticana appare incomprensibile.
Un conto è l’arte della diplomazia, che deve procedere anche per piccoli passi, altra cosa è sacrificare la verità e anche i fedeli cattolici a logiche che sono essenzialmente politiche. È sotto gli occhi di tutti il fatto che per mantenere viva la possibilità di un accordo con il regime cinese, la Santa Sede e il Papa tacciono ormai da anni sull’inasprimento della persecuzione anti-cattolica in Cina, né una parola viene spesa per i cattolici di Hong Kong, sempre più nel mirino anche grazie alla nuova famigerata legge sulla sicurezza nazionale. E ricordiamo che a Hong Kong è stato arrestato e ora è ancora sotto processo il vescovo emerito cardinale Joseph Zen; mentre da tre anni sta scontando il carcere duro l’imprenditore cattolico (convertito) Jimmy Lai, editore di un quotidiano critico con Pechino (e ora chiuso), che in un altro processo in corso rischia addirittura l’ergastolo.
La ragion di stato non può giustificare questo silenzio scandaloso che condanna alla persecuzione vescovi, preti e laici fedeli alla Chiesa. Vescovi, preti e laici che già hanno pagato cara la loro fedeltà alla Chiesa e oggi si vedono abbandonati anche da Roma. La determinazione con cui il cardinale Parolin - che su questo ha tutto il sostegno del Papa - sta guidando la Santa Sede all’abbraccio con il regime comunista è preoccupante. E le conseguenze non riguardano soltanto la Chiesa cinese.
24 ABR. 2024 · VIDEO: Le parole della Boccia sull'aborto ➜ https://www.youtube.com/watch?v=oSHuvgYjE40&list=PLolpIV2TSebVzYmc5B11R08Qd2ib0ZEgL
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7776
CASO BOCCIA, DA DIRITTO L'ABORTO E' DIVENTATO UN DOVERE di Riccardo Cascioli
Le polemiche più infuocate di questi giorni hanno il loro epicentro nella trasmissione serale di Rai 3 Che sarà, condotta da Serena Bortone. Ma mentre sul caso Antonio Scurati - lo scrittore a cui è stato bloccato il monologo sul 25 aprile - la conduttrice si ribella e rivendica il diritto di leggere in diretta il pensiero (se così si può definire) di Scurati, sul caso Incoronata Boccia ha fatto calare un imbarazzato silenzio.
Cosa ha fatto Incoronata - detta Cora - Boccia, che tra l'altro è vice-direttrice del Tg1? Semplicemente nel corso di uno scambio tra diverse ospiti, ha detto che l'aborto è un delitto e non un diritto: «Lungi da me giudicare persone e storie - ha detto -, si giudica il principio: stiamo scambiando un delitto per un diritto».
Apriti cielo, piovono critiche feroci da tutte le parti, giudizi di indegnità a ricoprire un incarico importante nella tv di Stato, dal Pd si arriva fino alla richiesta di dimissioni. Ovviamente sono gli stessi che con la stessa violenza denunciano la censura per il monologo di Scurati.
Tutto ampiamente prevedibile, anche Cora Boccia lo aveva previsto, come ha detto in una successiva intervista in cui ha comunque confermato quello che ha detto in tv «parola per parola».
Quindi un doppio applauso a Cora Boccia, che ha avuto il coraggio di affermare la verità e di non rimangiarsela dopo gli attacchi personali. E merito ulteriore perché sapeva già in partenza che non sarebbe stata difesa neanche dai politici di centro destra: «Anche la politica ha paura di dire che l'aborto è un omicidio», aveva infatti detto in tv. E così infatti è: ci si è fermati al massimo a difendere il diritto a esprimere le proprie opinioni, ma senza entrare nel merito, anzi preoccupandosi di dire che la Legge 194 non si tocca.
Eppure ciò che ha detto la vice-direttrice del Tg1 è esattamente il punto vero della questione: l'aborto è un omicidio. È un dato evidente, una realtà che si impone se si guarda al fatto in sé: oggi, con la tecnologia e le conoscenze che abbiamo a disposizione, nessuno può dire seriamente che non si tratta di una vita, che è soltanto un grumo di sangue.
LA FORZA E LA VIOLENZA DELL'IDEOLOGIA
E allora come accade che sia un argomento tabù, che chi afferma questa evidenza è trattato come un marziano, ridicolizzato ed espulso dal consesso delle persone civili?
È la forza e la violenza dell'ideologia, che occulta la realtà spostando l'attenzione altrove, in questo caso sulla donna: il dramma della donna, la libertà della donna, il diritto della donna. Già, cose in teoria anche legittime, ma non è la donna la principale protagonista della vicenda. È il bambino, cioè la vittima sacrificale. In tutti i discorsi sull'aborto e sulla 194 è il grande assente, si parla solo della donna. E della donna in astratto, si potrebbe dire; perché ad esempio non si parla mai delle donne che hanno avuto l'aborto e si portano dietro il dramma - questo sì - di aver fatto fuori il proprio figlio. Non si parla mai del grande peso che le donne si trascinano tutta la vita per aver rifiutato quel figlio. Ogni tanto qualche caso personale affiora, come recentemente è capitato con Simona Ventura, ma resta confinato a qualche programma di confessioni personali, ma nei grandi dibattiti non è mai un tema di discussione.
E si capisce, l'ideologia non può ammettere sconfinamenti nella realtà. Ed è per questo che è violenta; è necessariamente violenta. Se chi comanda decide che il cielo è verde, per forza dovrà tagliare la testa a chiunque alza il capo: potrebbe esclamare innocentemente "ma io lo vedo azzurro!" e tutto il castello di menzogne crollare. È quello che accade anche con il gender o con i cambiamenti climatici: il Potere stabilisce una verità e tutti devono convincersi che sia così, anche se la realtà quotidiana dimostra esattamente il contrario.
Così è per l'aborto. Per il Potere non c'è minaccia più grande che affermare con innocenza, osservando la realtà, che si tratta di un omicidio. Per questo reagisce con tanta violenza e impone la sua legge assoluta.
L'ABORTO IN ITALIA È UN DIRITTO
Fino a stravolgere il senso stesso delle leggi. È vero, l'aborto in Italia è un diritto, checché ne dicano tanti cattolici. Anche se nella Legge 194 non si afferma espressamente questo diritto, è chiaro che se lo Stato - attraverso l'azienda ospedaliera - ha il dovere, a certe condizioni, di garantire l'aborto a chi lo richiede, vuol dire che dall'altra parte c'è un diritto soggettivo.
Ma oggi si sta andando oltre, dal diritto si sta passando al dovere: la donna in difficoltà "deve" scegliere l'aborto. Altrimenti non si spiega questa insurrezione contro l'emendamento che prevede l'ingresso di personale pro-life nei consultori, peraltro previsto dalla 194. Se fossero davvero per la scelta della donna, si dovrebbero rallegrare per il fatto che nel consultorio la donna avrebbe la possibilità di valutare tutte le opzioni. Che scelta è se c'è solo una opzione? Così non dovrebbero avere nulla da obiettare a che la donna possa ascoltare il battito del cuore del bambino che ha in grembo, per esprimere un vero consenso informato. Ma non è la libertà e il diritto quello che si vuole. L'aborto sta diventando un dovere: per le donne in difficoltà e per coloro che scoprono di avere un bambino con malformazioni.
La semplice realtà è che la nostra società sta scivolando nel totalitarismo, e soltanto il rifiuto della menzogna può invertire la tendenza. L'aborto è un omicidio, la Legge 194 è quella che lo ha introdotto in Italia (purtroppo fin qui non c'è arrivata neanche la Boccia, vedi intervista al Giornale). Perciò chi continua a difendere la 194 - attivamente o non giudicandola per quello che è - vive nella menzogna.
16 ENE. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7670
LA CRISI GENERA SCISMI: COME QUELLO DI MONSIGNOR VIGANO' di Riccardo Cascioli
La voce girava già da qualche mese e ora la notizia è stata rilanciata da alcuni siti tradizionalisti: monsignor Carlo Maria Viganò è stato ri-consacrato vescovo da monsignor Richard Williamson, il vescovo inglese ordinato illecitamente da monsignor Marcel Lefebvre nel 1988 e poi espulso dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) nel 2012. Da allora Williamson, che è scomunicato, si è dedicato alla fondazione di una rete di gruppi che invitano alla Resistenza contro ogni tentativo di normalizzare i rapporti con la Chiesa cattolica romana.
La ri-consacrazione episcopale di monsignor Viganò, "sub condicione", significa che l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti si è convinto della tesi (dapprima sostenuta e poi rifiutata da Lefebvre) che tutti i sacramenti amministrati dopo la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II siano "dubbi", ovvero non sarebbe certa la loro validità a causa delle deviazioni dottrinali operate dal Concilio stesso.
