Sergio Ariotti "Festival delle Colline Torinesi"
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Sergio Ariotti "Festival delle Colline Torinesi" Il 14 ottobre al via il Festival delle Colline Torinesi Martedì 10 anteprima del Festival e della stagione TPE conBirds o l’impeccabile armonia del...
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Il 14 ottobre al via il Festival delle Colline Torinesi
Martedì 10 anteprima del Festival e della stagione TPE conBirds o l’impeccabile armonia del caso del Mulino di Amleto
5 prime, 6 produzioni, 16 spettacoli, 26 giorni, 41 recite
Il Festival ventottoIl Festival delle Colline Torinesi - Torino Creazione Contemporanea torna dal 14 ottobre al 5 novembre 2023, con un’anteprima il 10 ottobre. La storica rassegna teatrale, sempre organizzata dalla TPE - Teatro Astra, propone un’edizione di ampio respiro che può contare su 5 prime, 6 produzioni, 16 spettacoli, 26 giorni di programmazione e 41 recite. Continua il percorso del festival di teatro contemporaneo d’autunnoIl Festival delle Colline Torinesi prosegue, per il terzo anno, il suo nuovo cammino di festival d’autunno ribadendo il rapporto con la creazione contemporanea anche grazie alla partnership progettuale con la Fondazione Merz, nei cui spazi, specie durante la settimana di ContemporaryArt, avranno luogo appuntamenti di teatro più sperimentale.
L’anteprima
Il 10 ottobre andrà in scena Birds o l’impeccabile armonia del caso del Mulino di Amleto, anteprima del Festival e della stagione TPE nell’ambito del Libano paese ospite. Potente e lacerante, il capolavoro di Wajdi Mouawad, tradotto in italiano per la prima assoluta diretta da Marco Lorenzi, racconta la storia d’amore tra Eitan, giovane di origine israeliana, e Wahida, ragazza di origine araba, in una realtà storica fatta di conflitti, dolore, odi, attentati. La produzione è sostenuta nell’ambito del bando “ART~WAVES. Per la creatività, dall’idea alla scena” della Fondazione Compagnia di San Paolo.
Il tema
Confini-sconfinamenti è il tema dell’ultimo anno di un triennio. Fa riferimento al confine geografico, che viene superato in caso di migrazione, di fuga dal proprio paese. Esuli, profughi, migranti, rifugiati, espatriati, sono termini, quasi equivalenti, che vengono spesso adoperati per identificare persone che hanno lasciato il loro paese d’origine, varcato uno o più confini, a seguito di guerre, calamità, persecuzioni. L’espatrio, come necessità individuale o collettiva, è antico come il mondo, ma nel ventesimo e ventunesimo secolo ha assunto caratteristiche ben precise, correlate, ad esempio, all’avvento di dittature o a sommovimenti politici. Ondate migratorie sono nate dopo la rivoluzione russa del 1917, con il fascismo, il nazismo (dalla presa di potere di Hitler fino al 1946), il franchismo. Per altre ragioni ci sono stati esodi dall’Europa verso l’America, dettati prevalentemente dalla povertà e mancanza di lavoro, e oggi, per motivi più complessi, tra le Americhe, dal Nord Africa verso l’Europa, con protagonista lo sventurato popolo dei barconi. Da non dimenticare la fuga dall’Ucraina pari ormai a quelle della Seconda Guerra Mondiale. Sconfinamenti sono anche quelli tra i linguaggi artistici.
Il Paese ospite
Il Libano è il paese ospite del Festival ’23 e Lina Majdalanie e Rabih Mroué sono i protagonisti della monografia d’artista ‘23.Lo spettacolo inaugurale Hartāqat, di Lina e Rabih, una sorta di manifesto dell’edizione 2023, propone tre racconti di sconfinamenti. Dalla Palestina verso il Libano di Izdihar, dal Libano verso altri paesi, dalla propria obbligata identità di genere ad altra. Viene evocata anche Hannah Arendt, intellettuale ebrea, allieva di Heidegger, fuggita dalla Germania nazista alla volta di Parigi e degli USA, testimone come giornalista del processo Eichmann, autrice di un fondamentale saggio, ristampato, recentemente da Einaudi, Noi rifugiati. Lina Majdalanie lo ricorda nello spettacolo presentato in prima nazionale. “Sembra che nessuno voglia sapere che la storia contemporanea ha creato una nuova specie di esseri umani: quelli che vengono messi nei campi di concentramento dai loro nemici e e nei campi di internamento dai loro amici”. (Hanna Arendt, Noi rifugiati, Einaudi, 2022).A completare la vetrina del “paese ospite” ci saranno ancora Lina Majdalanie e Rabih Mroué con una videoinstallazione dedicata alla fotografia alla Fondazione Merz, Second Look, sempre in prima nazionale.
