Davos frammentata: la disfatta di una globalizzazione retriva
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https://ogzero.org/studium/siamo-gia-oltre-la-globalizzazione-tra-fake-e-smart/ Ancora falchi su Davos, ma con artigli spuntati dal loro stesso sistema che cercano ancora di salvare asserendo che poteva andare peggio (Lagarde), ma il titolo del 53° anno...
mostra másAncora falchi su Davos, ma con artigli spuntati dal loro stesso sistema che cercano ancora di salvare asserendo che poteva andare peggio (Lagarde), ma il titolo del 53° anno è una pietra tombale sulla stessa convention del World Economic Forum di Davos devastato dal tracollo della globalizzazione arrogante e al soldo del neoliberismo più feroce nel tentativo di rifargli una facciata tollerabile. Tra i realizzatori del Forum di Porto Alegre, da sempre dunque attento al Forum di Davos, @alfredosomoza è sicuramente tra i giornalisti più competenti per suonare il requiem al sistema che ha dato vita ai campioni della globalizzazione.
Ecco, il rimmel si è sciolto e sotto il maquillage rimane il peggio esibito senza nemmeno la partecipazione dei presunti potenti politici; ma anche i ricconi hanno disertato, facendo sapere di essere disponibili a essere tassati, anzi: chiedendolo a gran voce, pur di sperare di non venire spazzati via dall’esasperazione delle moltitudini vessate dal feroce neoliberismo della scuola di Chicago che da 40 anni ha steso la sua orrida cappa sul mondo; cominciano ad avere paura, comprendendo di aver tirato troppo la corda, creando una sofferenza sociale che travalica le divisioni ideologiche tra destra e sinistra.
Gli stessi liberisti ammettono di non aver mantenuto le promesse: il fallimento del modello ha trovato il suo palcoscenico per sancire il crollo del sistema. Il Forum nato come l’interpretazione del nuovo corso del capitalismo trionfante, sfila in sordina a mettere fine al paravento del greenwashing agli affari della pseudotransizione energetica, smarrita nella riapertura del peggior fossile con le cariche di Lützerath, però anche in quel contenitore onnicomprensivo ospitato nella cittadina elvetica si trovano balbettii sul delivery delle armi on demand, che dimostra come sia una delle voci principali per sostenere un sistema ormai pieno di falle, perché è scattata la priorità nazionale, l’opposto della globalizzazione che ha appaltato la sovranità energetica a un solo fornitore non affidabile, o che ha pontificato su fittizie facilitazioni dell’esistenza e invece ci volevano solo vendere un telefonino; che hanno spacciato la banalizzazione del dibattito con l’accesso democratico dei social.
Un contenitore svuotato dal modello economico stesso, dove ancora i giornalisti conniventi inventano narrazioni false che si affidano a un’economia di guerra con Sanna Marin che è pronta a sostenere Kiyv anche per 15 anni, quella guerra che inabisserà definitivamente il massimo sponsor del Forum (l’Europa innamorata della globalizzazione capitalistica) esaltando le due grandi potenze: Usa e Cina. Un bipolarismo che trarrà vantaggio dalla dissoluzione del mondo di Davos e che informerà di sé i nuovi equilibri, dove Russia ed Europa saranno semplici vassalli. Perciò si sta riesumando il pensiero di Marx (Die Zeit), che fa il paio con il ritorno al controllo dello stato che subentri all’ideologia del mercato iperliberista e tutta la paccottiglia degli ultimi 30 anni che però non ha alternative, perché non esce dall’ideologia iniziata con l’esperimento di Pinochet. La democrazia comincia a essere impotente a proporre cambiamenti che creino anche consenso. Probabilmente siamo arrivati a un punto di svolta epocale.
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