Malgrado ci sia qualche smentita che circola online, diverse fonti ci hanno confermato questo passo "scismatico" di monsignor Viganò. E lui stesso, interpellato dalla Bussola con una mail, non ha voluto smentire la notizia, dichiarandosi solo stupito dal nostro interesse attuale per le sue vicende personali. Se dunque fosse confermata ufficialmente la notizia, in questo modo monsignor Viganò sarebbe scomunicato latae sententiae.
Questo passo di monsignor Viganò, per quanto clamoroso, non è certo un fulmine a ciel sereno: diventato improvvisamente famoso nell'agosto 2018 con la denuncia pubblica contro papa Francesco, accusato di aver coperto il cardinale pluri-abusatore Theodore McCarrick pur conoscendo la gravità dei fatti che lo riguardavano, il vescovo Viganò ha via via allargato l'orizzonte delle sue critiche: certamente ecclesiali - all'intero pontificato di Francesco, ai suoi predecessori, fino al sostanziale rifiuto del Concilio Vaticano II -, ma anche politiche ed economiche cercando addirittura di mettersi alla testa di un movimento internazionale anti-globalista. Con toni sempre più accesi e giudizi sempre più duri («Papa Francesco falso pastore e servo di Satana», ha detto venti giorni fa a proposito del via libera alle benedizioni delle unioni gay), Viganò ha accompagnato le parole con l'azione tessendo una rete di rapporti culminata nel maggio scorso nell'annuncio ufficiale della nascita di un'associazione da lui patrocinata, Exsurge Domine. Obiettivo dichiarato: fornire assistenza economica e logistica a sacerdoti e religiosi vittime di provvedimenti vessatori da parte dei propri vescovi o superiori, fenomeno che in questo pontificato è diventato decisamente diffuso.
LA VERITÀ DIETRO LA FACCIATA
In realtà dietro questa facciata che sa di "soccorso bianco" ecclesiastico, si celano anche manovre economiche e immobiliari poco trasparenti, che coinvolgono anche una ex Società di vita apostolica, Familia Christi, prima commissariata e poi sciolta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel dicembre 2019, e le monache benedettine di Pienza (monastero "Maria Tempio dello Spirito Santo") protagoniste di una vertenza con l'arcivescovo di Siena, il cardinale Augusto Paolo Lojudice.
Torneremo con altri articoli su questa vicenda, che merita di essere approfondita, ma qui è importante comprendere come Exsurge Domine si presenti come un tentativo di consolidare e istituzionalizzare quella rete di resistenza anti-Francesco che ha visto Viganò negli ultimi due anni ordinare sacerdoti in modo clandestino e anonimo e creare comunità in giro per l'Europa. Fatti molto gravi di cui si hanno ampie testimonianze: come ad esempio per l'ordinazione nel 2021 di due monaci in Francia nel monastero Saint-Benoit a Brignoles, diocesi di Frejus-Tolon, usurpando illecitamente il diritto-dovere di vagliare le vocazioni al vescovo Dominique Marie Jean Rey, peraltro colpito a sua volta dai fulmini vaticani.
Diverse altre sono state le ordinazioni illecite e clandestine di monsignor Viganò, con preti poi lasciati a se stessi, costretti a celebrare da soli in casa, non avendo alcun mandato. Ma un caso clamoroso vale almeno la pena citare: quello della diocesi di Milano, dove un parroco di un paesino periferico viene aiutato dall'ex nunzio apostolico a mettere in piedi una sorta di seminario clandestino parrocchiale che segue il rito straordinario. Dapprima viene ordinato diacono un ventenne sprovvisto di formazione teologica nonché dell'età minima richiesta dal diritto canonico. Ma poi nella primavera del 2023 si rompono i rapporti tra Viganò e il gruppetto ambrosiano: Viganò si rifiuta di ordinare sacerdote il novello diacono, che rimane così in una situazione di limbo.
Negli ultimi mesi sono state anche insistenti le voci su una già avvenuta consacrazione episcopale da parte di monsignor Viganò, ma non abbiamo ancora trovato una conferma certa del fatto già avvenuto anche se tale intenzione - sull'esempio di quanto fatto nel 1988 da monsignor Marcel Lefebvre - è stata espressa con chiarezza. Monsignor Viganò compirà la settimana prossima 83 anni ed evidentemente sente l'esigenza di fare presto per consolidare la sua realtà.
UNA CHIESA A PROPRIA MISURA
Così lo scorso 2 dicembre ha annunciato che nella struttura monastica dell'Eremo della Palanzana a Viterbo, che sta venendo ristrutturata con i soldi raccolti attraverso una campagna di fund-raising inizialmente finalizzata a dare un luogo alle monache di Pienza, si stabilirà una casa di formazione per chierici che prenderà il nome di Collegium Traditionis. In questo Eremo sono attualmente residenti i quattro chierici della ex Familia Christi che condividono con monsignor Viganò il progetto e la succitata operazione commerciale-immobiliare di cui ci occuperemo nei prossimi giorni.
Insomma Viterbo, nei disegni di monsignor Viganò, che già ci trascorre molto tempo, dovrebbe diventare la nuova Écône, la cittadina svizzera sede del seminario internazionale della FSSPX. E con la notizia della ri-consacrazione episcopale diventa ancora più chiara la natura scismatica di questo nuovo movimento. Grazie al consenso costruito in questi anni attorno alla figura di monsignor Viganò, fustigatore di questo pontificato, è facilmente prevedibile che anche questa iniziativa porterà molti fedeli fuori dalla Chiesa, oltretutto in conflitto con altre iniziative del genere.
È il dramma che sta vivendo la Chiesa: alla crisi provocata da chi vuole ostinatamente capovolgere la dottrina rivelata, si oppongono personalità che a loro volta, pur partendo da analisi giustificabili, si illudono di trovare una soluzione nel costruirsi una Chiesa a propria misura. Una strada già fallita, come ebbe modo di scrivere Benedetto XVI nella lettera-riflessione dedicata agli abusi sessuali e pubblicata nell'aprile 2019: «Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo creare un'altra Chiesa affinché le cose possano aggiustarsi? Questo esperimento già è stato fatto ed è già fallito. Solo l'amore e l'obbedienza a nostro Signore Gesù Cristo possono indicarci la via giusta». E questo amore e obbedienza passa dal perseverare nella Verità dentro la Chiesa cattolica.
10 ENE. 2024 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7662
BENEDIZIONE COPPIE GAY, TUTTI GLI INGANNI DI FIDUCIA SUPPLICANS di Riccardo Cascioli e Stefano Fontana
In queste righe La Nuova Bussola Quotidiana e l'Osservatorio Cardinale Van Thuân propongono una valutazione complessiva della Dichiarazione Fiducia supplicans. Abbiamo lasciato passare un certo tempo dalla sua pubblicazione per favorire una riflessione accurata e completa. Infatti, la Dichiarazione pone molte gravi questioni da affrontare distintamente ma anche e soprattutto in un quadro unitario. Essa sembra aver compiuto un passo fatale, un giro di boa nella dottrina e nella prassi della Chiesa, un limite sembra essere stato decisamente superato. Alcuni commentatori hanno parlato di "disastro" e di "scandalo". Per questo serve una analisi responsabile e completa.
ALCUNE OSSERVAZIONI FORMALI
La Dichiarazione è stata pubblicata il 18 dicembre 2023. È firmata dal Prefetto, il cardinale Victor Manuel Fernández e, con la formula ex audientia, da papa Francesco. Non è stata esaminata dall'assemblea del Dicastero per la dottrina della fede, ma solo, come si legge nel testo, dalla Sezione dottrinale. La formula dell'approvazione pontificia è tra le più deboli: sembra dire solo che il papa è stato informato, il che contrasta con la grande rilevanza magisteriale che ha una Dichiarazione. Una cosa simile era accaduta per il Responsum del 2021 che, come noto, diceva il contrario e verso il quale Francesco non aveva nascosto la sua insofferenza. In quel caso, in calce al testo, si diceva solo che il papa era stato informato.
Vanno anche notati due altri aspetti formali della Dichiarazione. Il primo è che la maggior parte dei riferimenti magisteriali fanno capo a interventi di Francesco. Non ci sono mai stati documenti così limitati quanto a riferimenti al magistero precedente. Vi si dice che la Dichiarazione è "basata sulla visione pastorale di Papa Francesco", come se questa fosse un unicum. Il terzo è che l'argomentare del testo è molto debole e il suo livello sfigura se paragonato alla struttura argomentativa, per esempio, della Dominus Jesus (2000), che pure era una Dichiarazione come questa, ossia un documento di alto rango magisteriale.
