Filo rosso al Books and Museum, di Pasquale Giustiniani
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Domenica 14 aprile 2024 (Filo rosso di Books and Museum, di Pasquale Giustiniani) Tre volumi de La valle del tempo di Napoli, due inseriti nelle collane dirette da Pasquale Giustiniani,...
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Tre volumi de La valle del tempo di Napoli, due inseriti nelle collane dirette da Pasquale Giustiniani, che rileggono, in ottica attualizzante, gli anni Settanta del secolo XX, sull’onda della domanda: “dove sono i cristiani nella vita politica?”. Tramontato il partito unico democristiano e la polverizzazione dei credenti nelle varie formazioni di sinistra, centro e destra, non si rischia che restino inascoltate le prospettive e le richieste provenienti dal cristianesimo, particolarmente quello nella sua forma cattolica? Le vicende di "Come la luce dell'alba", di Pio Russo Kraus, si svolgono a Napoli dall'ottobre 1973 al maggio 1974, periodo segnato dal post colera, dall'austerity e dalla campagna per il referendum sul divorzio, nel corso della quale – come precisa il libro di Improta – i cristiani per il socialismo assunsero chiare posizioni di dissenso. Una Napoli, continua Russo Kraus, segnata dalla speculazione edilizia e dall'abusivismo che distruggono il verde ancora esistente ed espellono le fasce più povere della popolazione. In questa cornice si svolge la storia di un prete di buona famiglia, catapultato in una realtà ben diversa da quella dove aveva vissuto, e di un gruppo di giovani che prendono le parti degli ultimi e si oppongono alla distruzione del territorio e alla camorra. I diversi personaggi si troveranno ad affrontare dubbi, dilemmi, a interrogarsi sulle loro vite e sulla società, a fare scelte difficili. E anche a vivere i primi innamoramenti. Un felicemente prete uxorato, Armando Poggi, riprende le domande poste recentemente al clero di Napoli e del suo hinterland diocesano, in occasione del cammino sinodale universale e del XXXI Sinodo della chiesa di Napoli. Esse hanno il titolo 'Quali preti per la Chiesa di Napoli'. Domande che sanno di nuovo, ma anche di antico. Proprio questo si legge nel volume di Armando Poggi. Nel corso di una lunga intervista concessami, egli presenta i contenuti della “Traccia di discussione sui problemi del Clero”, proposta e inviata dalla C.E.I. a tutto il clero Italiano nel 1970. A quella “Traccia...” antica - che in atmosfera sinodale ha davvero il sapore del nuovo -, il clero di Napoli, coinvolto nel suo insieme a ridosso del vento conciliare, diede delle risposte molto precise, mature, in sintonia con lo spirito del Vaticano secondo appena concluso, affrontando, tra l’altro, le rilevanti questioni dell’impegno sociale e lavorativo del presbitero, del celibato, della condivisione piena con la gente di un territorio… Questioni che risultano non solo attuali, ma addirittura avveniristiche, come adesso Poggi ci illustra, ricavandole da alcuni fogli a stampa, sbucati fuori dal suo Archivio privato (che varrebbe la pena ri-pubblicare). Erano risposte contenute in una “Relazione sui problemi del Clero”, redatta da un noto ecclesiologo partenopeo, mons. Ciriaco Scanzillo, professore nella sezione san Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà di teologia dell’Italia meridionale, già Rettore del Seminario di Napoli, poi Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi: persona onesta e indipendente che, a quel tempo, dopo aver letto analiticamente i resoconti territoriali pervenuti alla Segreteria del clero, si limitò a dare forma sintetica a un ampio e articolato dibattito, a cui avevano partecipato tutti i preti della diocesi, negli incontri svolti nelle numerose Foranie. Il contenuto avvincente di questa “Relazione sintetica” costò caro all’allora don Poggi – che oggi si auto-definisce “prete altro” -; egli, pur facendo parte della Segreteria diocesana della consultazione, fu emarginato dal cardinale dell’epoca, Corrado Ursi, il quale non volle accogliere e trasmettere la relazione di mons. Scanzillo a Roma, ovvero, in Vaticano, alla Congregazione per il Clero e, in CEI, alla Segreteria: «Credo che, all’epoca, il Card. Ursi sia rimasto stizzosamente contrariato dal pensiero del suo Clero e questo spiegherebbe lo scontro avvenuto tra me e lui» (Pianticelle divelte, p. 47). Gli intenti di Giuseppe Improta, autore del terzo libro, sono precisati fin dalle prime battute: «Il ricordo di questo movimento [Cristiani per il socialismo] e quello del filosofo ed uomo politico Jervolino merita di essere trasmesso alle nuove generazioni, specialmente a quelle dei credenti cristiani, per non disperdere la memoria degli sforzi fatti in passato da chi si è impegnato, con tutte le proprie forze, per consentire, nelle comunità cristiane, una serena libertà di scelte politiche ed un impegno/militanza nei partiti di sinistra o nei sindacati, senza ingerenze e condizionamenti da parte della gerarchia ecclesiastica». Alla luce di ciò, il lettore ultramoderno può incrociare, come accadde anche a me nei primi anni Settanta del Novecento - anni di studio universitario nell’allora Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Federico II di Napoli -, la figura di Mimmo Jervolino (così lo chiamavamo anche noi studenti): un filosofo del linguaggio, esperto di ermeneutica che, sul piano della militanza sociale ed ecclesiale, propose a tutti noi una modalità peculiare di essere credenti cristiani laici in un contesto laicale immediatamente post-conciliare che si muoveva tra spinte di revanche tradizionalista e autonomismi a oltranza del laicato, sia a livello individuale che organizzato. Improta, che in Appendice pubblica interessanti documenti, ne segue le vicende di militanza associativa e politica in diversi gruppi della nuova sinistra (dall’aprile 1978 Jervolino fu dirigente nazionale di Democrazia Proletaria, successivamente di Rifondazione comunista), in particolare nel Movimento dei Cristiani per il socialismo che, come ci viene raccontato, il 5-6 maggio 1981 farà registrare l’ultimo atto: un seminario organizzato a Milano in chiave anche autocritica, cui partecipò l’instancabile Jervolino.
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