Ho sempre passato il tempo pensando a quello che mi mancava. Ma che dico…passo il tempo pensando a quello che mi manca. Quello che mi manca come persona, quello di cui penso di aver bisogno. Questo graphic novel l’ho comprato al Salone del libro e l’ho lasciato nella mia libreria a parlarsi con gli altri, fino al momento in cui ho capito che VOLEVO leggerlo. Riguardando i miei ultimi quattro anni vedo un’onda che si alza e si abbassa, vedo una me che reagisce e una me che si chiude a riccio lasciando tutti fuori. Vedo una me che si riprende i suoi spazi (ci prova) e poi li riperde nel caos della quotidianità, perché le priorità erano altre. Giacomo Keison Bevilacqua ha messo nero su bianco la sua esperienza, e non esiste niente di più prezioso al mondo: del resto quando dobbiamo fare un viaggio chiediamo consigli a chi c’è già stato, e perché non dovremmo fare lo stesso con altre tematiche che ci riguardano non tanto da vicino, quanto da dentro? Riguardando questi ultimi quattro anni, ho smesso per lunghi periodi di credere alla felicità, ho aspettato che ogni giorno si presentasse il pensiero intrusivo quotidiano finendo per crearlo, ho smesso di pensare che sarebbe arrivato un momento in cui sarei stata bene, ho finito per non uscire più, non confrontarmi più, ho iniziato ad avere delle ossessioni e degli atteggiamenti compulsivi che manovravano ogni mio gesto. Ci sono stati momenti in cui ascoltavo il mio corpo come se mi stesse tradendo. La prima volta che un amico mi ha tranquillizzato sulla respirazione era il 2020: gli dicevo che non riuscivo a respirare bene, che il fiato si bloccava, che avevo il fiatane e non riuscivo a soddisfare il mio bisogno di inspirazione. Mi ha risposto che il diaframma è un muscolo, e come tutti i muscoli con l’ansia si irrigidiscono e mi consigliò degli esercizi per sbloccarlo (grazie Alessandro). Però una volta capito questo sono iniziate altre sensazioni: le extrasistole, i giramenti di testa e altre cose poco piacevoli alle quali davo un peso enorme. Il mio medico mi ha chiesto se soffrissi di ansia e attacchi di panico. Ritrovo tanto di me in questo graphic novel, che non mi avrà risolto la vita, ma che si costituisce come un tassello che posso riprendere sotto mano ogni volta che vorrò e avrò bisogno (alcuni esercizi ho già iniziato a metterli in pratica). Negli ultimi quattro anni ho dato così tanta importanza a ciò che non ho e che ho perso, che l’unica cosa che realmente ho perso ero io, la mia curiosità, la mia luce, le mie risate sgangherate (un po’ le ha portate via la nonna quando se n’è andata), e pure ho perso di vista tutte le cose belle che mi sono successe e che ho creato, quindi adesso ne elencherò alcune in ordine sparso solo per la gioia di scriverle: sono tornata dallo psicologo, sono stata vicino ad una persona che mi ha cresciuto e che ho potuto festeggiare letteralmente fino al suo ultimo giorno, ho comprato casa, ho ripreso a frequentare i miei amici, ho accettato la fine di una relazione che non poteva funzionare, ho creato questo podcast con l’aiuto di persone meravigliose, ho avuto un nuovo ruolo a lavoro, l’altro giorno ho fatto una risata fortissima, ho deciso di andare al parco nel mio giorno libero, mi sono trasferita, ho ritrovato persone che non sentivo da anni, ho conosciuto persone che mi hanno arricchito. La strada è ancora lunghissima, ad esempio non diventare l’etichetta che mi viene affibbiata dalle altre persone, non caricarmi di ciò che gli altri pensano che io sia, volermi bene (che retorica, ma che verità), perché ha ragione il mio psicologo: quando non rimane nessuno, rimango io. La strada è ancora lunghissima e io ho una paura cane dei momenti che saranno di nuovo oscuri, ma pensare che potrò avere la consapevolezza di rendere questo buio meno buio, arredarlo e poi uscirne, mi tranquillizza. Speriamo bene, con fiducia.
My mind is open wide And now I’m ready to start.
mostra menos