LA TESI CENTRALE DELLA DICHIARAZIONE
Fiducia supplicans sostiene che la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla sessualità rimane immutata e che le nuove indicazioni in essa contenute sono solo pastorali e, come tali, completano, senza negarlo, il Responsum del 2021, che si sarebbe limitato solo al campo dottrinale. La novità pastorale consisterebbe in una revisione del significato delle benedizioni, prevedendo, oltre alle benedizioni già dottrinalmente chiarite che avvengono in contesti liturgici, anche benedizioni in contesti non liturgici che la Dichiarazione chiama "privati" o "spontanei".
Questi argomenti non hanno un fondamento plausibile. Se a benedire non è un laico, come per esempio un padre che benedice i figli, ma un sacerdote, quella benedizione è già di per sé liturgica, anche se non segue una formulazione predisposta dall'autorità competente. È liturgica nella sostanza, perché data da un sacerdote e quindi coinvolge la Chiesa. Non si tratta solo di osservare che una tale benedizione solo pastorale e non liturgica non è stata mai prevista dalla Chiesa, ma anche che non esiste e non è stata prevista e normata perché non può esistere. Con la qual cosa cade un altro aspetto di quanto sostenuto dalla Dichiarazione e cioè che la benedizione non sia una approvazione della situazione di vita della coppia che viene benedetta, ma solo l'invocazione dell'aiuto di Dio per dare ai due la forza di sviluppare gli aspetti positivi della loro relazione, come per esempio la cura reciproca e l'aiuto nelle difficoltà della vita. Questa prospettiva cade per due motivi connessi con quanto visto sopra: il primo è che il contesto già di per sé liturgico, data la presenza del sacerdote, non permette di benedire una realtà pubblica in grave contrasto con la legge di Dio, il secondo è che quegli eventuali aspetti positivi sono all'interno di una relazione di coppia di violenta strumentalizzazione reciproca anche se consenziente, che li deturpa: se i due si fanno violenza reciproca come possono aiutarsi?
SULLA "COPPIA"
La benedizione è un sacramentale e, come tale, richiede da parte di chi la riceve una adeguata disposizione tramite il pentimento e la volontà di uscire da un certo stato di vita. A queste condizioni la benedizione può essere data anche alla singola persona che sia in stato di peccato. In questo senso sì che la benedizione è una apertura alla volontà di Dio e una richiesta del suo aiuto per confermare e fortificare il pentimento e la decisione di cambiare vita. Ma questo non avviene quando la benedizione viene data ad una coppia irregolare, eterosessuale od omosessuale che sia. In questo caso la situazione di vita delle persone coinvolte viene riconosciuta, confermata e giustificata. Se i due vengono benedetti in coppia, si riconosce che quella sia una coppia, anche se non lo è, perché si tratta di due individui che si strumentalizzano a vicenda per vari loro interessi particolari.
Ciò vale non solo per la coppia omosessuale ma anche per la convivenza di fatto tra uomo e donna. La complementarità qui, a differenza che nel precedente caso, sembra esserci, ma così non è perché i due non rispondono ad una vocazione, con i rispettivi doveri indisponibili, ma solo ad un loro patto individuale. Benedire una coppia che non è una coppia, vuol dire confermare il falso. Inoltre, se i due ricevono la benedizione in coppia è evidente che non intendono separarsi, perché la chiedono in quanto coppia. Non ci sono pentimento e volontà di cambiare vita e quindi mancano le condizioni per la benedizione. Si può tornare a dire che vengono benedetti non gli aspetti violenti e contro-natura della loro relazione ma solo quelli positivi da cui ripartire, ma si è visto sopra che questi aspetti positivi rimangono deformati dalla qualità negativa della relazione di coppia, possono esserci nelle singole persone ma non nella coppia.
LA PASTORALE CHE MODIFICA LA DOTTRINA
Come si è visto, Fiducia supplicans conferma la dottrina di sempre sulle benedizioni delle coppie irregolari, però poi inventa una nuova benedizione solo pastorale. Questo ambito neutro – ossia la benedizione solo pastorale - non esiste perché, come si è visto, ogni benedizione è pubblica e liturgica per sua natura, in quanto impartita da un sacerdote. Volendo invece sostenere questa indipendenza, si ritiene possibile una benedizione che non tenga conto delle esigenze dottrinali. La presunta pastorale neutra, che non dovrebbe intaccare la dottrina, si trasforma perciò nella richiesta di una nuova dottrina a proposito di se stessa.
La pastorale non ha una propria indipendenza o autonomia dalla dottrina, come invece molte correnti teologiche contemporanee sostengono, dato che quando si afferma tale indipendenza lo si fa enunciando una dottrina, appunto la dottrina della indipendenza della pastorale dalla dottrina. La prassi non sta senza teoria, né tantomeno può essere creatrice di teoria: quando esprime questa pretesa lo fa teoreticamente. Quindi la soluzione pastorale non può rimanere solo pastorale ma, dato che nega la dottrina (nonostante le assicurazioni in senso diverso che a questo punto si mostrano strumentali) intende se stessa come non dipendente dalla dottrina, ossia atta a cambiare la dottrina stessa. Si tratta di un esito inevitabile: le nuove benedizioni ritenute solo pastorali sono anche dottrinali, sia perché negano la propria dimensione dottrinale esprimendo una nuova dottrina, sia perché implicitamente ne richiedono la riformulazione. In esse è già implicitamente contenuta una nuova dottrina. Anzi, chi le propone ha già la nuova dottrina in mente che intende però perseguire per via pastorale, ossia per via indirettamente dottrinale piuttosto che per via direttamente dottrinale. Non si tratta di cosa nuova, dato che a cominciare da Amoris laetitia abbiamo avuto già importanti anticipazioni della tendenza a fare delle esigenze pastorali occasioni per trasformare le circostanze in eccezioni e, quindi, spingere per processi di rinnovamento dottrinale, pur non dicendo che li si vuole, anzi sostenendo che le dottrine precedenti rimangono confermate.
GLI ASTUTI SOFISMI DEL MAGISTERO
Con le osservazioni ora viste abbiamo toccato l'argomento delle astuzie della Dichiarazione Fiducia supplicans, che pretende di dire senza dire e, quindi, è ingannevole. Il discorso andrebbe però allargato all'intero attuale pontificato, ove i giochi di parole e l'utilizzo di un linguaggio non teologico ma da "chiacchiera sociale" si è manifestato in moltissime occasioni. Su questo fronte l'Esortazione Amoris laetitia è il testo più rappresentativo, anche se per niente unico. Le domande senza risposta che veicolano un messaggio non dichiarato, i periodi impostati sul "sì ... ma" che insinuano eccezioni alla norma, l'ambiguità di molte espressioni (ricordiamo per esempio "l'eucare
24 OCT. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7579
GRETA THUNBERG SI SCHIERA CON GLI ISLAMICI DI HAMAS
Il ministro dell'istruzione di Israele annuncia che l'attivista svedese non è più gradita nelle scuole (e non bisogna dimenticare che Hamas è il peggior nemico dei palestinesi)
di Riccardo Cascioli
Più i giorni passano più il confronto Israele-Palestina si radicalizza anche da noi, sui social e nei talk show televisivi. Sul web le ricostruzioni della storia del conflitto e della nascita dello Stato d'Israele (perlopiù in chiave pro-Palestinesi) si moltiplicano: mai sospettato che l'Italia fosse anche un paese di storici. Non aggiungeremo qui l'ennesima storia del conflitto, anche se nei prossimi giorni sarà opportuno almeno chiarire la ridicolaggine e la pericolosità di certi luoghi comuni che vengono continuamente ripetuti.
Qui vorremmo soprattutto riportare l'attenzione a quanto avvenuto il 7 ottobre e che prescinde dall'ormai cronico conflitto israelo-palestinese. Sì, perché la carneficina compiuta dai miliziani di Hamas non può essere considerata solo l'ennesimo capitolo della guerra, è un fatto radicalmente nuovo, sia per le dimensioni sia per la natura. È vero, gli attacchi terroristici sono una costante della cosiddetta resistenza palestinese: sono stati compiuti dall'OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina) di Yasser Arafat e quando questi ha accettato il negoziato politico, sono stati ereditati da Hamas e dalla Jihad islamica. Ma la carneficina del 7 ottobre è molto più di un attentato: non è una bomba lasciata su un autobus e poi fatta esplodere, o un kamikaze che aziona una cintura esplosiva che indossa a un check-point o tra la gente seduta a un bar. Azioni comunque censurabili ma che si consumano in un istante, senza che l'attentatore abbia neanche la possibilità di guardare in faccia le sue vittime.