La fuga
La fuga verso l’Europa c’è in Blind Runner. Percorrere di corsa il tunnel della Manica per raggiungere l’Inghilterra. È il proposito di due fuggiaschi dall’Iran, marito e moglie. Lei finisce in prigione, ma i due non smettono di allenarsi. Regista: Amir Reza Koohestani, iraniano. In La Isla di Agrupaciòn Senor Serrano e in Frankenstein (A Love Story) di Motus si narra invece una fuga immateriale dalla condizione umana. Uno sconfinamento verso il mondo dell’intelligenza artificiale, dove superare le divisioni o uno sconfinamento, magari mostruoso, quello creato dalle pagine di Mary Shelley, con il ricomporsi di parti di esseri umani. La madre dell’autrice era morta drammaticamente. Mary vuole vendicarsi sulla morte. Infine una fuga nel linguaggio dei segni c’è in Urla silenziose di Tedacà, uno spettacolo sulla falsariga della vita di un’attrice sorda, Emmanuelle Laborit, Premio Molière.
Passage, conversazione con alcuni posteri, uno spettacolo itinerante da pagine di Walter Benjamin, interpretato da Paolo Musio in Galleria Subalpina, celebra la complessità intellettuale di un famoso esule del novecento. In fuga dall’incubo nazista, Walter Benjamin giunge a Parigi il 18 marzo 1933. Non tornerà più in Germania. Concluderà suicida la sua vita di esiliato a Port Bou in Spagna, nel 1940. Passage evoca i passages e la Biblioteca Nazionale di Parigi, il buon rifugio di Benjamin.Tra i tanti termini che integrano quello di migrante c’è anche perseguitato. Non siete stati ancora sconfitti è un libro di Alaa Abd el-Fattah, scrittore e blogger, vittima di una spietata persecuzione giudiziaria. In Egitto. Uno sciopero della fame gli ha fatto rischiare la vita. Fa una lettura scenica, di questo libro, Massimiliano Speziani, lo zio Vanja nel prossimo spettacolo di Leonardo Lidi. La lettura scenica ha debuttato a Palermo negli spazi dello ZACentrale.
Una riga nera al piano di sopra, in ricordo dei fuggiaschi dal Polesine, è infine un testo scritto e interpretato da Matilde Vigna. I confini fra le artiConfini-sconfinamenti fa riferimento anche, come detto, al confine tra le arti, teatro e arte e questi sconfinamenti saranno ospitati alla Fondazione Merz con cui continua una felice esperienza di co-progettazione. Ashes di Muta Imago, ad esempio, allestito negli spazi espositivi della Fondazione, è l’esplorazione dei suoni come frammenti di memoria. Il segno d’artista del festival, quest’anno, è di Mario Merz: il particolare di un igloo con la scritta My Home’s Wind. Un riferimento consono all’idea di fuga, a una casa provvisoria, all’essere una particella dell’universo. L’omaggio a Romeo CastellucciChe cosa si lasciano dietro i migranti? Spesso guerre e totalitarismi. Il nazismo nel caso di Arendt e Benjamin. In Il Terzo Reich di Romeo Castellucci, vengono proposte le parole del potere con probabile allusione proprio al nazismo. I suoni sono di Scott Gibbons. Un progetto speciale del Festival in collaborazione con il Teatro Stabile di Torino, e la Fondazione Merz.
Il valore della memoria
Al dovere di ricordare fanno riferimento alcuni spettacoli del Festival ’23, che hanno nelle nonne grandi protagoniste. Oltre a Izdihar, una nonna che dalla Palestina fugge in Libano in Hartāqat, c’è la nonna di Sergi Casero Nieto in El pacto del olvido che invita a ricordare gli anni del franchismo, della guerra civile spagnola, e c’è una nonna di decisiva importanza drammaturgica in Birds.La memoria irrompe a teatro anche nello spettacolo Con la carabina di Licia Lanera, da un dramma di Pauline Peyrade che ha recentemente vinto il Premio Ubu quale miglior testo straniero.
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