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Radical Sympathy è il titolo di questa nuova edizione del festival. Short Theatre 2023 traffica con una parola familiare che ha una vita piena di storie, increspature filosofiche e usi...
mostra másShort Theatre 2023 traffica con una parola familiare che ha una vita piena di storie, increspature filosofiche e usi strumentali — simpatia. La convoca per decostruirne l’enfasi sentimentale e guardare all’attrazione erotica e magnetica tra i corpi, alle interdipendenze che (dis)accordano le materie, provocando azione e reazione, ancora azione e mobilitazione. Un sentir-si vicendevole per porosità, scambio di fluidi, temperamenti e temperature, dal molto piccolo all’atmosferico, seguendo inclinazioni gravitazionali che lasciano tracce di complicità tra mondi distonici o fatalmente altri.
La morfologia della città che emerge dal contatto con il festival è fatta di smarginamenti, prevede l’esperienza dello spostamento, della reciprocità tra presidi culturali e luoghi non deputati alla scena, suggerendo altri ritmi nell’andare: dal Teatro della città al parcheggio sotterraneo di un centro commerciale di una prima periferia residenziale; dalla monumentalità classicheggiante di un ex-acquario adiacente la stazione all’erbosa collina artificiale fatta di cocci nella zona portuale dell’antica Roma; dai quartieri alla foce del Tevere, con il suo sbocco sul mare, alla riapertura di uno storico teatro istituzionale, in una delle arterie principali del centro.
È il modo di coltivare un’idea di festival come concertazione larga, panoramica, stratificata, nella temporalità asimmetrica delle giornate di settembre, dove convergere nel tocco di un’euforia svagata. In programma creazioni per figure sole si alternano a lavori corali.
In entrambi i casi, il luogo del teatro – una scatola nera, un prato, la strada, una stanza per l’ascolto – è lo spazio dell’immaginazione in cui allenarsi a uscire dal soggetto, e a esperire con, senza pretesa di sentire come lɜ altrɜ. E – fuori dalle ingegnerie del dominio che filtra in ogni tessuto, secondo geometrie d’azione sempre più complesse e inespugnabili – la scena persiste nel mantenere aperta la possibilità di imbastire affinità proprio lì, dove prima non esisteva nulla.
L’intuizione praticata è quella di restar saldɜ, perseguendo minutamente una radicalità del sentire che, non prevista e mai scontata, corroda le asfissianti architetture dell’esistente. In questa edizione, lo spazio si pervade di pensieri e posture fuggitive, che rivendicano il diritto di essere-con-la rabbia – come ci trasmettono le ricerche estetiche e politiche delle culture nere. Poetiche dell’opacità che lavorano per decostruire i paradigmi imposti (dalla bianchezza), per salvaguardare l’irriducibilità del senso. Perché non tutto sia trasparente, immediatamente comprensibile, conquistabile, equivalente. Tattiche linguistiche che assumono lo sghembo, il rimosso, il grottesco, il doloroso come forma primaria di auto-evidenza, e come testimonianza di un’esistenza che rifiuta ogni forma di assimilazione, coltivando sensibilità, godimenti, cedevolezze, prossimità che ri-tracciano l’essere insieme, fuori da schemi assertivi sempre più vacillanti.
Come l’inchiostro simpatico che porta a emersione qualcosa di nascosto ma già-da-sempre lì presente, nel festival affiorano accordi latitanti ed erranze radicate nell’adesso. Simpatia — è qui un percepire calamitante, impersonale, simile alla gravità, che porta le cose esterne a entrare, a confondere le acque, e a uscire per partecipare a nuove ondate di incontri. Un travaso di stati in un incessante dentro-e-fuori. La simpatia è radicale, perché è oltre noi, perché ci attrae in un altrove del giudizio, nell’accoglienza dell’insolito.