Quanto avvenuto due settimane fa è tutt'altra cosa: migliaia di terroristi che hanno invaso il territorio israeliano e hanno massacrato centinaia e centinaia di civili inermi (1.400 morti è il bilancio ufficiale sin qui) setacciando le singole case per non lasciare indietro nessuno, godendo nel vedere il terrore nei loro occhi, accanendosi sui feriti e anche sui morti in un'orgia di violenza senza pari. Abbiamo potuto vedere diversi filmati, fatti dagli stessi miliziani di Hamas, che per la crudezza delle immagini non possiamo riproporre ma che testimoniano a che profondità può arrivare l'abisso umano, un odio così profondo e radicato che può far disperare della possibilità di un cambiamento. Un odio che non è di un piccolo gruppetto di terroristi invasati ma di un esercito intero e, probabilmente, ben oltre l'esercito.
I FESTEGGIAMENTI DAVANTI AI CORPI STRAZIATI
Non c'è rivendicazione politica o militare che possa giustificare un'azione del genere, non c'è ingiustizia subita che dia un senso a tanta barbarie. A cui va aggiunto il dramma degli ostaggi, circa 200: bambini, ragazze, anziani, di cui abbiamo potuto vedere per alcuni il momento della cattura. E soprattutto i video rilasciati dagli stessi assassini, per creare maggiore terrore. Il fatto nuovo è l'ostentazione della violenza perpetrata, il giubilo davanti al terrore seminato, i festeggiamenti davanti ai corpi straziati. Nelle guerre, chi commette i crimini, pur compiendoli consapevolmente, cerca di nasconderli, sa che comunque sono considerati da tutti un male, sa che sta trasgredendo una norma universalmente riconosciuta e che mostrarli farebbe perdere consenso.
Qui invece abbiamo il rovesciamento, le atrocità vengono esibite, proprio perché non è un semplice atto di guerra, per quanto crudele, ma desiderio di annientamento. E con la consapevolezza che tanti altri - in ogni parte del mondo - gioiranno per questa violenza e magari si uniranno a questa barbarie là dove sono.
Non rendersi conto di questa radicale diversità e del livello di ingiustificabile barbarie raggiunta significa essere ciechi e preparare altre tragedie simili. Anche perché anche in Europa, come abbiamo già visto, ci sono altre cellule islamiste pronte ad agire.
Il conflitto israelo-palestinese è solo il pretesto per scatenare la violenza. Ha ben ragione il cardinale Pierbattista Pizzaballa a dire che se non si trova una soluzione vera alla questione palestinese, non ci sarà mai pace in Terra Santa. Ma oggi la situazione è ancora peggiore perché Hamas non vuole alcuna soluzione che non sia l'annientamento dello Stato israeliano e di ogni ebreo che vive in Terra Santa. Hamas non vuole alcuna soluzione che preveda l'esistenza di Israele e per questo ha scatenato tanta ferocia nel momento in cui anche l'Arabia Saudita, dopo altri Paesi arabi, stava normalizzando le relazioni con lo Stato ebraico.
HAMAS CONTA SULLA VENDETTA DI ISRAELE
Di fatto per il popolo palestinese Hamas è un nemico ben peggiore di Israele. E lo dimostra anche il fatto che nel concepire la carneficina del 7 ottobre, Hamas contava proprio sulla vendetta di Israele, funzionale al disegno di far saltare tutto il Medio Oriente per poter alla fine affermare la sua legge. La morte di tanti civili palestinesi è musica per le orecchie dei terroristi di Hamas, che hanno sempre usato i civili come scudi umani, perché sanno che tanti morti palestinesi significano maggiore sostegno alla loro causa. Non per niente stanno impedendo che i civili evacuino le aree che Israele ha annunciato di voler bombardare.
Sta proprio qui oggi la sfida più grande per Israele, rinunciare alla legge dell'occhio per occhio, dente per dente: sconfiggere Hamas senza sterminare i civili palestinesi, fermare questa spirale infinita di violenza che rischia seriamente un allargamento tragico della guerra. In fondo, la vera vittoria di Hamas sarebbe proprio questa, la guerra generalizzata.
Non è un compito facile: Israele dovrebbe certo cambiare il suo approccio politico-militare, che a volte rende difficile la solidarietà internazionale; dovrebbe convincere il mondo che Hamas non è un problema solo per la sicurezza di Israele, visto che i Fratelli Musulmani (di cui Hamas è una branca) sono attivi in altri Paesi arabi e anche in Europa e Occidente in generale; e dovrebbe individuare una soluzione per Gaza che non sia l'occupazione militare, pur prevedendo l'eliminazione della presenza di Hamas.
Tutte cose non scontate e che richiedono che altri Paesi diventino protagonisti di un percorso che raffreddi le tensioni e cerchi di risolvere i problemi escludendo l'opzione guerra. E certo sarà impossibile un passo in questa direzione se prima non viene risolta la situazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas.
Ma si deve sperare contro ogni speranza e la preghiera a cui ci ha chiamati il cardinale Pizzaballa e anche il Papa è una potente arma da sfoderare, per quanto possa sembrare illusorio, perché è anzitutto il nostro cuore che deve cambiare. E basta dare un'occhiata ai commenti che si trovano su Internet o alle manifestazioni viste in questi giorni in tutta Europa, per rendersene conto.
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Israele, Greta Thunberg non è più gradita nelle scuole" si parla della reazione del ministero dell'Istruzione di Tel Aviv, a seguito di quanto postato sui social dall'attivista svedese, che ha condivido un cartello con la scritta «Stand with Gaza».
Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 23 ottobre 2023:
Nelle aule scolastiche israeliane non c'è più posto per Greta Thunberg. Lo ha annunciato il ministero dell'Istruzione di Tel Aviv, a seguito di quanto postato sui social dall'attivista svedese, che ha condivido un cartello con la scritta «Stand with Gaza». «Hamas è un'organizzazione terroristica responsabile dell'omicidio di 1.400 israeliani innocenti, inclusi bambini, donne e anziani, e ha rapito oltre 200 persone a Gaza», ha affermato il ministero, «questa posizione la squalifica dall'essere un modello educativo e morale, e non è più idonea a fungere da ispirazione ed educatrice per gli studenti israeliani».
Il ministero israeliano ha altresì fatto presente, nella propria nota, che «Quando Greta affronta un argomento diverso in modo superficiale e sprezzante, ciò indebolisce inevitabilmente la validità delle sue posizioni legate al clima». In realtà, ci permettiamo di notare come anche in qualità di "esperta climatologa" la giovane svedese non pare avere questi grandi titoli per pontificare come, ormai, fa da alcuni anni. Ed è pertanto un vero peccato che ci si accorga della sua scarsa preparazione ed attendibilità solamente in alcune circostanze. Come se su clima e non solo Greta Thunberg fosse una sorta di luminare.
5 OCT. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7553
SFIDA AL SINODO: UNA NUOVA SERIE DI DUBIA di Riccardo Cascioli
Cari cattolici, in occasione del Sinodo (e non solo) «alti Prelati» fanno dichiarazioni gravemente contrarie alla fede cattolica che non sono mai corrette da chi dovrebbe. Per questo abbiamo posto delle domande precise a papa Francesco, secondo la tradizione della Chiesa, a cui però non risponde. Quindi le rendiamo pubbliche, perché non siate disorientati dalla confusione regnante e non cadiate in errore. È questa la sostanza della Lettera ai fedeli laici sottoscritta da cinque cardinali - Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller, Robert Sarah, Joseph Zen Ze-kiun, Juan Sandoval Íñiguez -, resa pubblica oggi, 2 ottobre, in tutto il mondo e accompagnata dalla pubblicazione dei cinque Dubia sottoposti a papa Francesco, che la Nuova Bussola Quotidiana pubblica in esclusiva per l'Italia (insieme a Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister).
I "Dubia" sono domande formali poste al Papa e alla Congregazione per la Dottrina della Fede per chiedere chiarificazioni circa particolari temi concernenti la dottrina o la pratica. Come si ricorderà a papa Francesco già nel 2016 furono sottoposti cinque Dubia dopo la pubblicazione dell'Esortazione post-sinodale Amoris Laetitia: anche in quell'occasione c'era la firma dei cardinali Burke e Brandmüller, a cui si aggiungevano I cardinali Carlo Caffarra e Joachim Mesner, nel frattempo deceduti. Da allora papa Francesco non ha mai risposto direttamente ai Dubia, solo risposte indirette che si ricavano dai suoi atteggiamenti.
IL PAPA FINGE DI RISPONDERE
Ora il copione sembra ripetersi, però con due importanti novità: anzitutto si allarga il numero dei cardinali che mettono la firma sotto ai Dubia (ora c'è un rappresentante per ogni continente). E da ricordare che i cardinali firmatari avrebbero dovuto essere sei, perché molto attivo nel processo per arrivare alla formulazione dei Dubia è stato il cardinale australiano George Pell, morto improvvisamente l'11 gennaio scorso.
In secondo luogo questa volta abbiamo due versioni dei Dubia: la prima porta la data del 10 luglio. A questa papa Francesco ha risposto addirittura il giorno seguente, ma non nella forma canonica, che è quella di risposta a domanda, ma sotto forma di una lettera che però - come è nel suo stile - sfugge al nocciolo della questione.
