Giuseppe Patota "Premio Cesare Pavese"

26 de oct. de 2019 · 19m 29s
Giuseppe Patota "Premio Cesare Pavese"
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Giuseppe Patota "Premio Cesare Pavese" Giuseppe Patota è accademico della Crusca e membro del suo Consiglio Direttivo, socio dell’Accademia dell’Arcadia, socio dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana) e...

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Giuseppe Patota
"Premio Cesare Pavese"



Giuseppe Patota è accademico della Crusca e membro del suo Consiglio Direttivo, socio dell’Accademia dell’Arcadia, socio dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana) e della SILBA (Société Internationale Leon Battista Alberti) e giurato del Premio Strega. È membro del comitato scientifico del Bollettino di Italianistica e degli Studi Linguistici Italiani. È stato direttore scientifico del Dizionario Italiano Garzanti dal 2004 al 2015 ed è condirettore del Nuovo Vocabolario Treccani 2018. Dal 2015 dirige le collane Grammatiche e lessici pubblicati dall’Accademia della Crusca e Le varietà dell’italiano. Scienze arti professioni. Nel 2017 è stato insignito dall’Accademia dei Lincei del Premio per la Filologia e Linguistica. È consulente linguistico di Rai Scuola per la didattica dell’italiano.

Nella sua carriera ha scritto circa centocinquanta pubblicazioni, alcune delle quali tradotte e pubblicate in Francia e in Giappone. Tra le sue opere sono i Nuovi lineamenti di grammatica storica dell’italiano (Il Mulino, 2007), La grande bellezza dell’italiano. Dante, Petrarca, Boccaccio (Laterza, 2015), La quarta corona. Pietro Bembo e la codificazione dell’italiano scritto (Il Mulino, 2016), Prontuario di grammatica. L’italiano dalla A alla Z (Laterza, 2017) e La grande bellezza dell’italiano. Il Rinascimento (Laterza, 2019). Inoltre, è autore con Valeria Della Valle di testi divulgativi sulla lingua italiana, editi da Sperling & Kupfer, fra i quali Viva il congiuntivo! (2009), L’italiano in gioco (2009), Ciliegie o ciliegie? E altri 2406 dubbi della lingua italiana (2013), Piuttosto che. Le cose da non dire, gli errori da non fare (2014) e La nostra lingua italiana, fresco di stampa (ottobre 2019).



Motivazione del premio a “La grande bellezza dell’italiano. Il Rinascimento”
Questo libro si concentra su tre “Sale”, perché non utilizza la denominazione di ‘parti’ o ‘capitoli’: vuol essere simile, piuttosto, a un museo d’arte, in cui si entra, non per visitare quadri, arredi o sculture, ma per guardare e leggere testi. I testi appartengono a tre autori d’eccezione, che rappresentano in maniera perfetta il Rinascimento italiano: Pietro Bembo, Ludovico Ariosto, Niccolò Machiavelli. Tre soli autori, dunque, scelti per rappresentare la “bellezza” intesa come perfezione stilistica e formale, oltre che come compiuta sapienza costruttiva. All’interno delle tre “Sale”, Giuseppe Patota assume la funzione di guida, di Cicerone pronto ad accompagnare il pubblico, indicando via via trame, vicende biografiche, ma soprattutto costruzioni sintattiche e scelte lessicali. L’autore ha attirato l’attenzione della Giuria per la sua capacità di coniugare altissimi livelli di specializzazione, come richiesto dall’analisi formale dei testi, con una straordinaria capacità comunicativa, realizzando un esempio di divulgazione di alta classe, in cui non si cede mai alla semplificazione. Il modello culturale e linguistico del Rinascimento italiano esce dunque intatto nei suoi valori classici e fondativi, ma viene offerto a un pubblico più largo, di cui Patota riesce a catturare abilmente l’attenzione, vincendo ogni oggettiva difficoltà. Questo libro insegna dunque molti segreti relativi alla sublime bellezza dell’italiano, nel suo secolo di maggior splendore.



Giuseppe Patota
"La grande bellezza dell'italiano"
Il Rinascimento
Laterza Editori
www.laterza.it

Bellezza e utilità. Cosa si può chiedere di più a una lingua?

Le opere d’arte, che siano fatte di linee e di colori o che siano fatte d’inchiostro e di parole, devono produrre bellezza. Di qui il titolo La grande bellezza dell’italiano, di qui l’organizzazione del libro in sale, come accade nelle mostre e nei musei. In ciascuna è esposto il magnifico italiano di Pietro Bembo, Ludovico Ariosto e Niccolò Machiavelli. Ascoltando il suono delle loro parole, che echeggia da una parete all’altra, rincorrendo il ritmo dei loro versi, che scivola sul marmo dei pavimenti, ammirando la forma delle loro frasi, che adorna volte, colonne e soffitti, compiamo un atto d’amore per la nostra lingua. E lanciamo al tempo stesso un atto di accusa nei confronti di chi la sta progressivamente trasformando in una lingua violenta, rozza, insultante. In una parola: brutta

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