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Radical Sympathy è il titolo di questa nuova edizione del festival. Short Theatre 2023 traffica con una parola familiare che ha una vita piena di storie, increspature filosofiche e usi...
mostra másShort Theatre 2023 traffica con una parola familiare che ha una vita piena di storie, increspature filosofiche e usi strumentali — simpatia. La convoca per decostruirne l’enfasi sentimentale e guardare all’attrazione erotica e magnetica tra i corpi, alle interdipendenze che (dis)accordano le materie, provocando azione e reazione, ancora azione e mobilitazione. Un sentir-si vicendevole per porosità, scambio di fluidi, temperamenti e temperature, dal molto piccolo all’atmosferico, seguendo inclinazioni gravitazionali che lasciano tracce di complicità tra mondi distonici o fatalmente altri.
La morfologia della città che emerge dal contatto con il festival è fatta di smarginamenti, prevede l’esperienza dello spostamento, della reciprocità tra presidi culturali e luoghi non deputati alla scena, suggerendo altri ritmi nell’andare: dal Teatro della città al parcheggio sotterraneo di un centro commerciale di una prima periferia residenziale; dalla monumentalità classicheggiante di un ex-acquario adiacente la stazione all’erbosa collina artificiale fatta di cocci nella zona portuale dell’antica Roma; dai quartieri alla foce del Tevere, con il suo sbocco sul mare, alla riapertura di uno storico teatro istituzionale, in una delle arterie principali del centro.
È il modo di coltivare un’idea di festival come concertazione larga, panoramica, stratificata, nella temporalità asimmetrica delle giornate di settembre, dove convergere nel tocco di un’euforia svagata. In programma creazioni per figure sole si alternano a lavori corali.
In entrambi i casi, il luogo del teatro – una scatola nera, un prato, la strada, una stanza per l’ascolto – è lo spazio dell’immaginazione in cui allenarsi a uscire dal soggetto, e a esperire con, senza pretesa di sentire come lɜ altrɜ. E – fuori dalle ingegnerie del dominio che filtra in ogni tessuto, secondo geometrie d’azione sempre più complesse e inespugnabili – la scena persiste nel mantenere aperta la possibilità di imbastire affinità proprio lì, dove prima non esisteva nulla.
L’intuizione praticata è quella di restar saldɜ, perseguendo minutamente una radicalità del sentire che, non prevista e mai scontata, corroda le asfissianti architetture dell’esistente. In questa edizione, lo spazio si pervade di pensieri e posture fuggitive, che rivendicano il diritto di essere-con-la rabbia – come ci trasmettono le ricerche estetiche e politiche delle culture nere. Poetiche dell’opacità che lavorano per decostruire i paradigmi imposti (dalla bianchezza), per salvaguardare l’irriducibilità del senso. Perché non tutto sia trasparente, immediatamente comprensibile, conquistabile, equivalente. Tattiche linguistiche che assumono lo sghembo, il rimosso, il grottesco, il doloroso come forma primaria di auto-evidenza, e come testimonianza di un’esistenza che rifiuta ogni forma di assimilazione, coltivando sensibilità, godimenti, cedevolezze, prossimità che ri-tracciano l’essere insieme, fuori da schemi assertivi sempre più vacillanti.
Come l’inchiostro simpatico che porta a emersione qualcosa di nascosto ma già-da-sempre lì presente, nel festival affiorano accordi latitanti ed erranze radicate nell’adesso. Simpatia — è qui un percepire calamitante, impersonale, simile alla gravità, che porta le cose esterne a entrare, a confondere le acque, e a uscire per partecipare a nuove ondate di incontri. Un travaso di stati in un incessante dentro-e-fuori. La simpatia è radicale, perché è oltre noi, perché ci attrae in un altrove del giudizio, nell’accoglienza dell’insolito.
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Autor | Short Theatre |
Organización | Short Theatre |
Categorías | Artes escénicas |
Página web | - |
comunicazione@shorttheatre.org |
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