Così i cinque cardinali hanno riformulato i Dubia in modo che il Papa potesse rispondere semplicemente con un "sì" o un "no". In questo modo riformulati sono stati di nuovo inviati a papa Francesco il 21 agosto. Da allora è calato il silenzio.
Solo sul contenuto dei quesiti, però. Ora infatti si comprende meglio perché in questi ultimi tempi il cardinale Burke sia stato fatto oggetto di frecciate polemiche sia da parte del Papa - nella conferenza stampa di ritorno dalla Mongolia - sia da parte del neo-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Victor Manuel Fernández, nell'intervista al National Catholic Register. È forse un segno del nervosismo che questa iniziativa genera e che ora piomba su un Sinodo che sta sollevando molte polemiche sia sui contenuti sia sulle modalità di svolgimento e comunicazione.
Infatti i cinque Dubia vanno al cuore degli argomenti che saranno trattati nel Sinodo o sono comunque fondamentali per comprendere cosa c'è in ballo nell'assemblea sinodale (peraltro un contributo importante sarà anche il Convegno "La Babele Sinodale" che la Bussola organizza a Roma il 3 ottobre).
Il fatto che siano resi pubblici alla vigilia del Sinodo è significativo della preoccupazione di ampi settori della Chiesa per quanto sta avvenendo e per le dichiarazioni di chi guiderà il Sinodo.
I CINQUE DUBIA
Ecco in sintesi le questioni poste dai cinque cardinali:
1. Il primo Dubium riguarda il valore immutabile della Divina rivelazione. Nella prima versione si fa riferimento a quanti sostengono che «la Divina Rivelazione debba essere reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo». E quindi si chiede al Papa «se la Divina Rivelazione sia vincolante per sempre, immutabile e quindi da non contraddire». Data la risposta evasiva, nella riformulazione si chiede ancora più precisamente se è possibile che «la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale».
2. Il secondo quesito è in qualche modo una esemplificazione del primo. Cioè: davanti al diffondersi della prassi di benedire le unioni di persone dello stesso sesso, si può dire che questo sia in accordo con la Rivelazione e il Magistero?
Nella riformulazione il quesito diventa doppio, perché è chiaro che tale benedizione non riguarda tanto le singole persone quanto l'omosessualità in sé. E infatti la domanda è: «È possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio?».
E in secondo luogo, come conseguenza, ci si sposta su qualsiasi atto sessuale fuori del matrimonio, omosessuale in particolare: è ancora un peccato oggettivamente e sempre grave?
3. Il terzo quesito riguarda la sinodalità, che alcuni ritengono «dimensione costitutiva della Chiesa». Non significherebbe questo un sovvertimento dell'ordine voluto da Gesù stesso per cui «la suprema autorità della Chiesa viene esercitata» dal Papa e dal collegio dei vescovi?
Nella riformulazione la domanda si fa ancora più precisa e attuale: sarà dato potere al Sinodo di scavalcare l'autorità del Papa e del collegio dei vescovi sulle materie dottrinali e pastorali di cui si occuperà?
4. Il quarto Dubium si concentra sulla possibilità dell'ordinazione sacerdotale delle donne, che mette in discussione sia la definizione di sacerdozio ministeriale, ribadita dal Concilio Vaticano II, sia l'insegnamento di san Giovanni Paolo II che aveva già dato per definito questo argomento.
E nella riformulazione si chiede se in futuro non ci sia questa possibilità.
5. L'ultimo Dubium riguarda il perdono definito «diritto umano» e l'assoluzione dai peccati sempre e comunque, come più volte ha insistito papa Francesco. Si può essere assolti senza pentimento, contraddicendo tutto ciò che la Chiesa ha sempre insegnato?
Nella riformulazione la domanda precisa ancora meglio: può essere assolta sacramentalmente una persona che rifiuta il proposito di non commettere il peccato confessato?
Nota di BastaBugie: Luisella Scrosati nell'articolo seguente dal titolo "I Dubia daranno frutto a suo tempo" spiega perché i dubia presentati al Papa sono un atto perfettamente legittimo. Non si tratta di mettere in difficoltà il Papa, ma di ricorrere a quell'ufficio che compete a lui solo.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 ottobre 2023:
Che cosa pensare della via dei dubia, scelta dai cinque cardinali firmatari di questa nuova serie, che segue di sette anni quella resa nota dopo la pubblicazione dell'esortazione post-sinodale Amoris Lætitia? Possiamo immaginare che, almeno a livello mediatico, verranno considerati un attacco diretto a papa Francesco, un'iniziativa volta a dividere la Chiesa, o ancora un modo per mettere in discussione il Sinodo che sta per iniziare. Tra quanti sono invece piuttosto critici verso questo pontificato, non mancheranno coloro che riterranno questa iniziativa inutile, soprattutto alla luce della risposta mai pervenuta ai dubia del 2016.
Per capire che invece la strada scelta dai cinque cardinali firmatari è quella corretta, occorre riflettere sulla natura dell'adesione dei fedeli al magistero, e sulla modalità con cui essi sono chiamati a relazionarsi alla piena e suprema autorità, che appartiene a due soggetti: al «Romano Pontefice, in forza del suo Ufficio, cioè di Vicario di Cristo e Pastore di tutta la Chiesa», e al collegio dei vescovi «insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo» (Lumen Gentium, 22).
C'è un atteggiamento che potremmo considerare "massimalista", secondo il quale qualsiasi cosa contenuta in documenti ufficiali del Sommo Pontefice e dei Dicasteri richiederebbe un assenso certo; nessun riguardo al tipo di documento, a quale sia il grado di assenso richiesto, all'argomento trattato, alla reiterazione di un certo insegnamento nel magistero. I massimalisti tra i massimalisti esigono lo stesso indiscutibile assenso anche per qualsiasi affermazione del Pontefice pronunciata in un contesto informale, come, per esempio, un'intervista. La posizione massimalista assume normalmente un'attitudine volontarista, che può essere così espressa: non serve che tu comprenda; è sufficiente (e necessario) che tu obbedisca. In questo modo il Magistero viene trasformato in uno strumento di governo assolutista.
26 SEP. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5285
SE OGGI CAMBIA IL CATECHISMO SULLA PENA DI MORTE, DOMANI POTRA' CAMBIARE QUELLO SULLA OMOSESSUALITA' di Riccardo Cascioli
Bisognerebbe cambiare il catechismo, diceva qualche mese fa padre James Martin, noto difensore della causa Lgbt nella Chiesa, perché la condanna dell'omosessualità spinge al suicidio tanti giovani Lgbt. L'idea che nelle saune frequentate dalla comunità Lgbt si possano trovare copie stropicciate del Catechismo della Chiesa cattolica è indubbiamente suggestiva, ma francamente poco probabile. Però la sortita di padre Martin, nominato dal Papa nell'aprile 2017 consultore della Segreteria per la Comunicazione e chiamato come relatore al prossimo Incontro mondiale delle famiglie a Dublino, non è certo estemporanea. Come abbiamo già avuto modo di documentare le grandi manovre della lobby gay nella Chiesa per l'assalto al Catechismo sono in corso già da tempo, e vale la pena notare che tale assalto è fiancheggiato anche dal quotidiano dei vescovi italiani Avvenire.
Basta questo per capire quale conseguenze possa avere la decisione di papa Francesco di cambiare l'articolo del Catechismo sulla pena di morte. L'irreformabilità della dottrina, l'impossibilità di catechismi che si contraddicono sono stati finora il baluardo perché la Chiesa, annunciatrice di ciò che è eterno, non abdicasse all'effimero, alla mentalità mondana. Ora questo baluardo è stato abbattuto. «La dottrina della Chiesa può cambiare», annuncia festoso il New Ways Ministry, sito americano che raccoglie le istanze degli Lgbt nella Chiesa. Ed è la grande notizia per cui la lobby gay nella Chiesa sta lavorando da tempo.
Non c'è dubbio che il cambiamento del Catechismo sulla pena di morte darà un grande impulso alla lobby gay nella Chiesa, ed è proprio New Ways Ministry a spiegarne i motivi. Ne riassumo i principali: primo, si tratta di un «chiaro, esplicito esempio contemporaneo di un cambiamento nella dottrina della Chiesa, e anche di come può essere fatto: con un cambiamento del catechismo da parte del Papa». Secondo, per arrivare al cambiamento sono stati necessari decenni di discussioni e dibattiti teologici. Questo vuol dire che gli attuali dibattiti ecclesiali in chiave Lgbt hanno una grande possibilità di arrivare al medesimo risultato. Ovvia l'indicazione: intensificare il dibattito teologico ed ecclesiale. Terzo, la violazione della dignità umana è l'argomento alla base della condanna della pena di morte; è lo stesso argomento fondamentale su cui si basano le rivendicazioni Lgbt. E ancora, questione molto importante: la lettera di spiegazione che accompagnava la decisione del Papa riguardo al cambiamento del Catechismo, «spiega che una delle ragioni per il cambiamento della dottrina è il nuovo contesto sociale che ha una nuova comprensione del senso della punizione». Ma nella società oggi è ancora più forte il cambiamento di atteggiamento rispetto all'omosessualità, e quindi allo stesso modo ci si può aspettare un cambiamento del Catechismo laddove considera gli atti omosessuali intrinsecamente disordinati.
Dunque oggi la vera domanda è se papa Francesco sia in totale sintonia con i sostenitori della causa Lgbt così come lo è con la Comunità di sant'Egidio che da tanti anni ha fatto della battaglia contro la pena di morte una sua ragione d'essere. Diversi pronunciamenti molto chiari sul matrimonio e sull'ideologia gender farebbero pensare di no, ma allo stesso tempo certi gesti, certe battute e tante nomine suscitano molti dubbi al proposito.
A maggior ragione dunque l'Incontro mondiale delle famiglie di Dublino sarà un test decisivo per capire l'orientamento in materia. Come abbiamo già avuto modo di dire, a un tale incontro non è concepibile la presenza di padre James Martin come relatore né sarebbe accettabile la parata di "tutti i tipi di famiglie" all'incontro con il Papa. Lasciare padre Martin nel programma e procedere nella presentazione dei vari tipi di famiglie sarebbe un segnale chiaro nella direzione omosessualista.
Allo stesso modo non è più tollerabile che a presiedere il Dicastero per la famiglia, la vita e i laici resti il cardinale Kevin Farrell, la cui miracolosa carriera ecclesiastica - come giustamente ricostruita da Sandro Magister - è strettamente legata soprattutto a quel cardinale Theodore McCarrick, responsabile di una sfrenata attività omosessuale e di abusi sessuali su adulti e minori, e con cui il cardinale Farrell ha convissuto per diversi anni a Washington. Soltanto per prudenza, senza neanche indagare sulla moralità personale di Farrell, si dovrebbe evitare che a difendere la famiglia ci sia un personaggio come minimo facilmente manipolabile da quel circolo omosessuale che ha assunto un così grande potere nella Chiesa.
Le parole non bastano, soltanto i fatti ci diranno quale è l'indirizzo che il Papa intende dare in materia.
Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio, nell'articolo seguente dal titolo "Assoluti morali: esce l'adulterio, entra la pena di morte" parla del clamoroso cambio magisteriale di Papa Francesco che fa rientrare la pena di morte nel novero dei mala in se, azioni intrinsecamente malvagie che non tollerano eccezioni. Curiosamente a seguito delle indicazioni dell'Amoris laetitia l'adulterio non è più un assoluto morale, perché in alcune condizioni l'adulterio pare essere lecito e dunque esce dalla categoria dei mala in se. Dunque l'adultero e l'assassino sono sempre vittime dei loro atti liberi, mai colpevoli perché a loro nulla può essere imputato. Ergo l'adultero può accedere alla Comunione e il reo non deve essere punito. Se sparisce la colpa deve sparire anche la giustizia. C'è solo misericordia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 agosto 2018:
Torniamo a riflettere sulla decisione di Papa Francesco di cambiare il Catechismo laddove parla di pena di morte. Come spiegato qualche giorno or sono il punto focale dell'intervento del Pontefice riguarda la specie morale della pena di morte: da atto considerato lecito, nel rispetto di alcune condizioni, dal Magistero precedente, ad atto sempre illecito per il presente Magistero.
Ogni atto riceve la sua specie morale - il "che cosa è" dal punto di vista etico e dunque se l'atto è buono o malvagio - dal fine prossimo perseguito. L'atto materiale di dare la morte ad una persona rea di colpe gravissime è atto moralmente lecito se persegue il fine di irrogare una giusta pena o se il fine è la tutela della collettività (ordinariamente questi due fini si accompagnano l'uno con l'altro). La pena capitale, al pari di tutte le altre sanzioni, affinchè sia giusta occorre che soddisfi i fini propri, ossia il fine retributivo, quello pedagogico e quello dissuasivo. Come abbiamo avuto già modo di spiegare la pena capitale riesce a soddisfare tutte queste tre finalità. In merito invece alla finalità difensiva, una condizione per la sua liceità (condizione che deve essere soddisfatta per tutte le azioni che perseguono un fine buono) è quella che la difesa deve essere proporzionata all'offesa. E dunque se esistono mezzi diversi di contenimento della violenza del reo devono essere adottati. Mettere a morte una persona quando non è necessario, sarebbe un atto sproporzionato e quindi contro ragione.
Ora invece il Magistero dichiara esplicitamente che la pena di morte è sempre e comunque illecita perché contraria alla dignità personale. In merito alla replica a questa motivazione rimandiamo all'articolo di qualche giorno or sono. Ciò che vogliamo qui sottolineare sta nel fatto che affermare che una certa condotta è sempre malvagia, significa farla rientrare nel novero dei mala in se, azioni intrinsecamente malvagie che non tollerano eccezioni, atti che mai dovrebbero essere assunti, quindi in nessuna circostanza e per nessun fine ulteriore buono. Dunque la pena di morte, dopo questo pronunciamento pontificio, non può più essere qualificata come specie morale "pena" e/o "difesa", bensì è stata identificata con la specie morale dell'assassinio, un assassinio di Stato. Il salto è sbalorditivo.
Curiosamente a seguito delle indicazioni dell'Amoris laetitia l'adulterio non è più un assoluto morale, perché in alcune condizioni l'adulterio pare essere lecito, e dunque esce dalla categoria dei mala in se. All'opposto fa il suo ingresso in questo insieme concettuale la pena di morte, la quale fino a ieri era un dovere affermativo contingente, ossia un'azione eticamente lecita, ma non sempre obbligatoria. La sua doverosità scattava al verificarsi di alcuni condizioni, tra cui la prima era l'extrema ratio.
Quindi nell'adulterio le condizioni hanno avuto il potere di cancellare la condotta dalla categoria dei divieti negativi assoluti, quando invece non possono avere tale potere, e di contro nella pena di morte le condizioni (es. extrema ratio) perdono ogni potere di rendere lecita la scelta e diventano ininfluenti, proprio perché la condotta è sempre i
25 JUL. 2023 · VIDEO: Descrizione in minuscolo ➜ https://www.youtube.com/watch?v=d8Ddo92-lBg&list=PLolpIV2TSebWJQIsQlXhK6y3-x-aT9dcc
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7485
ONDATE DI CALORE? SI CHIAMA ESTATE (ED E' NORMALE) di Riccardo Cascioli
«...La Sicilia, l'ambiente, il clima, il paesaggio. (...) questo clima che infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste. (...) Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevica fuoco, come le città maledette della Bibbia...». Queste parole, tratte da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa descrivono il clima nella Sicilia del 1860 e tornano in mente davanti alle notizie terroristiche sul tempo che riempiono i giornali in queste due ultime settimane.
Dimentichi di un giugno tutto sommato fresco, al primo rialzo di temperature in luglio si è scatenato l'inferno. Non per le temperature elevate ma per il bombardamento di notizie sempre più allarmanti: «il giorno più caldo di sempre», «ondate di calore che si abbattono sull'Italia e su tutta l'Europa meridionale». E poi soprattutto le previsioni: «La settimana prossima temperature record», «Si supereranno i 50 gradi», «arriva Caronte». E giù interviste a professoroni che analizzano questa strana ondata di caldo. Che, fossimo a novembre, si capirebbe pure l'allarme. Ma siamo a luglio e a luglio sarebbe anomalo il fresco. Peraltro le previsioni terrorizzano, ma poi quando arriva il momento si scopre che sì, fa molto caldo, ma non come era stato previsto.
LA PAURA DEL CLIMA È UNA VERA FORMA DI TERRORISMO
Non succede a caso, è proprio una strategia di comunicazione per indurre la paura del clima, una vera forma di terrorismo che si serve di dati fasulli o pompati ad arte. Come spiega il sito di esperti Climate Monitor: «Le temperature "record" vengono prodotte prima dell'evento, e strombazzate a reti unificate come se fossero già state registrate e ufficializzate. Peccato che i modelli meteorologici tendano a sovrastimare regolarmente l'intensità delle ondate di caldo, specialmente a molti giorni di distanza dall'evento, per poi correggere il tiro all'avvicinarsi della previsione». Peraltro, poi, quando arriva il momento e le temperature risultano essere decisamente più basse di quelle previste, nessuno lo comunica perché intanto si sta annunciando le temperature record della prossima settimana, in un crescendo di comunicazioni ansiogene che hanno effetti devastanti sulla psiche delle persone.
La verità è che a luglio in genere ha fatto sempre molto caldo e - se provassimo ad attivare la nostra memoria intorpidita dall'eco-catastrofismo imperante - ci accorgeremmo di aver vissuto molte estati più calde e insopportabili di quella attuale. E ci ricorderemmo anche dei puntuali servizi estivi dei tg che mostravano turisti che si gettavano nelle fontane delle città o fuggivano in montagna, al mare e ai laghi per sfuggire alla calura.
Questo non esclude che nelle prossime settimane si possano verificare davvero picchi di calore mai conosciuti nella storia (per quanto non ci scommetteremmo), ma finora questo non è avvenuto, a dispetto delle prime pagine di giornali e radio-tv.
La differenza con il passato sta solo nella percezione e nel giudizio che diamo. Una volta, vedi il brano citato del Gattopardo, si era consapevoli che così va la natura: l'estate fa caldo, e può essere molto caldo; in inverno fa freddo e può essere molto freddo. Non per niente ci sono anni storici impressi nella memoria collettiva che ricordano questi picchi: l'inverno del 1956 o l'estate del 2003, tanto per fare un esempio.
GRAZIE ALL'ARIA CONDIZIONATA IN CASA
La natura è così, agli uomini sta il compito di difendersi per quanto possibile da questi eventi. Dovremmo essere grati che oggi, grazie allo sviluppo tecnologico, una grande parte di popolazione abbia la possibilità di godere dell'aria condizionata in casa, che permette di superare senza danni i momenti più pesanti. E invece troviamo gente sempre più impaurita e angosciata pensando a queste ondate di calore che ci stanno per colpire.
Già, ondate di calore: potenza delle parole. Se diciamo "estate" pensiamo alla stagione, a un fenomeno naturale; basta sostituire con "ondate di calore" e subito si ha la sensazione di qualcosa di anormale e cattivo, qualcosa che non dovrebbe esserci (sottinteso: se ci comportassimo bene). Succede anche a stagioni invertite: il terrificante termine "bombe d'acqua" ha sostituito il più familiare per quanto temibile "nubifragio".
Dicevamo che non sono cambiamenti che accadono a caso: ormai siamo costretti a vivere in una continua emergenza, è una continua e sistematica opera di instillazione della paura nella gente. Diceva Edmund Burke che «nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura». E infatti nella storia tutte le dittature, di qualsiasi colore politico, hanno praticato la forza del dominio attraverso la paura. E anche le democrazie hanno utilizzato i mezzi di comunicazione per suscitare paure al fine di spingere le persone a muoversi nelle direzioni auspicate o ad accettare politiche altrimenti improponibili.
È quello che sta accadendo con la presunta crisi climatica, che spinge la popolazione ad accettare l'imposizione di altissimi costi sociali per realizzare la cosiddetta transizione ecologica, ed energetica in particolare.
L'unico antidoto è tornare a ragionare. E nel frattempo bevete tanta acqua e mangiate frutta e verdura.
25 JUL. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7484
ERANO FALSE LE ACCUSE DI FORMIGLI ALLA COMUNITA' SHALOM di Riccardo Cascioli
Nella Comunità Shalom è tutto regolare. Lo ha stabilito l'ATS (Agenzia di Tutela della Salute) al termine di una accurata ispezione in cui tutti i locali e tutte le modalità della vita della comunità sono state «vivisezionale», come ha scritto suor Rosalina Ravasio, che ha fondato questa comunità di recupero dalle dipendenze 36 anni fa e ne è ancora l'anima. È la stessa suor Rosalina ad annunciare l'esito dell'ispezione dell'ATS con la lettera aperta che pubblichiamo come link a questo articolo.
In realtà era stata dapprima rilevata qualche irregolarità, legata però alle rigide normative igienico-sanitarie (ad esempio riguardo al luogo dove sono collocati i gabinetti per disabili), prontamente sistemata. In ogni caso niente a che vedere con le orribili accuse lanciate dal sito Fanpage.it e rilanciate da Piazza Pulita, il talk show di La7 condotto da Corrado Formigli, in tre successive puntate a partire dallo scorso 13 aprile. I servizi trasmessi, supportati da testimonianze di ex ospiti, accusavano suor Rosalina e i responsabili della comunità di violenze fisiche, torture e abusi di psicofarmaci. Accuse gravissime, costruite ad arte - come la Bussola ha avuto modo di dimostrare - che avevano «come unico obiettivo la distruzione della Comunità», come scrive suor Rosalina.
Si è trattato di una operazione sporca, in cui non ci si è fatti scrupolo di infamare «ragazzi fragili, attraverso la realizzazione e l'utilizzo di filmati falsi, fregandosene spudoratamente di rovinare la vita al prossimo chiamato in causa», scrive ancora suor Rosalina.
L'ACCANIMENTO DI PIAZZA PULITA
La domanda vera resta su chi e perché ha messo in piedi questa operazione che ha richiesto un notevole investimento di soldi e di risorse umane. Basti pensare che l'infiltrazione all'interno della Comunità Shalom di una "giornalista" di Fanpage spacciatasi per volontaria grazie a un furto d'identità, risale all'estate 2022. Dunque un'operazione che parte da lontano e ha richiesto una lunga gestazione; e che pure - a parte le illazioni e le false informazioni - poteva fondare le sue accuse sostanzialmente su un breve filmato dei carabinieri risalente a una indagine di 10 anni fa, conclusasi con l'assoluzione di tutti gli imputati, e su due brevi filmati spacciati come prova di torture sistematiche da parte dei "vecchi" della comunità quando invece erano stati "costruiti". E il sospetto pesante dei responsabili della Shalom è che possano essere addirittura stati eseguiti su commissione proprio per infangare la Comunità. Cosa che comunque dovrà eventualmente accertare la magistratura.
Fa pensare anche l'accanimento con cui Piazza Pulita ha imbastito il processo alla Comunità Shalom, facendo strame della deontologia professionale e riducendo il giornalismo a una sorta di Tribunale del popolo. Oltretutto con un grave conflitto di interessi: ospite fisso e consulente di Corrado Formigli è stato infatti il dottor Leonardo Mendolicchio, psichiatra e psicoanalista che, oltre a essere Direttore del reparto che si occupa di disturbi alimentari all'Istituto Auxologico di Piancavallo, è fondatore e responsabile dei Centri Food for Mind per la cura dei disturbi alimentari, che sono sparsi in tutta Italia. E guarda caso nella Comunità Shalom vengono recuperati anche molti casi - soprattutto fra le ragazze - di disturbi alimentari. Lo stesso Mendolicchio, nella conferenza stampa organizzata da suor Rosalina per ribattere alle accuse infamanti, si è presentato al fianco di Corrado Formigli ponendosi come giudice dei metodi terapeutici della comunità e facendo pubblicità alla sua attività davanti ai genitori presenti e ai professionisti che operano nella Shalom. Se gli ordini professionali servissero a qualcosa, un accertamento sugli interessi del dottor Mendolicchio sarebbe d'obbligo.
VOGLIONO LA DISTRUZIONE DELLA SHALOM
Ma certo ci devono essere interessi più forti che vogliono la distruzione della Shalom: suor Rosalina termina la lettera affermando che «se vuoi trovare il diavolo segui l'odore dei soldi». E certamente fa gola una comunità terapeutica che potrebbe mungere molti soldi dallo Stato - come molte altre fanno - e che invece rivendica la sua libertà: «La nostra comunità - scrive suor Rosalina - è sempre stata contraddistinta dalla gratuità: non sussiste grazie ai fondi pubblici ma per la benevolenza di tanti volontari e benefattori; se ne facciano una ragione tutti, compresi i promotori dell'infamata promossa da La7 & company».
Resta il fatto che «la vita della Comunità Shalom è stata spaccata dalla falsità e dall'ingiustizia di una stampa sensazionalistica (che non ha esitato a servirsi di poveri soggetti compiacenti)». Vale a dire che a pagare il prezzo più caro di questa campagna orchestrata sono stati i ragazzi e le ragazze che stanno combattendo con sofferenza per uscire dal tunnel delle dipendenze o da problemi psichiatrici.
L'aspetto più disgustoso di questa vicenda è proprio il disprezzo per queste vite, oltretutto presentandosi ipocritamente come loro difensori. Ma la risposta di suor Rosalina va comunque al nocciolo della questione: pur non rinunciando - ovviamente - a ristabilire verità e giustizia nelle aule dei tribunali, invita a «battere la strada del cuore», perché lì sta «la causa fondamentale dell'ingiustizia». È nel «cuore malato», dove alberga il peccato, e che chiede di essere guarito. «Ripartiamo da lì, dal cuore», dice suor Rosalina, dall'impegno «a cercare sempre quella verità che ci rende liberi».
3 MAY. 2023 · TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7396
FANPAGE E FORMIGLI GETTANO ANCORA FANGO CONTRO LA COMUNITA' SHALOM E SUOR ROSALINA di Riccardo Cascioli
Se non fosse tragico ci sarebbe da ridere. La puntata di giovedì scorso di Piazza Pulita (su La7), dedicata in gran parte (e per la terza volta consecutiva) alla Comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio ha toccato punte di falsità tali da scadere nel grottesco. Vi risparmiamo la descrizione del solito teatrino con Corrado Formigli a fare da finto giornalista interessato alla verità lanciare servizi e dare la parola in modo che non si sviasse dal binario già scelto: la condanna senza appello per la Comunità Shalom e per suor Rosalina. E con le poche voci a difesa, soprattutto Andrea Muccioli e Carlo Fucci, padre di Luca, ex ospite della comunità, costantemente interrotte quando provavano ad argomentare in modo serio, pur davanti a obiezioni - come quelle di Nunzia De Girolamo - che non avrebbero meritato neanche una parola di risposta. E forse bisognerà anche chiedersi se vale la pena partecipare a trasmissioni dove il copione è già scritto e gli ospiti non allineati al pensiero del conduttore servono soltanto a mantenere viva più a lungo possibile la discussione su un argomento (in questo caso il linciaggio di suor Rosalina).
SCENE GIRATE CON L'ACCORDO DI TUTTI
Ad ogni modo tutto questo era scontato, come il giudizio della "Scienza" - al cui controllo nulla può e deve sfuggire - e l'invocazione dello Stato, che tutto deve vedere e coprire. E scontatissima anche la riproposizione delle scene di presunta violenza pur di fronte all'evidenza di prove - segnalate da un avvocato ma già documentate dalla Bussola - secondo cui i filmati in discussione, se proposti in modo integrale, dimostrano in modo incontrovertibile che non c'entra nulla il metodo terapeutico di suor Rosalina né la punizione fuori controllo imposta da alcuni "vecchi" della Comunità. Erano infatti delle scene girate con l'accordo di tutti coloro che vi erano coinvolti, anche se di pessimo gusto.
Ma vista l'operazione di killeraggio che ha guidato questa pseudo-inchiesta fin dall'origine non ci si poteva realisticamente aspettare un sussulto di verità. Ma la volontà di colpire suor Rosalina e farle terra bruciata intorno è così forte che la redazione di Fanpage (che lavora di comune accordo con Formigli) è riuscita a costruire un servizio talmente strampalato e fuori da ogni logica giornalistica da lasciare basiti.
Scopo principale era dimostrare oscuri giri di soldi per gettare ancora più ombre sulla gestione della Comunità: e allora ecco voci coperte di testimoni che parlano di "tanti soldi" visti circolare, e fogli pieni di cifre ma di cui non si spiega cosa siano e che cosa dimostrerebbero. Illazioni, accuse non documentate, sospetti, tanto per gettare fango, per creare l'atmosfera che renda ancora più credibile la descrizione della "comunità degli orrori". Cose che se fossero state proposte da altri avrebbero già messo in moto l'apparato sanzionatorio dell'Ordine dei Giornalisti.
SUOR ROSALINA È CONSACRATA A TUTTI GLI EFFETTI
Ma il bello deve ancora venire: per tutta la puntata si era cercato di avvalorare la tesi che suor Rosalina sia una specie di santona che agisce al di fuori di qualsiasi regola scientifica, civile e anche religiosa; ed ecco quindi il servizio finale che ci rivela, udite udite, che suor Rosalina non è neanche una suora. Lo dice esplicitamente il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, rispondendo a precisa domanda di Formigli. Domanda chiamata dopo il servizio-inchiesta in cui si intervistava una superiora delle Orsoline, congregazione da cui suor Rosalina è uscita, e si concludeva con la dichiarazione di un anonimo funzionario della Curia vescovile di Brescia secondo cui suor Rosalina risulta praticamente sconosciuta. Ci sarebbe dal rotolarsi dal ridere, se non fosse inquietante, visto che la stragrande maggioranza degli spettatori non conosce la comunità e quindi è portata a pensare che si tratti di notizie affidabili.
Invece il livello del giornalismo di Fanpage e Formigli è talmente basso che non sono neanche in grado di raccogliere informazioni semplici in modo corretto. Pur non facendo parte di una congregazione religiosa, suor Rosalina è consacrata a tutti gli effetti nelle mani del vescovo, così come le altre suore che condividono con lei il lavoro alla Comunità Shalom e la regola di vita comune approvata. Quindi il povero Cancellato e Formigli si mettano l'animo in pace: Rosalina è proprio una suora, pienamente inserita nella Chiesa cattolica. Niente santona, niente setta, suor Rosalina è semplicemente cattolica e la fede è l'origine del suo amore per le persone più fragili.
Ma c'è un altro particolare: dagli uffici della Curia veniamo a sapere che la frase estrapolata nel servizio, presentata come la negazione che la Curia abbia neanche la conoscenza di suor Rosalina, in realtà si riferiva ad altro ed è stata isolata da un colloquio più lungo con qualcuno al centralino, alimentato dalle continue domande della giornalista. Tanto per confermare il livello infimo di certi "professionisti" dell'informazione.
Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Comunità Shalom, esempio vero di sussidiarietà" spiega che l'attacco di Formigli è finalizzato al controllo totale da parte dello Stato perché Suor Rosalina non ha finanziamenti pubblici ed è perciò libera di aiutare davvero i poveretti che bussano alla sua porta senza seguire i protocolli dello Stato. Anche con metodi che la cultura dominante aborre: tipo la preghiera.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il aprile maggio 2023:
Durante la vicenda del proditorio attacco alla comunità Shalom è emersa da molte parti l'idea che la soluzione consista in un maggior controllo da parte dello Stato. Molti lo hanno richiesto espressamente: è lo Stato che deve controllare queste realtà; altri, invece, indirettamente, lamentando un vuoto: ma lo Stato era distratto? C'è nell'aria un forte ritorno allo statalismo, sulla spinta delle (presunte) emergenze. C'è perfino chi vuole, come il grillino (si dice ancora così?…) Alessandro Di Battista, che lo Stato abbia una propria industria farmaceutica. Figuriamoci, quindi, se non si pretende dallo Stato di "vegliare" sulle comunità terapeutiche come quella di Palazzolo sull'Oglio.
Però c'è un però. Come si sa, la comunità di suor Rosalina Ravasio non dipende economicamente da nessuna istituzione statale. Non prende contributi né da Milano né da Roma. Vive di carità e quindi è libera. Libera da cosa? Libera dall'obbligo di seguire certi protocolli, di fornire certe rendicontazioni, di partecipare a gare di appalti i cui criteri sono stabiliti da altri; libera di contraddire le pretese degli ordini professionali e di altre corporazioni; libera di servirsi di volontari e professionisti non imposti; libera di avere un rapporto diretto con le famiglie degli ospiti; libera soprattutto di avere una propria idea di cosa si debba intendere per "persona umana", di quale sia l'ordine giusto dei suoi bisogni, di cosa significhi "salute", libera di pensare perfino che la fede cattolica c'entri in tutte queste questioni che invece sono "laiche" per il pensiero dell'apparato.
Quella statale è una macchina, la comunità Shalom ha deciso di starsene fuori. Ha così incarnato, il principio di sussidiarietà.
Questo principio - proposto nella sua versione originaria dalla Dottrina sociale della Chiesa - dice che le società inferiori e più vicine al bisogno, come per esempio una comunità terapeutica, hanno un diritto originario ad agire in proprio e prioritariamente rispetto alle società superiori e più lontane dal problema, come lo Stato. Hanno anche diritto che lo Stato le aiuti quando hanno delle difficoltà, ma senza sostituirsi ad esse. Quando mi sento male, chiedo prima di tutto aiuto ai familiari o ai vicini. Così le famiglie gravate da pesanti problemi nei loro figli si sono rivolte alla Shalom prima che ai servizi sociali statali. Ecco appunto la sussidiarietà.
Ora, ci sono, anche nel mondo cattolico, realtà sociali che si dicono sussidiarie ma non lo sono, perché dipendono, come il malato dalla flebo, dalle istituzioni pubbliche. Quante associazioni di impegno e solidarietà sociale - lasciando anche stare la Caritas che senz'altro è la più grande - dipendono dalle convenzioni con l'ente pubblico e quindi non sono libere né amministrativamente, perché l'apparato dell'ente pubblico fornisce i criteri concettuali e operativi, né politicamente, perché i rapporti con l'ente pubblico dipendono dalla maggioranza politica che lo governa?
Questo tipo di sussidiarietà fa piacere all'apparato statale e a quanti hanno in mano le sue chiavi.
Il giornalista Riccardo Cascioli, direttore de "La nuova Bussola Quotidiana", apre uno squarcio sull'Italia di oggi dando una chiave di lettura originale dell'attualità
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